Intervista a Matteo Faustini. Tornare bambini con la coscienza di un adulto

Il protagonista dell’intervista di oggi è Matteo Faustini, cantautore bresciano classe ’94, voce nota nel panorama musicale contemporaneo per la partecipazione al 70° Festival di Sanremo nella categoria “Nuove Proposte” con il brano Nel bene e nel male, vincitore del “Premio Lunezia per Sanremo” per il valore musicale e letterario.
Artista poliedrico e ragazzo determinato, ha trovato in Sanremo il megafono per riuscire a far sentire la propria voce, dopo anni di gavetta e di sacrifici. Adulto che non dimentica il bambino che è stato, Matteo ha da poco pubblicato il nuovo singolo Vorrei (La rabbia soffice), estratto dall’album Figli delle favole che racconta una realtà che ha cullato con i propri insegnamenti ognuno di noi sin da piccolo ma che forse crescendo abbiamo dimenticato, lasciandoci schiacciare dai pregiudizi e dall’odio.
Abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere al telefono con l’artista, che ci ha raccontato qualcosa di sé, esplorando insieme il nuovo album e le tematiche affrontate. Ecco la nostra intervista…
Ciao, Matteo! Iniziamo subito da Figli delle favole. Descrivici l’idea alla base dell’album.
Volentieri! Io mi reputo un figlio delle favole e penso che dentro ognuno di noi ci sia un bambino che è ancora legato a quel mondo. Non mi sono mai sentito illuso dalle favole, anzi ho imparato tanto leggendole e con il nuovo disco ho cercato appunto di trasmettere con le note e le parole i principi e gli insegnamenti che ho appreso. Non bisogna rinnegare il bambino che c’è in noi, il segreto è tornare piccoli ma con la coscienza di un adulto. Attraverso i brani inseriti nell’album ho quindi voluto comunicare i valori e i contenuti nei quali credo, cercando di far fruttare i miei talenti e metterli così a disposizione degli altri.
In Vorrei (La rabbia soffice) dici “Vorrei imparare a stare un po’ da solo”. Credi che questo isolamento sia stato utile in tal senso?
Sì e no, dipende molto dal grado di coscienza di ogni essere umano. Le responsabilità e gli impegni del quotidiano non ci permettono di staccare la presa e pensare un po’ soltanto a noi stessi, invece in questi mesi ci siamo ritrovati obbligati a stare da soli. È stata una grande occasione. C’è chi è riuscito a mettersi le cuffiette e a sentire i propri silenzi e chi invece non ha approfittato della situazione per ascoltarsi, perdendo una preziosa possibilità. L’essere umano non è fatto per avere buona memoria, quindi purtroppo temo che per molti questo isolamento sia stato vano e non abbia portato i risultati sperati.
Nell’album parli anche di razzismo, di odio e di discriminazioni (penso al brano Il gobbo). Alla luce delle recenti vicende forse questa quarantena non ci ha resi migliori…
Sono assolutamente d’accordo! In questi momenti ti cadono veramente le braccia a terra e non capisci come sia stato possibile lasciarsi scappare un’occasione per imparare anche solo a tacere. Un’opportunità non colta, mi dispiace soprattutto quando vedo fare queste cose da persone più grandi di me, che dovrebbero dare il giusto esempio a chi sta ancora crescendo e trasmettere i comportamenti corretti. Allo stesso tempo però sono sicuro che un sacco di persone hanno tratto insegnamento da questa situazione di difficoltà e hanno colto l’opportunità per tacere e non esprimere il proprio giudizio.
Nel bene e nel male ci riporta a Sanremo. Parlaci dell’esperienza al Festival.
Quando penso all’esperienza al Festival sono ancora incredulo e non riesco a realizzare che sia davvero successo. È stato un megafono messo sul cuore. Sanremo mi ha dato l’opportunità di poter essere ascoltato, non sentirmi solo e vedere che la gente si ritrova in quello che canto, capire che tutto ha finalmente un senso e che i sacrifici non sono stati vani. Sono grato e contento di aver colto questa possibilità e di essermela sudata con tanti anni di gavetta e anche di sofferenza.
“Il miglior modo di parlare è con un gesto”, cito Come lo Stregatto. L’uomo non dà più il giusto peso alle parole e ha dimenticato l’importanza dei fatti?
Assolutamente sì, bravissima! La gente è diventata molto brava a parlare, ma ha messo da parte l’aspetto più importante, ovvero la concretezza. Il gesto più bello non sono le parole ma i fatti. Ci sono persone che millantano di meno ma danno esempi, perché è facilissimo parlare ma nella vita devi riuscire a essere quello che dici, questo conta davvero. Capisco sia difficile, ma almeno evita di promettere cose che non puoi mantenere e dire parole che non puoi trasformare in fatti concreti.
In Sì, lei è parli della difficoltà di fare il cantante e dei giudizi degli altri. Raccontaci la tua esperienza.
In questi anni ho dovuto affrontare diversi ostacoli. In primis il solito cliché del “ma un lavoro vero quando?”, senza capire che la musica non è solo una passione, è una necessità. Poi capita spesso di incontrare qualcuno dopo tanti anni e sentirti dire “ah, ma canti ancora?”, come se fosse qualcosa di passeggero e legato a un capriccio giovanile che col tempo svanisce. Ogni lavoro è difficile e ha i suoi pro e contro, ma quando decidi di fare il cantante sai già che nulla sarà certo e che incontrerai diversi ostacoli lungo la strada. Devi percorrere dei gradini infiniti, lungo i quali vedi di tutto, dalle truffe ai doppi fini. Spesso ti senti solo, ma non ha senso intraprendere un altro percorso che non ti soddisfa perché sai che è quella la tua strada. Continui a percorrerla quindi e poi vedi che qualcosa comincia ad andare bene e hai l’opportunità di essere finalmente ascoltato.
Cantante e insegnante. È difficile riuscire a conciliare i due volti di te?
È stato difficile e da gennaio ho dedicato tutto me stesso solo alla musica, che è da sempre stata il mio piano A. L’esperienza dell’insegnamento mi ha davvero dato la possibilità di entrare in un mondo bellissimo che mi ha insegnato tanto e mi ha dato tanto, sebbene sapessi sin da subito che la mia strada era un’altra. Se non avessi insegnato però so che molte cose non le avrei scritte e non avrei neanche conosciuto molti aspetti di me; nulla accade per caso.