Riforma Imu, ecco chi pagherà e chi no
Sospensione con effetto immediato della prima rata dell’Imu e riforma entro agosto per arrivare alla ‘service tax’, la tassa che dovrebbe accorpare Imu e Tares, collegando i servizi degli enti locali agli immobili e ridefinendo la complessa materia dei rapporti tra lo Stato e i Comuni in ambito fiscale. Sono questi i punti cruciali del decreto licenziato ieri in Consiglio dei ministri. In sostanza, con tale manovra il governo si è preso tre mesi di tempo per riformare la tassazione degli immobili. Si tratterà di una revisione complessa, che spazierà dall’Imu alla Tares, passando per la cedolare secca e le imposte di registro, fino a compravendite e successioni. L’obiettivo è quello di racimolare le risorse necessarie ad abolire l’Imu sulla prima casa.
La prima parte del decreto riguarda l’acconto Imu sulla cosiddetta “prima casa”, che avremmo dovuto versare il 17 giugno e il cui valore complessivo è di circa due miliardi di euro. La nuova scadenza per il pagamento è stata fissata al 16 settembre. Il mancato gettito dei Comuni sarà compensato attraverso anticipi da parte del Tesoro, che verserà agli enti locali l’equivalente di quanto non riceveranno a giugno.
Incluse nel provvedimento anche le case popolari, i terreni e i fabbricati agricoli. Escluse, invece, le abitazioni di tipo signorile, ville, castelli e palazzi di pregio storico o artistico.
Inoltre, non sono stati toccati dal decreto gli immobili strumentali delle imprese, sebbene l’esecutivo abbia assicurato che la riforma in arrivo introdurrà la deducibilità dell’Imu sui fabbricati produttivi, ammettendo che la pesante tassazione dei capannoni resta un’anomalia da sanare, poiché «se paghi già le tasse su quello che produci, non è giusto pagare pienamente le tasse sull’immobile con cui produci».
Una novità importante, che recepisce gli appelli lanciati a più riprese da Confindustria e Confcommercio circa la necessità di ricomprendere, nelle rivisitazione dell’Imu, anche gli immobili strumentali, e che rappresenta il secondo passaggio della riforma evocata dal decreto.
Occorre precisare che, nel caso in cui il governo non dovesse riuscire nell’intento di realizzare una efficiente riforma del prelievo sugli immobili, gli italiani saranno costretti a tornare a pagare l’Imu sulla prima casa.
di Giuseppe Ferrara
19 maggio 2013