Facebook: 20 tuoi post di cui non frega nulla a nessuno (parte 2)

Continua il nostro goliardico viaggio in quelle categorie di post che ci fanno esclamare, di cuore “ma sti gran c…. non ce li metti?” (potete trovare la prima parte qui: Facebook: 20 tuoi post di cui non frega nulla a nessuno (parte 2)). Se nella ‘puntata’ precedente non siete riusciti a riconoscere nessuno dei ciber-fenotipi (non credo…) nei vostri contatti, sicuramente troverete ‘i vostri polli’ nelle tipologie che seguono. Anzi, come vendetta, potreste postare il link a questo articolo sulla bacheca di quel vostro contatto che l’“I don’t care” proprio ve lo estorce con le cattive maniere; i più sagaci capiranno e, forse, smetteranno.
Buona lettura!
11. Il calendar-man
I “calendar-man(woman)” sono quella categoria di uomini e donne la cui successione dei post sulle bacheche è scontata come le flatulenze dopo la letale combinazione ‘zuppa di legumi – birra al ghiaccio’. Il loro ‘anno social’ è scandito da una serie di affermazioni che seguono l’andamento del ciclo solare e delle stagioni e recita pressappoco così: “un anno cominciato peggio di com’è finito quello vecchio” – “brrrr freddo” – “che palle, piove!” – “un milione al presentatore di Sanremo ed io pago il canone” – “nessuno li conosce questi de L’isola dei Famosi” – “orribile la canzone che ha vinto Sanremo” – ”maledette allergie” – “ma quale 25 aprile? Ma quale liberazione?” – “Festa dei lavoratori ed il lavoro non c’è” – “che palle, fa caldo!” – “tutti in ferie ed io al lavoro” – “saluti da Lloret de Mar, alla faccia vostra” – “palestra time” – “ “non festeggio Halloween perché non fa parte della nostra cultura” –“che palle, nevica!” – “ ecco le foto del mio albero” – “ tutti buoni a Natale e poi tornate a fregarvi l’un l’altro” – “meno male che è finito questo anno schifoso”…
A loro va il nostro “sticazzi” lungo un anno.
12. L’hobby di nicchia
Fai la loro conoscenza, spesso in ambito lavorativo, e data la loro simpatia, disponibilità, gentilezza, l’amicizia su Facebook è un passo obbligato. Peccato però che da quel momento, come Paolo di Tarso folgorato sulla via di Damasco, scoprano una passione prima sopita che d’improvviso occupa l’intera loro esistenza. Pittura, découpage, intaglio thailandese. Non se ne accorgono ma diventano via via molesti nel mostrare al mondo intero le loro creazioni, dalla riuscita spesso discutibile, ed a parlare entusiasti di questo nuovo, fantastico hobby; il fanatismo 2.0 di queste persone, l’ultimo stadio della molestia “social”, si manifesta quando cominciano a vendere le loro “opere” sulla pagina personale,facendo di un passatempo un mestiere e tempestando le bacheche di annunci, “work in progress” ed “offerte eccezionali”. Il “galateo di Facebook “ vorrebbe che si creasse una propria pagina personale ed una dedicata al proprio lavoro o “para-lavoro”, ma a loro sostanzialmente non frega nulla di etichette: devi guardare ed ammirare la loro zucca intagliata e mostrarti meravigliato. Stop.
13. Terremoti
Quelli che si affrettano a scrivere “ragaaazzi baaalla tuutto” su Facebook, mentre la sedia che hai sotto al sedere cigola ancora e prova a scalzarti, finiranno tutti all’inferno e, per dantesco contrappasso, la loro schiena sarà utilizzata come carta al posto della carta sotto sismografi con la punta acuminata intinta nel veleno e che scrive col sangue (il loro). Discorso a parte meritano quelli che si precipitano a rassicurare tutti dopo un terremoto di magnitudo 0,50 (paragonabile al portone della signora Celestina del quarto piano che sbatte). Insieme alla terra, vacilla anche la nostra convinzione di continuare a tenervi tra i nostri contatti.
14. Figli
D’accordo, “i figli so’ piezz ‘e core” e “ogni scharrafon è bell a mamma soje”. D’accordo che, quando incontriamo una persona, siamo soliti parlar del più e del meno, chiedere del loro lavoro, del loro coniuge e dei loro figli. E’ più un fatto di cortesia e di empatia, anziché una nostra reale manifestazione di interesse per le vicende dell’interlocutore. Qualcuno però, con gli occhi di genitore particolarmente fiero dei propri figli (e sono pochi quelli a non esserlo), scambia Facebook per una vetrina su cui far passare,l assolutamente non richiesto da nessuno, l’intero storytelling delle esistenze della propria prole, dal momento del concepimento fino all’installazione della dentiera. Certi di fare una cosa utile, facciamo presente a questi incauti comunicatori, che dei loro figli e, specificatamente:
- Di quando fanno il primo dentino
- Di quante volte al giorno fanno la cacca
- Della loro presunta intelligenza fuori dal comune
- Della prima parola che hanno detto
- Della prima pagella scolastica
- Della loro prima comunione
- Della foto in tutù/kimono
- Della loro prima gita scolastica
- Delle loro foto al mare
- Del/la loro primo/a fidandato/a
- Del loro matrimonio e relativo viaggio di nozze
- Eccetera, eccetera, eccetera…
Ci importa più o meno come le rivendicazioni identitarie della comunità occitana in Francia Meridionale.
15. Buongiorno e buona sera
Non so voi, ma io a quelli del “buuuooooongioooornoooooooo aaamiciiiiiiiiiiiii!!!!!!!!!” postato alle 7.41 di una gelida e uggiosa mattina di gennaio, darei fuoco con l’olio esausto della mia vettura. Capisco che l’abitudine di dare il ‘buongiorno’ e la ‘buonasera’ sia d’uso e consuetudine nei rapporti personali, ma quelli dei social sono, appunto, rapporti virtuali. A molti utenti manca quindi la capacità di tenere distinti e separati questi due macrocosmi, o probabilmente questa capacità la posseggono ma a vincere è spesso la mania di protagonismo e la volontà di far passare un’immagine di sé gioiosa, positiva, felice. A ben guardare però nelle loro bacheche, ci si accorge che invece sono spesso persone insicure, tristi, sole e la mancanza di reazioni al loro quotidiano saluto non li fa demordere dalla loro missione di annoiare i propri contatti con questi post preconfezionati, insignificanti e pretestuosi. “Buongiorno un cavolo!” verrebbe da rispondergli qualche volta. Ma poi, mestamente, si lascia perdere: il “masticazzi” per essere buono, certe volte, deve barricare 24 mesi in botti di rovere.
16. Aforismi un tot al chilo.
Ho sempre amato gli aforismi. Questi concentrati di sapere filosofico e morale mi hanno sempre affascinato, incuriosito, spinto alla riflessione, divertito, così come le vite dense, ‘vissute’ ed uniche dei loro più famosi autori. Il punto è che si dovrebbe dare per scontato che chi ha Facebook ha inevitabilmente l’accesso a internet, con l’evidente possibilità di accedere ai numerosissimi siti che ospitano le più belle frasi di Gibran, Bukovski, Gandhi,Osho, La Rochefoucauld. Ma anche qui, come in altri “campi”, qualcuno si adopera per offrirti, sempre non richiesto, il servizio di selezione e pubblicazione di decine di aforismi, massime e frasi fatte ogni giorno. Sono di una noia mortale e capaci solo di citazioni di autori “inflazionati”, abusati, scontati. Spesso, addirittura, l’attribuzione della citazione è errata, oppure si tratta di un falso storico (come per “Lentamente muore”). Una volta all’anno però, questi dubbi ‘letterati da tastiera’ dicono quello che pensano loro del mondo che li circonda: il post originale,finalmente ‘farina del suo sacco’ lo riconosci subito da chicche quali “ avvolte”, “un’altro”, “se io sarei” ed accenti sulle “e” che spesso vanno a farsi benedire. Un consiglio: nel dire la vostra o quella degli altri, preferite sempre astenervi del tutto.
17. Pray for
Strage islamica a Berlino? Una breve rovistata tra “i ricordi del cuore” ed ecco rispuntare fuori le foto della gita scolastica a Monaco di Baviera. Attentato a Bordeaux? Nessun problema: c’è la foto a Parigi, sotto la Torre Eiffel, con la propria dolce metà. Esplosione sospetta in piazza a Liverpool? E’ il momento di riproporre gli scatti fatti durante il week end a Londra della scorsa primavera. Il tutto senza l’immancabile, ormai immarcescibile didascalia “pray for”. Mossa ruffiana, inutile, che serve solo ad appagare il proprio narcisismo intellettuale, con un latente e sottinteso “potevo esserci io”, anche se nel posto del disastro, anzi, a 300 km da esso, ci si è stati quattro anni prima. Preghiamo anche noi; preghiamo affinché lo spessore dei vostri post sia quanto prima degno dell’evoluta classe tetrapode cui apparteniamo.
18. Ipse dixit; urbi et orbi
Uno dei modi di dire che ho sempre trovato più divertenti , anche per la prosodia ‘musicale’ e la perfetta rimata, è il lucanissimo “U dik a Titt p’u dic a tutt”, che nella “mia” Basilicata significa pressappoco “lo Dico a Giambattista per dirlo a tutti”. In italiano dovrebbe suonare come un più anonimo “ parlo a nuora affinché suocera intenda”, ma non rende efficacemente il concetto. Mi riferisco a quella abitudine (insana) di parlare a qualcuno affinché altri intendano (approccio “induttivo” classico al litigio), che su Facebook diventa “logica deduttiva”: ecco quindi un messaggio, un’allusione, spesso una minaccia, scritta sulla propria bacheca e letta dai propri 5.000 contatti affinché uno solo tra questi capisca (bontà sua) di essere il destinatario del messaggio; il buon Lubrano direbbe:”la domanda nasce spontanea”: ma mandarvi un Whatsapp direttamente no, eh? Delle volte poi, soprattutto quando capisci chi è il destinatario dell’invettiva, noti che nascono dei simpatici teatrini di botta e risposta, sempre pronunciati “urbi et orbi”; divertono per un istante, ma poi ti ricordi che il “me ne frego” è un po’ come il nero: sta bene su tutto.
19. L’inguaribile delusa, ovvero: “sono caduta e mi sono rialzata”(dal sediolone?)
L’utente è in questione è una 20-30enne, mediamente carina e solitamente generosa nel mostrare i “doni di natura” con innumerevoli foto, pubblicate ad ogni ora del giorno. La sua bacheca è un continuo storytelling di pomeriggi passati a prepararsi in vista di serate in discoteca, club e locali cool. Puntuale però, arriva il giorno dopo il post da quella che possiamo definire, appunto, “inguaribile delusa”: “gli uomini tutti uguali,l tutti bastardi”, “in giro ci sono solo morti di f…”, “ecco, sono caduta di nuovo, ma sono pronta a rialzarmi!”. Un consiglio a queste insanabili e disilluse sognatrici: provate a frequentare delle biblioteche, delle palestre, delle associazioni di volontariato, dei cinema, delle ludoteche: vuoi vedere che magari lì qualche irriducibile highlander dei buoni sentimenti c’è ancora? Non ricordo sia successo che io o i mei amici si sia mai andati in un locale a cercare la donna della nostra vita, né la madre virtuosa e premurosa dei nostri figli, né una ragazza acqua e sapone con la quale dibattere di meccanica quantistica; signor giudice, lo giuriamo sui dispositivi medici Durex che portavamo in quelle occasioni nelle nostre tasche!!!
20. Pseudo scienze ad personam
Se siete alti o bassi, biondi o bruni, acquario o gemelli, primogeniti o quarti di nove figli, da qualche parte, nell’immenso universo della rete, troverete riportata la notizia, di una inesistente ricerca di un insistente istituto, diretto da un inesistente luminare della scienza, che sostiene che la categoria di cui sopra, che rappresentate, è favorita, migliore o superiore a tutte le altre. “Visto?” commenta lei, postando la notizia che “La conferma arriva dall’università di Dargaville:i primogeniti sono più intelligenti” sulla bacheca della sorella minore. “Verissimo” scrive soddisfatto colui che ha appena pubblicato sulla propria bacheca la notizia che “le persone disordinate hanno una vita sociale più felice” e nota appagato, sulla propria scrivania, avanzi di cibo del giorno precedente, il borsone della palestra e le bollette macchiate da una tazzina di caffè rovesciata. Nel frattempo, l’inguaribile delusa di cui sopra, sogghigna lusingata leggendo che “i nati in aprile hanno una sensibilità più sviluppata degli altri: lo afferma l’Institute of Social Sciences di Kabul” e lei, inutile dirlo, è nata proprio in quel mese. La categoria delle pseudo-scoperte ad personam rientra nell’ambito delle fake-news ma ha un effetto ancora più sadico, perché oltre a vellicare gli istinti populisti, qualunquisti e cospirazionisti degli utenti, cerca la lusinga personale, l’adulazione intima del lettore. Ora,magari non tutte le “sconvolgenti scoperte” saranno infondate, ma ben sappiamo che la scienza ricerca ciò che chiediamo,nella direzione che le diamo, e che un modello matematico restituisce i dati e gli aspetti che ci aspettiamo di ricevere nel momento in cui lo concepiamo. Spesso poi, queste pseudo-ricerche vengono illustrate senza specificare le condizioni sperimentali in cui vengono svolte, privandosi,quindi, di ogni crisma di scientificità. Ma questo non importa: ai poveri di spirito(critico) basta solo poter leggere e far sapere agli altri, di avere dei talenti e delle peculiarità fuori dal comune. Agli altri, più raziocinanti, scatta l’ormai iterativo “me ne frego”.
Ora,questa lunga guida semi-seria nasce da un’attenta osservazione di tutto ciò che quotidianamente succede sui social network. Mettendo da parte lo spirito in parte goliardico e giocoso con cui è stata concepita e stilata, è giusto sottolineare alcuni aspetti finora soltanto accennati. I social network si basano appunto sul dogma della “condivisione” che, per esser tale, necessità di un utente “mittente” e di uno o più destinatari del post, dell’informazione, della foto. La condivisione è tale ed è efficace se suscita interesse e coinvolgimento del destinatario, altrimenti ‘vox clamantis in deserto’. A tal fine è importante tener presente che non tutti gli aspetti della nostra vita sono in grado di destare interesse e coinvolgimento negli altri, ma solo una parte tanto ristretta quanto più grande è la nostra rete sociale:questa,infatti, allargandosi, coinvolge individui sempre più estranei alla nostra ‘vita reale’, che non conoscono le nostre passioni, inclinazioni, peculiarità e non sono capaci di un giudizio oggettivo sulla nostra persona. L’assenza di una conoscenza diretta e profonda delle persone tende a metterne in evidenza solo gli aspetti e le tendenze più superficiali e discutibili, che sono atavicamente insite in ognuno di noi: costruzione di un’immagine personale artefatta, induzione all’invidia, vanteria dissimulata, narcisismo. Facebook, come piattaforma sociale, si presta meravigliosamente a questa ‘deriva’.
Se vogliamo essere certi di non essere molesti, su Facebook, rispettiamo anche la presenza di altri utenti ed accertiamoci sempre che il nostro post abbia almeno 2 delle seguenti caratteristiche: interessante, divertente, spiritoso, informativo, gradevole; e limitiamo le nostre ‘uscite’ a massimo 2-3 post al giorno.
E ricordatevi: il post del quale non frega niente a nessuno è sempre dietro l’angolo, subdolo, pronto a colpire e, per dirla alla Battisti, “come la neve, non fa rumore.”
P.s.: Un’indagine dell’Università di Riccione ha appena dimostrato che gli autori di 2duerighe sono i più smart del pianeta: corro a pubblicarlo su Facebook.