Claude Monet al Complesso del Vittoriano, un percorso tra paesaggi e magnifiche Ninfee.
Claude Monet, uno dei padri dell’Impressionismo, è protagonista della mostra ospitata dal Complesso del Vittoriano – Ala Brasini di Roma a partire dallo scorso 19 ottobre fino all’11 febbraio. La mostra presenta 60 opere, che provengono direttamente dal Musée Marmottan Monet di Parigi, 60 capolavori conservati nella dimora privata dell’artista a Giverny, che il figlio Michel Monet donò al Museo.
La mostra è curata da Marianne Mathieu ed è promossa dall’Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali di Roma Capitale, con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e della Regione Lazio, sotto l’egida dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano, prodotta ed organizzata da Gruppo Arthemisia in collaborazione con il Musée Marmottan Monet di Parigi.
Claude Monet (14 novembre 1840 – 5 dicembre 1926) è uno dei principali esponenti del gruppo impressionista. Prima di giungere alla pittura en plein air, che conosciamo essere un tratto caratterizzante dell’impressionismo, Monet fu un caricaturista e ritrattista. All’inizio della mostra sono per l’appunto esposte alcune opere degli inizi pittorici di Monet che risalgono agli anni 1855-1859; si tratta in sostanza delle prime esperienze con il disegno e la pittura. Particolarmente degni di nota i ritratti che il pittore realizzò dei suoi figli Jean e Michel. Fin da subito quello che interessa Monet più di ogni altra cosa è lo studio del colore e la realizzazione dell’armonia e dell’equilibrio cromatico nelle sue opere.
La pittura paesaggistica
I paesaggi rappresentano la prima e costante fonte di ispirazione per Claude Monet. Negli anni 70 risiede ad Argenteuil e Vétheuil; a questo periodo appartengono diverse opere esposte, realizzate tra il 1875-1879.
Il treno nella neve. La locomotiva e Effetto di neve, sole al tramonto sono opere in cui la figura umana è resa esattamente come il paesaggio, senza prestare troppa attenzione ai dettagli o ai particolari. La presenza umana in questi quadri è appena accennata, la figura lasciata all’intuizione.
Per il pittore impressionista non è il dettaglio paesaggistico ad essere determinante, ma il modo in cui il paesaggio è reso attraverso la luce e il colore. È importante anche come e quanto l’aria e gli agenti atmosferici influiscano su esso. È il caso di Vétheuil nella nebbia, uno dei capolavori dell’Impressionismo. Il vero nucleo del quadro non è la cittadina francese, ma l’effetto di lontananza e la nebbia che avvolge l’ambiente, una nebbia che sembra quasi palpabile alla vista.
Le scogliere della Normandia sono un altro dei paesaggi eletti da Monet, che tra il 1882 e il 1885 compie diversi soggiorni per l’appunto in Normandia (La spiaggia di Pourville. Sole al tramonto). Nel 1883 risale il trasferimento a Giverny, di cui inizialmente Monet non apprezza né la casa né il giardino; da qui i costanti viaggi alla ricerca di soggetti da dipingere. Tra i suoi viaggi ricordiamo il soggiorno in Liguria nel 1884.
Il castello di Dolceacqua, un piccolo paese ligure, è la rappresentazione di un’importante scoperta per Monet, la scoperta della luce del Sud, la luce solare, che lo spinge a schiarire i colori della sua tavolozza. Il ponte in primo piano traccia una diagonale netta che squarcia lo spazio della tela.
Valle della Creuse. Effetto sera del 1889, testimonianza del viaggio compiuto in questa regione francese, colpisce per la riproposizione delle falesie, le rocce a picco sul mare con la presenza suggestiva di una fitta nebbia.Altrettanto suggestivo è il dipinto Londra. Il Parlamento. Riflessi sul Tamigi del 1905. Quello che interessa Monet è ancora una volta la nebbia, che viene ritratta non nei toni del grigio, bensì nei toni del verde e del rosa. Il nero è bandito dalla tavolozza, che in questo dipinto appare al contrario estremamente accesa. Le pennellate sono interrotte e frammentate così da rendere il Parlamento di Londra, protagonista del quadro, un tutt’uno indistinto, un’entità unica con la nebbia.
Claude Monet, Valle della Creuse. Effetto sera, 1889, Olio su tela, 65 x 81 cm.
Giverny e le Ninfee
Nel 1890 Monet poté acquistare il suo casolare a Giverny e iniziare a realizzare una vera e propria opera d’arte, che doveva circondare la sua dimora: il suo giardino ornamentale. Così parla Monet: «Il giardinaggio è un’attività che ho imparato nella mia giovinezza quando ero infelice. Forse devo ai fiori l’essere diventato un pittore». Il giardino di Giverny era una bellezza a pieno titolo, che noi possiamo ammirare attraverso i dipinti, che costituiscono la seconda grande sezione della mostra. Rispetto alle opere paesaggistiche, le tele che raffigurano le meraviglie floreali di Giverny sono tele dalle dimensioni più grandi fino ad arrivare ai pannelli monumentali dell’ultima sala.
Monet aveva realizzato a Giverny un giardino che vantava le più disparate essenze floreali: iris, papaveri orientali, verbene, peonie, rose, campanule, tulipani, narcisi, infine le ninfee. Le ninfee sono tra le protagoniste indiscusse dei quadri che hanno come oggetto Giverny. Le Ninfee, che risalgono agli anni 1916-1919, sono rappresentate per l’appunto su tele enormi, attraverso le quali rivive il tema della percezione dello spazio nell’incontro tra il macrocosmo e il microcosmo. La grandezza della tela sta per l’immensità dell’universo, a cui si oppone la piccolezza o meglio ancora l’individualità e con essa la fragilità della singolarità, incarnata dalla bellezza, anch’essa caduca, della ninfea.
Gli anni dal 1918 al 1924 sono gli ultimi della produzione di Monet e sono dedicati a tele che ripropongono tre temi in particolare: Il ponte giapponese, Salice piangente e Il viale del roseto. Sono le ultime produzioni di Monet, quelle che non sono mai state esposte mentre l’artista era in vita. Sono le opere più “moderne”, che segnano per così dire il passaggio dalla pittura figurata a quella astratta.
Nel giardino di Giverny c’era un piccolo stagno, sovrastato da un ponte di ispirazione giapponese, poi popolato di peonie, glicini viola e bianchi, bambù, cotogni, ciliegi ornamentali, ontani, tamerici, agrifogli, frassini, salici piangenti, cespugli di lamponi, agapanthus, lupini, rododendri, azalee e ciuffi di erba della Pampa. L’influenza giapponese non è solo di natura botanica e floreale per così dire, ma anche di matrice pittorica e fa capo alle stampe giapponesi e alla pittura di Hokusai.
Nelle tele che raffigurano il Salice piangente, questo albero dalla chioma così folta, le pennellate danno il movimento della chioma dell’albero e, insieme alla varianza cromatica, danno l’effetto del riverbero della luce.
Nelle tele genericamente chiamate Il viale del roseto ad essere descritte non sono le rose, ma la costruzione dello spazio nella tridimensionalità data dal colore. Gli archi concentrici che descrivono il pergolato, dominando il centro della tela, fanno da richiamo e rimando alle tele del ponte giapponese. Non c’è nessun dettaglio che si riesca davvero a distinguere, ma si comprende benissimo come è strutturato il quadro così come si comprende lo spazio che esso intende raffigurare.
A chiudere la mostra, come si accennava, c’è la sala con i pannelli monumentali, tele alte un metro e larghe tre metri, realizzate tra il 1919 e il 1920 e concepite inizialmente come fregi decorativi destinati all’Hôtel Biron di Parigi, oggi Museo Rodin. Dopo l’abbandono del progetto nel 1921, le tele restano nell’atelier di Monet fino al 1927, anno in cui le Grandes Décorations di Monet sono destinate ad allestire le sale dell’Orangerie delle Tuileries. Le ninfee qui raffigurate sono quasi astratte e si evince perfettamente l’influenza che poi Monet avrà sulla pittura contemporanea, basti andare con la mente ad alcuni quadri di Pollock per averne sensazione immediata.
La mostra è vivamente consigliata perché permette di entrare dentro il mondo di Claude Monet, di uno dei maestri dell’Impressionismo. La mostra si presenta completa, ricca e ben strutturata. La sezione dedicata al giardino di Giverny è quella che a nostro parere resta più impressa e desta più emozioni, per i soggetti raffigurati, per la loro bellezza e per la sensazione di sogno floreale che comunicano.
Monet, Capolavori dal Musée Marmottan Monet, Parigi.
19 ottobre 2017 – 11 febbraio 2018
Complesso del Vittoriano – Ala Brasini
Via San Pietro in Carcere, Roma
Orari
Dal lunedì al giovedì: 9:30 – 19:30
Venerdì e sabato: 9:30 – 22:00
Domenica: 9:30 – 20:30
(la biglietteria chiude un’ora prima)
Infoline
T. +39 06 87 15 111
www.ilvittoriano.com