“La Bellezza ritrovata”: poter essere custodi orgogliosi della nostra storia, della nostra Arte.
Opere d’arte varia in mostra ai Musei Capitolini (Sale Terrene di Palazzo dei Conservatori), dal 2 Giugno al 26 Novembre 2017.
Questa piccola mostra (circa una quarantina di pezzi, tra grandi, piccoli e frammentari), al di là del valore intrinseco delle opere esposte ha soprattutto un valore di testimonianza: prima di tutto dell’attività continua e minuziosa, anche se spesso poco visibile, di quanti nelle nostre istituzioni (in primis il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale) si dedicano al recupero e alla riconquista di opere d’arte che sono state sottratte al godimento del pubblico (ma verrebbe da scrivere: del popolo…).
In secondo luogo è insieme testimonianza della nostra distrazione, per certi versi già dal titolo (molto, ma molto azzeccato) ci tira per la manica ricordandoci che nasciamo, viviamo e respiriamo (ma troppo spesso “dormiamo”) circondati dall’arte e dalla storia di cui essa è testimonianza essenziale, pur con tutte le sue parzialità e i suoi mascheramenti celebrativi o denigratori. E per favore, non diteci più che “di Cultura non si mangia”.
Passata abbastanza inosservata, sebbene molto curata nell’esposizione e nei testi, “La Bellezza ritrovata” oltre a raccontarci di ritrovamenti e riacquisizioni, di indagini minuziose e di rogatorie internazionali, pretende con sobria insistenza di riportarci ad una considerazione di un “noi”: noi nella nostra storia, nella nostra arte, nella nostra cultura. Un “noi” artistico e storico, quindi culturale, che persiste e insiste, non solo come etichetta di comodo buona per le immancabili e dubbie chiamate d’adunata quotidiane, ma come bisogno di appartenenza, di identità.
La mostra si articola in tre sezioni e tre sale, dedicate rispettivamente alle opere recuperate a seguito di furti, a quelle salvate dalle zone terremotate e infine a quelle danneggiate dall’ultima guerra. Sono esposti, tra gli altri, dipinti seicenteschi, uno splendido Crocifisso ligneo, le statue di leoni e di cariatidi e parte del Tesoro del Cardinale Orsini, dalla Cattedrale di Benevento bombardata nel 1943.
È uno spunto di riflessione che, come altre mostre analoghe di questi anni, occorrerebbe ripetere e ampliare, magari dedicando più spazio alle vicende dei “salvataggi” (sempre avvincenti), cercando così di coinvolgere maggiormente un pubblico troppo distratto.In questo senso, forse si sarebbe potuto approfittare meglio della vicinanza (praticamente sono alla porta accanto) dei prestigiosi e più affollati Musei Capitolini, da sfruttare come sinergia senza subirne la polarizzazione.
Da aggiungere ad un buon menù di visita ai Musei Capitolini: per apprezzare quel che abbiamo, ricordare quel che abbiamo perso e festeggiare quel che ci è stato restituito.