Il Tascabile e n+1 presentano: Politics, come e perché fondare una rivista culturale.
La location del Giardino di Monk ha ospitato nella serata di martedì 18 luglio un interessante incontro italo-americano tra la Redazione de Il Tascabile, la rivista on line dell’Istituto Treccani, e Mark Krotov, publisher di n+1. L’argomento oggetto di dibattito è stato il ruolo contemporaneo e il senso delle riviste culturali. Coinvolti nella discussione Chiara Valerio e Leonardo Colombati, redattori di Nuovi Argomenti; Christian Raimo (Internazionale e minimaetmoralia) e Dario De Cristofaro di Flanerì, oltre a membri del comitato editoriale de Il Tascabile, Cesare Alemanni, Giulia Blasi e Francesco Pacifico, quest’ultimo nel ruolo di moderatore.
L’atmosfera estiva del Monk unitamente all’aperitivo con rinfresco offerto da Il Tascabile hanno fatto da cornice a domande che coinvolgono da vicino tutti coloro che a vario titolo si muovono o aspirano a muoversi nel mondo della cultura, redattori, autori, editor e scrittori.
L’ospite internazionale è stato Mark Krotov, publisher di n+1. N+1 è una rivista politica e letteraria, nata ormai 13 anni fa a New York. N+1 nasce nel 2004 grazie a un gruppo di giovani scrittori ed editor – Keith Gessen, Ben Kunkel, Marco Roth, Alison Lorentzen, Chad Harbach – che volevano fondare una rivista in cui poter scrivere tutto ciò che avevano in mente. La loro generazione – la stessa della redazione del Tascabile – veniva dopo quella dei David Foster Wallace, Rick Moody, lo stesso Franzen, rappresentati e pubblicati dalla rivista McSweeney’s di Dave Eggers, un’oasi felice di impegno civile e divertimenti intellettuali. Mark Krotov traccia un po’ la storia della sua rivista, una rivista politica e letteraria nata negli anni di G.W.Bush, quando le riviste culturali erano alquanto prudenti e poco intraprendenti. Ora la situazione politica, con il suo tanto discusso protagonista Trump, si accompagna ad un momento culturale di maggior fervore e lo stesso linguaggio dell’opposizione si carica di tinte e toni pungenti, resistenti e difficili da ignorare.
La domanda sul senso delle riviste culturali oggi e sul posto che esse occupano nel quadro culturale del nostro tempo nasce innanzitutto con l’esigenza di operare una distinzione importante tra una rivista culturale propriamente detta e un magazine estremamente brillante.
Tra le riviste culturali italiane possiamo citare Flanerì e Nuovi Argomenti. Dario De Cristofaro è uno dei redattori di Flanerì, una rivista che affianca scrittori esordienti ad autori noti, come Paolo Cognetti, vincitore del Premio Strega 2017. Leonardo Colombati è uno dei redattori di Nuovi Argomenti, una rivista culturale che esiste da 65 anni, “la vecchia signora” delle riviste italiane come la definisce lo stesso Colombati, per la quale hanno pubblicato autori del calibro di Moravia. Colombati parla delle riviste culturali usando l’aggettivo “brutali”, perché mettono di fronte per l’appunto brutalmente, in modo breve e conciso, alla realtà delle cose.
Gli scrittori devono avere un’idea del mondo intorno a loro; scrivere è fare filosofia, ossia interrogarsi e riflettere su se stessi e sul mondo circostante. Essere curiosi del proprio mondo e del proprio tempo è la chiave per accedere all’essenza della scrittura, che non consiste solo ed esclusivamente nello “scrivere bene”, nell’“avere una bella penna”, ma chiama in causa anche una certa capacità di interrogarsi sulla contemporaneità.
A proposito dello scrivere come di un fare filosofia, Cesare Alemanni, uno dei Redattori del Tascabile, la rivista online della Treccani, viene da studi filosofici. La linea editoriale del Tascabile è scrivere di ciò che appassiona, incuriosisce e stupisce innanzitutto chi scrive, senza necessariamente sentirsi vincolati all’attualità della notizie. Avere uno sguardo sulla contemporaneità non vuol dire necessariamente scrivere di ciò che è successo oggi o ieri o l’altro ieri. Un editoriale comparso lo scorso 17 luglio proprio sul Tascabile è di Paolo Pecere e si intitola “La Patagonia è un racconto mancato”, un editoriale di 40.000 batture sulla Patagonia, che ha riscosso successo tra i lettori. Eppure apparentemente la Patagonia non rientra negli argomenti delle breaking news di questi giorni. Un pensiero simile potrebbe trovare un giusto impiego anche quando si pensa di scrivere di politica, un argomento in cui andrebbe privilegiata la sostanza delle materie in questione, anziché la bagarre o il mero gossip politico.
Il Tascabile è una rivista che ha una sua connotazione particolare in quanto magazine della Treccani, dell’Enciclopedia Italiana. Come commenta Giulia Blasi, anch’essa redattrice del Tascabile, ciò che è richiesto allora ad una rivista di tal genere è di essere enciclopedici, senza annoiare i lettori. Giulia Blasi, redattrice del Tascabile ma anche blogger e scrittrice, confessa di essere abituata, in virtù dei suoi studi di traduzione, ad adeguare registro, contenuti e lessico in base a quello che scrive e al contesto editoriale per cui scrive. La domanda preliminare che si pone prima di iniziare a scrivere di qualunque cosa è: “ Cosa sto raccontando?”. La risposta a questa domanda deve essere un contenuto e una forma che insieme tengano alto l’interesse e tengano con il fiato sospeso fino alla fine tanto chi scrive, quanto chi legge.
Alla domanda sul ruolo che possono avere le riviste culturali oggi Mark Krosov risponde con il concetto di utopia. Una discussione come quella intavolata al Monk sul ruolo e la funzione delle riviste culturali è di per sé una discussione utopistica, perché presuppone una concezione utopica della cultura stessa e del suo ruolo; presuppone una concezione della cultura come di un elemento importante ed essenziale della società, laddove invece la società in cui viviamo ci dice continuamente che la cultura non ha alcuna funzione sociale, non è utile. Quindi parlare, discutere delle riviste culturali, ma non solo, scrivere per riviste culturali, mandare avanti progetti e aspirazioni attraverso delle riviste culturali vuol dire già agire e pensare in modo utopico.
Del resto, afferma Mark Krosov, i tempi sono negativi ma non solo da un punto di vista politico. La speranza sono i Millenials, le nuove generazioni; su questa speranza sono d’accordo tutti i protagonisti dell’incontro svoltosi presso il Giardino del Monk, incontro di cui abbiamo cercato di riproporre e riprodurre lo spirito critico e l’intelligente scambio di opinioni.
Se è vero che la società ci disillude continuamente sul ruolo della cultura, perché la cultura è ciò che c’è di più difficile da mercificare e rendere ripetibile in serie, rispondiamo alla disillusione con la meraviglia. La meraviglia, come sosteneva Aristotele, è la causa della filosofia. Ma Aristotele diceva anche qualcosa in più quando riconosceva alla filosofia una sua inutilità pratica, nel senso che la filosofia non serve a qualcosa in particolare, è fine a se stessa e nel suo essere autotelica è massimamente ed essenzialmente libera. La cultura per essere tale, ossia sete di conoscenza, sete di capire il mondo in cui viviamo, necessita di essere libera e nient’altro deve avere come scopo se non se stessa.