Alessandro Baricco dialoga con Jan Brokken al Salone del Libro di Torino
Alessandro Baricco, uno degli autori italiani più apprezzati e Jan Brokken, scrittore olandese autore di “Anime Baltiche” e del più recente “Il giardino dei cosacchi” sono stati ospiti di un interessante dibattito sulla scrittura e sul mestiere dello scrittore, venerdì 19 maggio nella Sala Gialla del Salone del Libro di Torino.
L’incontro, presentato da Nicola Lagioia, moderato da Marco Filoni e tradotto simultaneamente nella lingua dei segni, ha preso spunto dalla recente pubblicazione (novembre 2016) del romanzo di Brokken “Il giardino dei cosacchi”, edito da Iperborea, che vede come protagonista la figura dello scrittore Dostoevskij.
I due scrittori hanno messo in scena un dibattito dal quale si evince come la pratica della scrittura possa declinarsi in modi e forme differenti a seconda degli autori. Il primo quesito che viene alla mente è: “di cosa si deve scrivere?”. Brokken ritiene che i fatti siano fatti e siano sacri e questo è sufficiente a motivare la sua scelta di scrivere storie vere di vita, come accade per “Il giardino dei cosacchi”, che mette in scena la dura vita di Dostoevskij durante il suo periodo di deportazione in Siberia, dopo essere stato risparmiato a pochi minuti dalla fucilazione. Furono gli anni siberiani a segnare uno spartiacque nella vita dello scrittore russo e a plasmarne sostanzialmente l’opera. Nel caso di “Anime baltiche” la realtà è descritta nei termini di un viaggio attraverso i paesi baltici, dove personaggi celebri come Mark Rothko, Hannah Arendt, Romain Gary, Gidon Kremer sono nati e la cui anima baltica li ha accompagnati nella loro fuga oltre confine.
Dal canto suo Alessandro Baricco, che non nega di aver pensato in svariare occasioni di scrivere una biografia di un personaggio celebre, ritiene in fin dei conti che l’esigenza della realtà e della verità sia propria del lettore contemporaneo. È il lettore che vuole si parli di fatti realmente accaduti, che vuole sapere come si sono svolte determinate vicende; il lettore vuole avere davanti agli occhi nient’altro che le cose vere. Diversamente lo spirito di Baricco si sente legato all’immagine dello scrittore come di colui che inventa mondi e realtà proprie, che inventa storie e persone che non esistono se non grazie all’autore. Il mestiere dello scrittore è fondamentalmente a suo dire un lavoro di creazione, una forma di artigianato e di conseguenza una forma del sapere, del saper fare. Non c’è dunque nessuna necessità per uno scrittore di scrivere un libro che provenga direttamente dalla realtà.
Altro quesito importante dopo quello che verte sull’oggetto della scrittura, sul “che cosa” della scrittura è la domanda “per chi si scrive?”, vale a dire dove si colloca il lettore nel processo di scrittura. Se da un lato Brokken sostiene di non poter immaginare un lettore ideale dei suoi libri, perché ogni lettore dopo la lettura diventa a sua volta autore del suo proprio e personale libro, Baricco afferma di scrivere sempre per qualcuno, dal momento che la scrittura a suo parere non è mai un piacere solitario; anche qualora lo scrittore, preso a tratti dalla sua autoreferenzialità, si dimentichi del lettore, non vuol dire mai che questo sparisca. La domanda intrinsecamente situata al fondo dell’interrogativo “per chi si scrive?” diventa allora “a chi appartiene il libro una volta scritto?”. Il libro scritto può non appartenere più allo scrittore, ma consegnato da questo al mondo, appartenere ad ogni singolo lettore che si avvicina ad esso e che avvicinandosi in parte lo riscrive con la sua lettura.
In ultimo luogo si è parlato di un argomento abbastanza comune, ossia il blocco dello scrittore, il blocco della pagina bianca. Cosa significa il blocco dello scrittore? Entrambi gli scrittori hanno concordato che questo può essere inteso come un momento di difficoltà, che interviene nel processo normale di scrittura, ma non può mai essere inteso come un blocco radicale di fronte alla pagina bianca. Il cosiddetto “blocco dello scrittore o della pagina bianca” secondo Baricco è un privilegio che può permettersi solo chi non è nato per scrivere. Quando uno scrittore non riesce a scrivere, vuol dire che ha finito i libri dentro di sé. Cosa che a nessuno dei due scrittori sembra fortunatamente essere accaduta, anzi Brokken conclude affermando che mentre scrive un libro, lo fa pensando al successivo di là da scrivere.