I THINK ART IS | Le conversazioni su cosa è arte al MACRO di Roma
Abbiamo parlato ai lettori di 2duerighe la scorsa settimana del filmato che è in proiezione nel foyer del museo MACRO di Roma, dal 3 febbraio al 30 giugno 2017, nel quale si interrogano volti di rilievo del mondo dell’arte, della critica, della letteratura riguardo al significato del concetto di arte. Ebbene, lo scorso venerdì 17 marzo nella sede del MACRO di Via Nizza 138, si è tenuta una tavola rotonda avente come argomento quello di delineare una definizione di arte. Presente alla conferenza Costantino D’Orazio, curatore del MACRO e ospiti della discussione esponenti di spicco dell’arte contemporanea, che hanno preso parte al video “I think art is…”: Pietro Fortuna, Julie Polidoro, Pablo Echaurren, Fabio Sargentini, Davide Dormino, Valeria Sanguini.
Tentare di dire o di far capire cos’è l’arte vuol dire al tempo stesso parlare anche di cosa è la vita. Una delle più belle affermazioni contenute nel video “I think art is…” ha la firma di Jannis Kounellis e recita: “Sia la mattina è una cosa, il pomeriggio al tramonto è completamente diversa”. La risposta che Kounellis ha dato intervistato dalla giornalista Lara Nicoli, è definita da Guglielmo Gigliotti, moderatore del convegno insieme a Bruno di Marino, una sorta di testamento artistico dello scultore e pittore di origine greca, venuto a mancare lo scorso febbraio. Kounellis esponente di quella che è definita “arte povera” nel 1969 aveva fatto dell’installazione una forma d’arte nell’esposizione dei Dodici cavalli vivi, una performance con dei cavalli legati alle pareti della galleria L’Attico di Fabio Sargentini. Proprio Fabio Sargentini, gallerista, poeta e scrittore, presente alla tavola rotonda, si espone in prima persona nel suo pensiero sull’arte e lo fa con una poesia, in inglese, una poesia che ricorda certe “Marinetterie” futuriste nell’utilizzazione di parole, onomatopee e giochi fonetici a rievocare immagini e pensieri di arte.
L’incontro è stato volto a discutere anche del ruolo dei media nella comunicazione sull’arte, in particolare della televisione, dato il format quasi da servizio giornalistico televisivo adottato per il video “I think art is…”. Come si può comunicare il concetto dell’arte attraverso un media popolare come la televisione? Una buona televisione sarebbe in grado di informare il pubblico sull’arte senza necessariamente abbassare il livello qualitativo dell’informazione stessa? Questa difficoltà si collega con un problema ancora più originario, ossia quello di capire se l’arte possa essere o meno qualificata in termini comunicativi. Contestualmente al filmato “I think art is…” al museo MACRO è in atto l’esperimento di un totem sul quale ogni visitatore può lasciare il proprio post-it con la propria risposta “I think art is…”. Un esperimento simile avrebbe il senso di tentare di arrivare a quante più persone possibile e tentare di allargare la consapevolezza che il grande pubblico ha dell’arte.
Cosa pensano gli artisti della divulgazione massmediale del pensiero sull’arte e dell’arte? È difficile per un qualsiasi artista, che possa dirsi tale, pensare di mercificare la propria opera, la propria passione a chi non sappia comprenderla. L’arte è comunicazione? Su questo tema Julie Polidoro è netta nell’affermare che l’arte assolutamente non è comunicazione, piuttosto ha a qualcosa a che vedere con la “sospensione”. Allora il problema diventa cercare di capire quale sia la funzione dell’arte, se l’arte debba svolgere o meno un ruolo politico, sociale, se debba integrarsi fin nei tessuti più suburbani delle città come vediamo oggi fare alla street art. La questione capitale è se l’arte vada realizzata solo per amore di se stessa o anche in nome di una finalità più ampia, con risvolti sulla sensibilità di chi dell’arte è fruitore consapevole, il visitatore dei musei, o inconsapevole, come il passante di una strada, messo di fronte alle realizzazioni di street-artists di fama internazionale. Del legame tra la creatività, l’immaginario e il potere e del rischio che l’immaginario al potere o il potere dell’immaginario, degeneri nella perdita per l’arte della sua stessa essenza e natura ha parlato Pablo Echaurren.
Quando si parla di pubblico, un occhio di riguardo va ai giovani, alle nuove generazioni di artisti e al loro rapporto con la società odierna e con gli strumenti digitali. Nel suo intervento Davide Dormino rivendica la sua essenza di scultore, pur ammettendo come al giorno d’oggi fare lo scultore sia un’arte aspra da sostenere, perché richiede tempi, spazi, dimensioni, lavorazioni, costi, vendibilità non facili da affrontare. La scultura è fatta di una ricerca sui materiali, marmo, bronzo, ferro, la cui scelta e la lavorazione implica un contatto diretto e fondativo con la materia, che è importante riscoprire nell’era della digitalizzazione.
L’arte ha uno scopo, e se sì qual è? Ha cercato di rispondere a questo interrogativo Pietro Fortuna. Pietro Fortuna, artista complesso, esprime il suo pensiero sull’arte parlando di una sostanziale “inoperosità dell’arte”; egli si è rifatto a concetti della filosofia greca come quelli di τέχνη e ποίησις, tecnica e attività poietica, manuale, operativa. L’arte ha un valore che è in sé, non fuori di sé. Il risultato dell’arte è un fare; non deve necessariamente avere un τέλος ad essa esterno; l’arte è fine a se stessa. Il filosofo si interroga sul perché della vita, l’artista sul come della vita, accomunando in questo arte e teologia. Fortuna sostiene che considerare l’arte come finalizzata ad un obiettivo che è al di là di se stessa, comporta che all’arte non resti altro che la preparazione al τέλος di là da venire. L’arte si riduce a semplice luogo di una promessa. Occorre uscire dall’ottica che vede il senso dell’opera in ciò che la supera e trovare il senso nel fare stesso, nella creazione e produzione stessa dell’opera; questo pensiero dell’arte può aprire davvero una prospettiva nuova.
La critica nei confronti della società dei nati-digital trova d’accordo Valeria Sanguini, artista che lavora a Berlino, la quale ritiene che la società odierna è una società di dissoluzione dell’attenzione e dell’incapacità di dedicare un pensiero ad una domanda così originaria come quella sull’arte. L’unica soluzione che vede l’artista è la soluzione del fisico, del corpo, di un gesto che interrompa il nostro essere automi, che crei un impatto, un urto così forte da interrompere questo meccanicismo malsano. L’artista menziona in questo contesto l’attività e l’esperienza realizzata da Giorgio de Finis, assente alla conferenza ma presente nel filmato “I think art is…” con il suo pensiero sull’arte. Giorgio De Finis è un antropologo ed è il curatore del MAAM, Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz, che si trova sulla Prenestina a Roma e che è aperto ogni sabato al pubblico. Il Museo dell’Altrove rappresenta la ricerca di luoghi, spazi e dimensioni diversi, un luogo di integrazione e di commistione artistica e sociale.
La realizzazione del video “I think art is…” è stato seguita infine da GMG Progetto Cultura, che si occupa dell’interfaccia tra arte e impresa. Il fine è quello di portare l’arte nel mondo dell’impresa e sensibilizzare gli imprenditori sui progetti culturali e artistici che le aziende possono supportare. A Roma non esiste un desk cultura, ossia uno sportello a cui l’impresa può rivolgersi se vuole sostenere progetti culturali. Si è parlato per l’appunto dell’Arte Bonus, ossia la possibilità per gli imprenditori e le loro aziende di dedurre il 65% delle donazioni a favore del patrimonio pubblico italiano, con la possibilità di lavorare al fine di estendere questi vantaggi anche a gallerie, musei o istituzioni culturali e artistiche private.