Vivere l’arte: la Rete dei draghi al Macro di Roma
Se, in accordo con una certa idea di arte contemporanea, non trovate più stimolante il rapporto distante che si istaura tra voi e un dipinto, potete provare a visitare la sede del MACRO in Via Nizza. Nella hall del museo, assolutamente gratuitamente, vi troverete davanti una grande “scultura” di corde intrecciate a mano da un’anziana signora giapponese. Potete guardarla, ammirarla, girarci intorno, come fareste con qualsiasi altra scultura all’interno di qualsiasi altro museo. Il bello è che potete toccarla. Potete arrampicarvi, potete salirci, potete infilarvi dentro, potete saltarci sopra, dondolarvi e qualsiasi cosa abbastanza fantasiosa vi venga in mente di fare.
L’opera nasce in occasione della settima edizione di Enel contemporanea, progetto che intende interpretare il tema dell’energia con gli strumenti dell’arte contemporanea. Dopo Big Bambù (la riproduzione di una foresta di bambù che lo scorso anno ha attirato 50.000 visitatori), il progetto è stato affidato all’artista giapponeseToshikoHoriuchiMacAdam, che, come già accennato, ha realizzato la Harmonicmotion/ Rete dei draghia mano. La giostra-scultura sarà visitabile per tutto il 2014.
Uno dei poteri che è solito attribuire a opere d’arte interattive è quello di “generare occasioni”. La Rete dei draghi è l’occasione per il bambino di avvicinarsi al museo e a quella cosa apparentemente lontana e difficile chiamata “arte”; è l’occasione per l’adulto di togliersi le scarpe e tornare a qualche anno fa senza essere giudicato affetto da qualche sindrome mentale; è l’occasione per uno spazio di diventare veramente vivibile, di farsi concreto. Ha infine il merito, che ritengo essere il punto di forza di un’opera di questo tipo, di strappare via gli individui da un’esperienza quotidiana frammentaria, priva di rapporti con l’altro, “costringendoli” ludicamente a condividere un’esperienza, ad occupare uno stesso spazio, a far rientrare nel campo visivo una fetta di persone che nella quotidianità si decide semplicemente di ignorare.
Questi spunti sono meno sentimentali di quanto sembrano; una certa critica d’arte e riflessione estetica contemporanea stanno avanzando l’idea (che più che un principio metafisico è una vera e propria esigenza) che l’arte oggi debba essere essenzialmente pubblica. Il che equivale a pensare un’opera d’arte che sia in grado di creare nuovi spazi, che sia punto di aggregazione, che sia luogo di incontro e di collegamento: un’opera che sia un centro.
Va da sé che una prerogativa dell’opera d’arte è quella di essere fruibile a più livelli: per questo sulla scultura troviamo spesso bambini divertiti ed euforici, che scambiano il museo per un parco giochi, il che ci potrebbe condurre a una confusione tra l’idea di arte e quella d’intrattenimento. Questa difficoltà non è aggirabile, come non lo è il pensiero, forse fastidioso, che quest’opera sia in definitiva una trovata pubblicitaria della Enel, che “sfrutta” abilmente un contesto artistico per mettere in mostra il proprio marchio.
L’idea di arte interattiva comporta anche questo: scendere a compromessi, sintetizzare dimensioni diverse e fondersi, purtroppo o per fortuna, con quanti più ambiti della vita possibili.
Martina Perseli
6 gennaio 2014