Incontro con Erri De Luca tra natura e letteratura
Si è tenuto ieri, a Frascati, presso le Scuderie Aldobrandini, un incontro con lo scrittore Erri De Luca dal titolo “Terra, mare, aria: nostre radici”. L’evento è stato organizzato da Enrico Del Vescovo, presidente dell’associazione Italia Nostra Castelli Romani, per proporre una riflessione sulla tutela dell’ambiente e sulla necessità di fermare gli scempi ecologici costantemente perpetrati nel nostro Paese.
De Luca ha scelto di affrontare il tema dell’incontro percorrendo la strada meno battuta e meno ovvia, si è abilmente smarcato dalla banalità del commento ai fatti di cronaca e dalla facile polemica per proporre una visione più ampia e una personale interpretazione di concetti come ambiente e natura, a cui da sempre è legato e vicino, spaziando dal campo della scienza a quello delle sacre scritture.
Proprio a partire dal significato del termine “ambiente” lo scrittore si è misurato con il problema del rapporto tra uomo e natura, evidenziando l’antagonismo che da sempre persiste tra la specie umana e la sua madre terra. In latino la parola ambiens identifica tutto ciò che ci circonda, che ci sta intorno; l’accezione originaria attribuisce dunque alla natura un ruolo prettamente attivo. In realtà l’ambiente da soggetto attivo è stato trasformato in oggetto passivo dall’operare dell’uomo che l’ha, a sua volta, circondato e sfruttato, profanandone la bellezza. Quello tra uomo e natura è tuttavia uno scontro impari: la Bellezza della terra (intesa non come orpello accessorio o decorazione, ma piuttosto come la sostanza stessa di cui è fatta la materia), abitata da una maggiore energia e da una più duratura forza, a lungo andare cede, o meglio reagisce e si difende, scrollandosi di dosso la presenza invadente e abusiva dell’uomo e delle sue opere.
Lo sfruttamento del suolo nasce di fatto con l’uomo stesso, con l’affermarsi della specie umana, come ricorda De Luca spiegando alcuni passi della Genesi. La nostra specie si è impadronita della terra per trarne il maggior profitto possibile, terra definita appunto “maledetta” nelle scritture proprio perché sfruttata, usata, fin dal principio. Ed è alla volontà della divinità di arginare tale sfruttamento che va ricondotta l’imposizione del Sabato come momento di sospensione del lavoro, è in questa ottica protettiva che si deve interpretare il precetto del settimo giorno, perché la terra possa avere il tempo di respirare e riposare.
È ancora la Genesi a offrire allo scrittore lo spunto per esporre un altro concetto suggestivo: l’attrazione celeste. Erri De Luca è infatti convinto che “oltre l’attrazione terrestre, esiste l’attrazione celeste”, per dirla con un verso della poetessa russa Marina Svetaeva, a lui particolarmente cara. Dalle teorie di Newton in poi l’uomo si è infatti persuaso che sia la legge di gravità a reggere e regolare il mondo, convinto che esista una forza che agisce inesorabilmente dall’alto verso il basso. De Luca, al contrario, preferisce porre l’attenzione su quelle spinte che agiscono in direzione opposta, dal basso verso l’alto, la cui esistenza è provata da alcuni elementi come il fuoco o dal fenomeno delle eruzioni. Ma l’immagine più rappresentativa dell’attrazione celeste è senz’altro quella dell’albero: è da un seme posto in basso, sotto la terra, che la pianta inizia a salire, fino a trovare la sua realizzazione e il suo posto in alto.
Non è un caso che, con lo stesso movimento, dal basso verso l’alto, Eva coglie la mela dall’albero, dando inizio così all’esistenza della specie umana. Con quel gesto, cogliendo il frutto della conoscenza, l’uomo sancisce il suo affrancamento dalla specie animale e guadagna la libertà.
Sebbene l’incontro fosse incentrato su questi temi, largo spazio è stato lasciato ad altri spunti di riflessione, ricordi e suggestioni dell’autore che ha saputo tessere un discorso vario e interessante in ogni suo punto. Particolarmente significativa è stata la sua considerazione sul rapporto tra scrittura e lavoro, una relazione di fatto inesistente nel modo di concepire e vivere la scrittura di De Luca. Scrittura e lavoro occupano infatti posizioni antagoniste e contrapposte: il lavoro è tutto ciò che si lega a manualità, fatica, sforzo, laddove la scrittura è “tempo salvato”, è la concretizzazione di quei “rimasugli” di giornata che l’autore riesce a salvare, a strappare al monopolio del lavoro quotidiano. Il rapporto di De Luca con la scrittura è dunque felice e armonico, non è sforzo né obbligo, e ciò fa dello scrittore uno dei pochi a non aver mai provato la sindrome della pagina bianca. Se per molti rappresenta un disagio a volte insuperabile e paralizzante, per Erri De Luca quel foglio non ha nulla di minaccioso o ansiogeno, non è altro che una “bella pagina bianca, asciutta, riposata”.
di Cristina Nicosia
28 novembre 2013