Galleria Gió Marconi: in volo con Matthew Brannon

Negli spazi della Galleria Gió Marconi, in via Tadino a Milano, sino al 3 giugno 2021 si può vedere la mostra di pittura Matthew Brannon, Cold Shoulders / Foreign Affairs / Seafood Dinners / Pregnant Décor / Power Vacuums / and The Last Gate at the End of a Long Terminal. Si tratta della terza personale dell’artista americano all’interno della galleria, inizialmente guidata da Gió e dal padre Giorgio, a sua volta fondatore dello Studio Marconi (1965-1992).
Matthew Brannon (classe 1971, St. Maries, Idaho), vive e lavora a New York. È artista e scrittore, conosciuto per il suo approccio alle tecniche di stampa. Lavora principalmente con la serigrafia e la tipografia, pratiche che invitano alla giustapposizione giocosa di immagini e testo.
Galleria Gió Marconi, Matthew Brannon e il suo omaggio al viaggio
Questa mostra l’ha concepita durante il periodo di confinamento causato dal Covid. Il tema è il viaggio aereo negato dalla pandemia.
È un tributo al grande animale, quasi figura mitologica del secolo passato. L’artista lo descrive come “un serpente di proporzioni preistoriche. Il cobra più grande del mondo. Capace di divorare persone a bocconi. Scintillante ma morto. Un’enorme prolunga che attraversa i continenti. Leggero come una piuma, pesante come una balena.”
La mostra è allestita come se si fosse all’interno di un aereo prima che l’attacco alle Torri Gemelle imponesse la chiusura a chiave della cabina di pilotaggio. Sulla parete di fondo lunga e rettangolare dello spazio bianco e arioso della Galleria Marconi, si staglia infatti una grande tela, che la occupa interamente. Raffigura una cabina da pilotaggio di un grande aereo.
Simbolo di potere maschile, di comando appunto, vi sono dipinti leve, bottoni e strumentazioni di ogni tipo. Ma anche gli oggetti che vi gravitano attorno, che rimandano alla seduzione del potere e ne sono un corollario: scarpe femminili dai tacchi a spillo vertiginosi, reggiseni sexy, babydoll. A ricordare le umane fragilità mascherate da forza e possesso, anche una bottiglia di costoso champagne.
Sulle due lunghe pareti laterali sono appese serigrafie uniche, tele di medie dimensioni (142x125cm) che raffigurano i posti laterali accanto al finestrino.
Ognuna di queste è composta da un sedile, un finestrino con vista dall’alto su una città notturna e un tavolino pieno di oggetti e dettagli ricercati e diversissimi tra loro che parlano però del passeggero.
Galleria Gió Marconi: in volo con Matthew Brannon, ogni passegero prende posto
Potrebbero essere definite come microspazi individuali, microcellule dai contenuti psicocromatici. Come se ciascun passeggero, abbia voluto, nello spazio temporale del volo, lasciare un segno di sé nello spazio fisico minuscolo del posto aereo assegnatoli. E il pittore lo descrivesse con lucidità giocosa e pop, come fossero istanti di una realtà oggettiva, senza un prima né un dopo.
Bottiglie di vino costose, McDonald’s, deodoranti e dentifrici; pedine degli scacchi, carte da gioco, libri e riviste. Strani oggetti come un modello anatomico del cuore, una confezione di candeggina o un pezzo di prosciutto, danno allo spettatore un’idea dei gusti e della personalità del viaggiatore. Oggetti che ci parlano di abitudini, passioni, passatempi, solitudini, trofei rincorsi con bramosia e poi abbandonati, come la pallida e non più lucente statuetta di un Oscar, gettata con noncuranza in un angolo del sedile. Queste tele, apparentemente pop, arrivano a parlarci finanche di fobie ossessive igieniste come Persistant vs Suggestive, che ci presenta collutori, pasticche alla menta, dentifricio.
Quel volo negato dal covid, e impresso sulle tele da Matthew Brannon sembra diventare un viaggio interno. Ogni visitatore troverà forse il “suo posto” in aereo.
Galleria Gió Marconi
Via Tadino 20, I-20124 Milano
Tuesday – Saturday
11am – 7pm
info@giomarconi.com
+39 02 29404373