Un pomeriggio Fuori; a Roma la Quadriennale d’Arte Contemporanea 2020

Il Palazzo delle Esposizioni ospita la quadriennale d’arte 2020. Fuori è una grande mostra d’arte contemporanea italiana; dà spazio a opere e perfomance di più di 40 artisti.
Riempiono le sale installazioni visive, quadri, colori, parole, montaggi architettonici, ambienti sonori; un fiume creativo eterogeneo scorre di stanza in stanza, colpisce e disorienta già dai primi passi.

Ed è proprio questa la sensazione che si ha non appena si inizia a girare tra le opere; c’è tanto che cattura l’occhio, tanta diversità, nessuna omologazione. Una volta usciti, è forte il presentimento che “il fuori”, in realtà, ce lo si stia lasciando alle spalle
Esegesi di un titolo
Il titolo Fuori secondo i curatori della mostra Stefania Cosulich e Stefano Collicelli, è “un invito a uscire dagli schemi, ad assumere una posizione eccentrica – fuori dal centro – ad adottare uno sguardo obliquo, di mutua relazione con l’altro da sé”. Sul piano artistico, questa scelta denota una ricerca tendente a rappresentare vie diverse da quelle maggiormente battute: la Quadriennale vuole essere “fuori di testa, fuori moda, fuori tempo, fuori luogo, fuori tutto”.
Dopo aver visto fiori giganti pendere da una scalinata, poesie minimali o intere mura riempite da “fughe” di coscienza; dopo aver attraversato un corridoio confinato da 38 tonalità di blu, dopo questo e tanto, tanto altro, allora il punto di domanda suscitato da quel “fuori” inizia intimamente a prendere significato: per me, entrare è stato uscire; uscire, invece, rientrare.
Le parole, riappropriarsi del linguaggio. Siamo schiavi dell’immagine?
Molte delle sale del Palazzo traboccano di parole. Intere opere sono composte soltanto da queste. E così scorrono bozzetti accompagnati da rivendicazioni sociali, moniti generazionali, grida di aiuto o di speranza, dialoghi interiori o sfide provocatorie verso chi guarda. Tutto si fonde, un filo rosso lega opere solo in apparenza antitetiche.

La parola. Scritta. Nero su bianco. Un linguaggio che si contrappone totalmente alle abitudini di oggi, dove vige l’istantanea, la frase giusta che racchiude il mondo, la sentenza che incorona la foto dell’instagram di turno. Ed è faticoso seguire. Fermarsi e leggere un intero sceneggiato messo a muro sembra impossibile; siamo obbligati, lì, a rivedere le nostre attitudini.
Dedicare più tempo a una singola cosa, a tutto, sforzarsi per entrare in un discorso e farlo nostro, non contare più i secondi i minuti le ore, con l’unico fine di ripetere all’infinito la stessa operazione. Siamo ancora in grado di farlo?
Focus su arte e sociale. De-fascistizzazione: Di chi il compito, se non nostro.
Tra le tante proposte, Sandi Hilal e Alessandro Petti propongono un’installazione fotografico-didascalica, allo scopo di ripensare i borghi costruiti dal fascismo in Sicilia, partendo dall’esperienza di Asmara, capitale Eritrea, recentemente nominata patrimonio dell’umanità. Il progetto denuncia una realtà tutta italiana: il persistere, ancora oggi, di una retorica, cultura e politiche di matrice coloniale e fascista.
Il lavoro parte dallo studio dell’Ente di colonizzazione del latifondo siciliano, istituito nel ’40 del secolo scorso. Sulla scia di quanto fatto in Libia, l’Ente si proponeva di bonificare, modernizzare e ripopolare territori considerati sottosviluppati e arretrati. Oggi la maggior parte di quei borghi è andata in rovina, senza che le istituzioni abbiano mai intrapreso un reale percorso di riappropriamento del territorio, di ripensamento dei luoghi.
Abbiamo il diritto a preservare, riutilizzare e rinarrare l’architettura coloniale fascista. E al diritto segue l’onere di affrontare un passato spaventoso che tuttavia ci appartiene. Non farlo alimenta soltanto una continua riproposizione di atteggiamenti e mentalità che la storia ha condannato. Liberiamocene anche noi.

Fuori è un universo vasto, dentro i macro filoni narrativi si articola un dedalo di proposte artistiche. Ad opere espressive si alternano presentazioni meno afferrabili, tanto che leggere il background dell’artista e l’evoluzione dell’opera stessa è imprescindibile per godere a pieno di ciò che si ha davanti.
Il rischio di non empatizzare con tutto il racchiuso della mostra c’è, un’insieme così eterogeneo di opere non è esente da una certa disarmonia. Tuttavia la Quadriennale riesce a far luce su processi creativi “nuovi”, che rispecchiano la spiazzante incertezza del nostro tempo.

“Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaro scuro nascono i mostri.” (Antonio Gramsci)