La donna e il serpente nelle Sacre Scritture
“Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.” (Matteo 10, 16)
“Serpenti, razza di vipere, come potrete scampare dalla condanna della Geenna?” (Matteo 23, 33)
Il serpente è sempre stato oggetto di studio delle diverse culture che lo hanno accomunato non soltanto ai concetti di seduzione e di tentazione, ma anche a elementi antitetici, come la vita e la morte, la terra e l’acqua, la medicina e la magia. È, inoltre, uno dei protagonisti delle Sacre Scritture in cui incarna sia il Sommo Bene sia il peggiore dei Mali. Cerchiamo di capire il ruolo che questa figura polivalente assume nella Bibbia e il suo rapporto con la donna, dal Genesi all’Apocalisse.
GENESI
Il capitolo terzo del Genesi affronta principalmente i temi del bene, del male, della sofferenza, della vita e della morte. All’interno dei paragrafi si nota la presenza di un personaggio che diventerà, poi, centrale nel corso del racconto biblico e della storia umana. Stiamo parlando del serpente, nella veste di diavolo tentatore, altera Eva, Sommo Male.
Questa concezione negativa di potenza ostile all’uomo e a Dio trae la sua origine dalla cultura della Mesopotamia, in cui il serpente era simbolo di potenze malefiche. Nel poema babilonese di Gilgameš (XIV secolo a.C.), infatti, si riscontra la presenza di questo animale che, in un pozzo ruba la pianta della vita all’eroe, negando all’uomo (e all’umanità intera) la possibilità di ottenere la gioventù perduta.
Il serpente è quindi il simbolo del male, di colui il quale, facendo leva sulle debolezze umane, inganna il povero malcapitato, privandolo della salvezza. La vicenda di Gilgameš ha diversi elementi in comune con il racconto biblico:
– Il maligno serpentiforme;
– La presenza della pianta della vita (che può essere accomunata all’albero della vita e a quello della conoscenza del bene e del male);
– Il destino dei personaggi che, sconfitti dall’astuto nemico, perdono la cosa più preziosa: la gioventù per Gilgameš e la beatitudine eterna per i progenitori biblici.
Il racconto delle Sacre Scritture può essere suddiviso in quattro sequenze:
– La tentazione
– Il peccato originale
– Le domande di Dio
– Le conseguenze
Dopo il peccato originale, la donna diventa simbolo della perdizione e del peccato, leale alleata del serpente tentatore. Il legame è evidente in alcune raffigurazioni artistiche, che posizionano vicini i due “malvagi”, ritraendo addirittura il serpente con un volto femminile, molto simile a quello di Eva.
ESODO
Nell’Esodo il serpente è, invece, l’emblema di Dio, il simbolo del suo Sommo Bene, la manifestazione della sua presenza e potenza a Mosè. Questo animale è una figura Domini e si ritrova nel quarto capitolo e nel settimo del secondo libro della Bibbia.
Nel primo episodio, Mosè sale sul monte per parlare con il Signore e, dopo che Egli ha rivelato a lui il suo nome, si rende visibile al suo fedele amico con un prodigio, trasformando il suo bastone in un serpente. Nel settimo capitolo, dal versetto 8 al 13, troviamo invece la narrazione dell’incontro tra Mosè e il Faraone e la trasformazione del bastone in serpente, per far capire al sovrano egiziano la superiorità del Dio di Mosè e di Aronne. Il Faraone, però, ha il cuore duro e non ascolta le parole del patriarca.
NUMERI, SECONDO LIBRO DEI RE E SAPIENZA
Nel libro dei Numeri, durante il lungo viaggio, il popolo degli Israeliti si ribella a Mosè, insoddisfatto dell’operato divino. Allora il Signore manda dei serpenti velenosi contro il suo popolo che, pentendosi dell’accaduto, chiede perdono al Padre. A questo punto, Egli mostra la sua misericordia e fa costruire un serpente di rame (o di bronzo, come si legge nel libro della Sapienza) a Mosè, donando la guarigione a chiunque lo guardi.
In questo libro, quindi, il serpente è visto nella sua duplice natura di nemico malevolo e di guaritore divino, punisce il popolo superbo, ma gli dona anche la salvezza. Nel libro della Sapienza, si vede la profonda identità tra il serpente di bronzo e Dio stesso, coincidenza di natura che poi si evincerà meglio anche nel Vangelo di Giovanni, nel momento in cui Gesù, innanzato sulla Santa Croce, diventa sorgente di liberazione dal male, fonte di salvezza per l’umanità.
Nel secondo libro dei Re, si vede la distruzione del serpente di bronzo di Mosè (Necustan) a opera del sovrano Ezechia, come primo atto dopo la sua salita al trono, poiché gli Israeliti lo avevano trasformato in un idolo e lo adoravano, dimenticando la sua identità con Dio Padre.
GIOBBE E ISAIA
Il Leviatano (contorto, avvolto) è il mostro marino protagonista delle Sacre Scritture, chiamato serpente e drago (o coccodrillo), dotato di una immensa forza; è simbolo anche dei re e dei potenti. È la manifestazione della potenza divina ma, nello stesso tempo, è anche rappresentazione del Male, diavolo che vuole distruggere le creature di Dio. Si ritrova la sua descrizione dettagliata nel libro di Giobbe, in cui si passano in rassegna tutte le caratteristiche di questo re degli animali più malvagi e superbi.
SIRACIDE
Il libro del Siracide si sofferma sulla duplice natura della donna, facendo evincere il legame strettissimo che intercorre tra lei e il serpente, entrambi angeli e demoni, beati e malvagi. Da quel lontano peccato originale, i due sono diventati una cosa sola, non è più possibile scindere questo connubio, gioiranno insieme come simbolo del Sommo Bene e soffriranno l’uno accanto all’altra per le loro crudeltà.
APOCALISSE
La Bibbia si apre con la vittoria del serpente tentatore contro la donna (e l’umanità intera) e con la minaccia della sconfitta del primo da parte della seconda. Nell’Apocalisse di San Giovanni si compie il presagio, il drago e la donna sono ancora insieme. Il dodicesimo capitolo si apre descrivendo due segni del cielo: la splendente gravida donna vestita di sole e il temibile drago rosso con sette teste e la lotta tra loro. La donna vestita di sole riuscirà a “schiacciare la testa” al diavolo tentatore, grazie al frutto del suo seno (Gesù Cristo) e all’aiuto dell’Arcangelo Michele e dei suoi angeli.
Si riscontra nelle Sacre Scritture, quindi, una visione circolare della storia: il serpente e la donna sono ancora insieme, il primo continua a essere l’emblema del Male, la seconda è una altera Eva, è la Vergine Maria, autrice del riscatto della figura femminile. La Bibbia si chiude, perciò, con la vittoria della donna sul serpente, il quale dimorerà in eterno nello stagno di fuoco e di zolfo.