Addio a Mendini, poetico e visionario designer
Una vita dedicata alla progettazione, alla capacità di coniugare la bellezza con la funzionalità degli oggetti. Le sue opere hanno influenzato il design internazionale, le sue architetture pittoriche dato vita a edifici e ambienti emozionali, la sua arte ironica ha sorpreso il mondo. Nel suo lavoro si sono incontrati colore, forma, funzione e poesia. E’ stato un personaggio profondamente intrigante con un aspetto delicato e una mente effervescente che si è prodigata per dare qualità alla quantità.
L’architetto Alessandro Mendini è morto a 87 anni nella sua casa di Milano, città dove era nato nel 1931. Per la sua attività di designer aveva ricevuto due volte il Compasso d’oro, nel 1979 e nel 1981, poi l’European Prize for Architecture Awards nel 2014, ed era stato nominato Chevalier des Arts et des Lettres in Francia.
Dagli anni ’70, lavora come designer in diversi gruppi ed è il motore spirituale dello Studio Alchimia, dal 1979 al 1985 è direttore del mensile di architettura Domus, succedendo al suo fondatore Giò Ponti, nel 1983 inizia la collaborazione con Alessi e nel 1989 fonda con il fratello Francesco, l’Atelier Mendini. Intorno al 1983 si dedica al Design Pittorico nel quale la stessa decorazione è utilizzata per diversi tipi di oggetti. L’esempio più rappresentativo è il motivo Proust, un pointillisme tratto da un quadro di Signac usato come rivestimento della famosa poltrona ma anche utilizzato sulle pavimentazioni, pareti, mobili, lampade, sculture. Nella sua produzione architettonica, firmata con il fratello Francesco, c’è il Groninger Museum in Olanda, dove il motivo Proust viene stampato su laminato e ingrandito a tal punto da mantenere l’effetto pointillisme anche a distanza; c’è Casa Alessi con la villa concepita come una città in miniatura dove i locali per il fitness, la sauna, la biblioteca, la sala da pranzo e la cucina occupano ognuno un edificio a sé; ci sono il Forum-Museum di Omegna che coniuga lavoro e cultura, la Torre del Paradiso a Hiroshima, la facciata del Casinò Arosa in Svizzera, il Centro Natatorio di Trieste, diversi interventi urbani come il quartiere Maghetti a Lugano e due spettacolari stazioni della metropolitana di Napoli: la Materdei classificata dal quotidiano inglese The Daily Telegraph al sedicesimo posto come stazione della metropolitana più bella d’Europa e la stazione Salvator Rosa la cui la guglia in acciaio e vetri colorati riconduce a un mondo fiabesco.
Probabilmente alcuni di noi avranno in cucina un utensile della sua Anna Family, oggetti per la tavola come il cavatappi dalle forme femminili, oppure la scatola in acciaio per i cioccolatini Peyrano con il coperchio a forma di viso umano che si apre prendendolo per il naso. Della scatola disse. “Quando la vidi realizzata per la prima volta, rimasi un po’ sconcertato perché mi ricordava il viso di qualcuno. Pensando più a fondo, mi accorsi che quell’ovale del viso e il naso appuntito erano proprio il mio autoritratto. La scatola Peyrano, perciò, è un mio autoritratto”. Perché di Mendini erano proverbiali l’ironia e l’autoironia.
“Io lavoro spesso di ironia, nel senso che sono contrario alla retorica e all’accademia e pertanto l’ironia è quella che permette di azzerare anche gli eccessi su me stesso, trasformandoli in una barzelletta ogni tanto”. Ciao Alessandro.