Bambini alla prova del carcere. Conferenza internazionale al Maschio Angioino
Centomila in Italia, 800 mila in Europa. Sono le cifre impressionanti dei bambini senza sbarre, condannati senza crimine, figli di genitori detenuti, che sono costretti a vivere uno spaccato della loro vita in carcere. Di questo increscioso drammma sociale se ne parlato in una Conferenza internazionale dal titolo: ” Figli di genitori detenuti” che si è tenuta nella Sala Baroni del Maschio Angioino, a Napoli.
All’incontro hanno partecipato il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, Mauro Palma, Elena Coccia, presidente Osservatorio permante Centro storico di Napoli Sito Unesco, Lucy Gampell, presidente Children of Prisoners Europe ( COPE), Antonio Tajani, presidente del Parlamento Europeo, Andrea Orlando, Ministro della Giustizia, esponenti di vari Tribunali nel mondo, le direzioni dei carceri di Opera – (Milano), e Secondigliano (Napoli), Lia Sacerdote, analista e filosofa, presidente dell’Associazione “Bambini senza sbarre onlus,” Gabriele Frasca, scrittore, poeta filosofo napoletano e il cantautore Maldestro, ospite dell’evento, insieme ad altre autorità.
L’impatto del bambino nel luogo carcere è potenzialmente drammatico. Il fanciullo, costretto a seguire il papà o la mamma in carcere perde subito i suoi diritti. Paura, solitudine, presto lo colpiscono di fronte ad un luogo ibrido e sconosciuto come il carcere, in cui la vita non è vita.
Ecco quindi che il bambino è costretto a cambiare sistemi di vita, che non corrrispondono alle sue esigenze.Importante quindi non abbandonarlo, stargli vicino, capire realmente la sua esigenza e non negargli il diritto di “essere davvero bambino.”
Nella conferenza, si sono discussi vari punti del problema. Prima tra tutti i sistemi migliori e di supporto per i ragazzi che hanno genitori dietro le sbarre a 360 gradi,non dimenticando i lori diritti e la loro crescita psicoaffettiva che incide sulla responsabilizzazione dei genitori e quindi sulla riduzione della recidiva, della criminalità intergenererazionale e sui costi sociali.
Il bambino per poter vivere al meglio la propria esistenza – è stato detto in conferenza – ha bisogno di un luogo non solo stabile, ma anche bello, dove il bello non è un luogo ridontante, ma un luogo curato. Fondametali per lui diventano anche l’accoglienza, l’accettazione, l’orientamento e il ricordo dei luoghi, dove si ricostruiscono le scene.
L’impatto del bambino verso le proprie cose non deve avvenire certamente in modo drammatico, ma ha bisogno di strumenti di relazione validi integrati all’interno del carcere, poco distante dai suoi genitori, per fare il modo che questi, quando vada via dal carcere, lasci il segno con la sua fantasia.
servizio di Gigi Rubino ed Elio Guerriero