L’Unione Europea che verrà
I britannici si apprestano a negoziare i termini della loro adesione nell’Unione europea nel prossimo meeting. In gioco c’è il così detto “Brexit”, sostanzialmente l’eventualità di vedere il Regno Unito uscire dall’Unione europea dopo un referendum.
Il premier David Cameron milita per il mantenimento di quattro condizioni: conferire agli Stati europei non aventi la moneta unica maggiore importanza nella governance della zona euro; dare la priorità al rinforzamento del mercato unico sulle altre politiche europee, rinunciare all’idea di un processo d’integrazione continua e riaffermare le politiche migratorie tra paesi europei. Cameron, farà leva per obbligare le forze politiche a prendere una posizione. Il premier inglese, deve però capire cosa rappresenta davvero l’unione, senza dimenticarsi le ragioni che l’hanno originata.
All’indomani della seconda guerra mondiale, i padri fondatori dell’Europa hanno edificato una comunità unica con il fine di preservare la pace appena conquistata. Da allora, l’Europa ha sempre sostenuto un ritmo col quale soggiocare i pronostici più pessimisti. Considerando la situazione dopo la guerra, era improbabile immaginarsi come l’Unione sia riuscita a concretizzarsi attraverso una moneta unica, una costituzione e una cittadinanza valutando gli egoismi nazionali e l’odio espressi nella guerra.
Oggi il grande pericolo porta il nome di Daesh. Un nemico subdolo che ha già colpito l’unione al cuore, proprio nel paese che rappresenta la conquista dei valori democratici attraverso la lotta del popolo culminata nella rivoluzione del 1789. All’IS (Islamic State o Stato islamico) si aggiunge una delle più grandi catastrofe umanitarie: la crisi dei migranti. L’Unione oggi deve raccogliersi e agire per affrontare le sfide di un mondo nuovo.
La sfida è difficilissima, inutile negarlo, ma non impossibile. L’avvenire dei popoli del continente è garantito dall’affidabilità di molteplici fattori quali: il controllo demografico, la sicurezza nazionale di ogni stato sovrano di cui è composta, dalla conservazione alla diffusione dei valori sociali, culturali ed ecologici. L’Unione non deve essere la nostra debolezza ma la nostra forza. E per compiere questo passo servono necessariamente due cose: la prima è dotare l’Europa di una vera leadership chiaramente identificata e designata modo assolutamente democratico. L’Europa non sarà mai forte se non sarà il suo stesso popolo ad edificarla. Il popolo deve poter designare il proprio presidente. La seconda è il federalismo, sinonimo di efficacia. Ciò può avvenire con una rotazione della sovranità tra gli Stati.
Le emergenze da risolvere sono la politica estera e la difesa comune, con una forza d’intervento congiunta per permettere all’Unione di essere in prima linea nella lotta al terrorismo, una politica comune per la sicurezza interna con la creazione di una forza di vigilanza in ogni Stato costituente ed infine una politica migratoria che permetta di regolare gli ingressi nel continente in funzione delle nostre risorse attraverso un’intransigente politica sull’immigrazione illegale. È altresì importante quanto fondamentale la messa in atto di un governo economico, finanziario e di un parlamento della zona euro così come di un budget europeo.
L’unione è realmente forte solo se unita. Il lavoro dei padri fondatori, all’indomani della guerra deve motivare la coscienza continentale a forgiare l’Europa del 21° secolo mediante la coesione.