Forze dell’ordine attaccate da più fronti, ma i poliziotti si mobilitano rivendicando il diritto di sciopero

Dubbi, ipotesi e sopattutto le chiare e forti accuse di un sindacalista ed ispettore della polizia di stato
Guardando le scene di guerriglia che ci vengono proposte dai vari servizi nei tg televisivi, se non fosse per le immagini a colori e per un diverso abbigliamento, a volte si ha l’impressione di essere ripiombati negli anni 60/70, quando gli scontri con i poliziotti erano all’ordine del giorno.
Oggi, forse complice la crescente crisi economica, la dilagante disoccupazione, che neanche il governo dei tecnici è riuscito ad abbassare, le piazze d’Italia sono tornate a riempirsi di manifestanti, diventando teatro di azioni di guerriglia urbana facilmente strumentalizzata da black bloc e centri sociali.
Così, mentre gli attivisti dei centri sociali scendono in piazza, con le conseguenti devastazioni di vetrine e negozi, a cui sempre di più siamo costretti ad assistere, il bersaglio non è il governo contro cui dichiarano di manifestare per il caro tasse, ma le forze dell’ordine contro cui non risparmiano lanci di pietre sprangate e quant’altro fino alle bombe carta.
I servitori dello stato, chiamati a sedare le rivolte si trovano a fronteggiare una vera e propria guerra, attaccati da più fronti in uno spazio di azione ristretto, che richiede una risposta immediata per salvaguardare l’ordine pubblico, ma anche la propria incolumità personale.
Eppure no, ogni volta i feriti tra i le forze di polizia vengono puntualmente ignorati, come se fosse normale che un poliziotto, o carabiniere che sia, possa prendere le bastonate o sassate dai “manifestanti”, perchè si pensa che loro siano pagati per quello. Perfino certa pseudo stampa, sembra faccia a gara per bloccare immagini dell’agente violento o altri errori commessi e, sicuramente se ne commettono, in quei frangenti.
Ma avete mai visto rientrare questi uomini “violenti” nelle caserme dopo ore ed ore di servizio in piazza, dopo uno scontro? Tra di loro non si contano i feriti a vario titolo, divise strappate, mezzi danneggiati, ma ancor di più morale a pezzi. Questi uomini dovranno rientrare nelle loro famiglie e raccontare le “gesta epiche” a cui hanno dovuto, loro malgrado partecipare, e poi l’indomani essere ancora pronti a combattere il crimine, ognuno per le mansioni che gli sono affidate.
A loro è affidato il compito di assicurare la sicurezza eppure c’è chi ha perfino proposto di disarmarli. Ma come dovrebbero assicurarla la sicurezza, mentre sono aggrediti da orde di barbari, facinorosi che tutto fanno tranne che manifestare civilmente il dissenso contro il governo, cosa più che lecita in un paese democratico. Ma a tutto c’è un limite, oltre il quale non si possono più adottare reazioni da buon samaritano se vuoi portare la pelle a casa.
Così tutte le volte si aprono inchieste e c’è sempre qualcuno che deve fare da capro espiatorio per placare le ire del dio “disordine”, nonostante il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri, a cui sono state sottoposte delle foto scandalistiche di poliziotti violenti avesse detto con fermezza: “Io porto le foto del poliziotto cui hanno spaccato il casco in testa. Foto per foto, parliamone…”. Giornali che fanno a gara per far notizia pubblicando foto e video di ignari operatori, che senza criterio filmano o fanno scatti su immagini, che estrapolate dal contesto in cui si svolgono vogliono dire tutto e niente. Che senso ha vedere manifestanti fuggire quando non si hanno le scene precedenti che hanno generato tale fuga? Tutto può essere falsato nelle percezioni sensorie se volutamente vogliano dare un peso diverso a delle immagini. Questa è manipolazione, non informazione. Così lacrimogeni lanciati dalla polizia a parabola, proprio per non colpire i manifestanti ma raggiungere comunque lo scopo per cui sono stati autorizzati e dotati le forze dell’ordine, risultano “falsamente” essere stati lanciati dalle finestre del Ministero della Giustizia e non rimbalzati sulla sua facciata, come era più verosimile.
San Francesco di Sales protettore dei giornalisti consigliava che una notizia venisse data nella giusta ottica, non per il gusto di provocare un danno altrui, perchè in quel caso sarebbe meglio non darla. Per questi principi chi scrive una notizia dovrebbe avere un grande rispetto della dignità umana di ogni persona, indipendentemente dall’età, posizione sociale, livello culturale o credo politico. Ma la realtà è ben diversa ed i principi a cui spesso ci si ispira non si sa di quale “santo” siano.
Di certo si sa che il ministro della Giustizia ha aperto un’inchiesta, la ministra Cancellieri ha assicurato che i poliziotti, se hanno commesso atti di violenza gratuita, verranno puniti, così come la procura di Roma ha già avviato accertamenti sull’operato delle forze dell’ordine.
Ma come si possono ricostruire i fatti sulla base di un filmato operato così come abbiamo detto, se non si tratta di filmati integrali che riprendomo l’intera scena fin dall’inizio? Questo presuppone che le piazze, teatri della manifestazioni, siano preventivamente attrezzate per riprese neutre, ma questo non solo è impensabile, anche se tecnicamente possibile, ma equivarrebbe a tasforrmare le nostre città in un “Grande Fratello”, in un grande set cinematografico. E questo che vogliamo, è questo che vuole il popolo italiano?
Piuttosto invece chi vuole provocare la disaffezione delle forze dell’ordine che ogni giorno si trovano a svolgere un compito difficilissimo, in un clima sociale certamente ancora più difficile?
Come può un poliziotto operare serenamente con professionalità cui è chiamato secondo la formazione che ha ricevuto, sapendo che gli occhi di tutti sono puntati su di lui, spesso occhi che guardamo in una sola direzione e pronti a scattare foto e filmare solo quello che vogliono vedere, trascurando quello che fa comodo non vedere riguardo agli antagonisti. Tutto ciò verrebbe usato contro di lui e quindi sarebbe in continua osservazione. Ma a fino a prova contaria le persone da osservare sono gli altri, chi scende in piazza a manifestare non per niente una volta si chiamavano “guardie”, termine che ha come radice guardare, ovvero vedere e non certo essere visti, altrimenti si sarebbero chiamati “guardati”.
E vero che il mondo ultimamente va al rovescio, ma fermianoci e riflettiamo per mettere i puntini al posto giusto perchè tutto possa trovare la giusta conotazione.
Stiamo perfino vivendo la contraddizione che mentre i poliziotti che caricano i manifestanti violenti di Roma, di Milano, di Torino e Palermo sono dei violenti picchiatori, poi gli stessi poliziotti se la domenica manganellano gli ultrà negli stadi sono lodati, anzi perfino compatiti perchè si dice vengono mandati allo sbaraglio a prendere insulti per pochi euro (forse l’unica verità).
Per cercare di capirci noi qualcosa di più , ma soprattutto perchè ci piace che chi legge possa farsi una sua propria opinione abbiamo voluto sentire un addetto ai lavori e ascoltare dalla sua voce come si vive dall’inteno questo problema.
Il Segretario Regionale Lombardia della Ugl polizia di stato Emanuele Brignoli, che è anche un ispettore di polizia in servizio alla Questura di Milano, ci sottopone un documento della sua segreteria sul quale si legge:
“In questo periodo di polemiche conseguenti ai disordini di piazza e ai successivi provvedimenti giudiziari nei confronti di molti operatori delle Forze dell’Ordine, indagati per presunti eccessi connessi all’uso della forza, ognuno ha espresso le sue considerazioni e molti hanno indicato le “ricette” per trovare una soluzione, ma nessuno ha individuato la soluzione nel doveroso rispetto delle leggi già esistenti”.
A Brignoli poi chiediamo cosa ne pensa delle inchieste in corso e ci risponde: “Tralasciando le ovvie considerazioni sull’inopportunità di identificazione degli appartenti alle Forze dell’Ordine, che li esporrebbe a possibili ritorsioni, è da sottolineare che la responsabilità penale è personale e pertanto, anche una identificazione effettuata attraverso un’etichetta apposta sul casco dovrebbe essere comunque confermata da una identificazione effettiva dell’autore di eventuali abusi o reati. Appare pertanto superfluo dibattere su un argomento di nessuna utilità, se non quella “politica” e ideologica di alcuni benpensanti, tenuto conto che, ancora una volta, la risposta può essere individuata nell’applicazione corretta delle norme esistenti.
Appare singolare, infatti, il gran parlare di identificazione delle Forze di Polizia quando, invece, l’attenzione dovrebbe essere indirizzata sulle violazioni della norma penale e delle leggi speciali in materia di O.P., commesse sin dall’inizio di un corteo, i cui partecipanti si presentino travisati nel volto ed equipaggiati come delle vere armate ed istruiti ad arte secondo strategie di guerra.
Il solo utilizzo di caschi protettivi o travisamento nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, prevede l’arresto da uno a due anni e l’arresto facoltativo in flagranza, ai sensi dell’articolo 5 L.152/75, senza parlare del porto di oggetti atti ad offendere, l’oltraggio e la resistenza a P.U., l’oltraggio a corpo politico amministrativo o giudiziario, il danneggiamento etc etc..
Così detto molti cortei e manifestazioni dovrebbero essere sciolti già alla partenza, invece succede sistematicamente il contrario, dando così un’approvazione implicita ai comportamenti “contra legem” commessi da parte dei manifestanti e ingenerando in loro un sentimento di vittoria sulle Istituzioni.”
Il segretario Brignoli inoltre aggiunge: “Queste gravi omissioni, commesse da parte dei Dirigenti dei servizi di O.P. e indirettamente dai Questori della Repubblica, successivamente sembrano avallate dai P.M. delle varie Procure che, nonostante la commissione di reati procedibili d’ufficio, molte volte non aprono nemmeno delle indagini o le successive inchieste vengono spesso archiviate.
In tutto queste plurime violazioni della legge penale, chi paga le conseguenze è il singolo operatore di Polizia che viene colto nell’atto di sferrare una “manganellata”, ritenuta inutile ed eccessiva e per la quale “l’inflessibile” norma penale deve essere applicata con grande condanna su molti quotidiani e tv.
Addirittuta i vertici della Polizia si accapigliano per emettere immediate scuse verso chiunque avanzi pretese per presunti torti subiti, senza prima informarsi sugli accadimenti e l’effettiva commissione di atti illeciti o disciplinarmente rilevanti, vedasi i noti fatti di Padova.
Ed insieme all’indagine penale viene anche aperto il procedimento disciplinare, che vede nel 99% dei casi il poliziotto soccombere sotto il peso di pregiudizi e procedure prive del più elementare diritto di difesa.”.
Infine Brignoli conclude: “Tanto i poliziotti e i carabinieri sono abituati e anche se protestano, lo fanno ‘allineati e coperti’ nel senso che, liberi dal servizio o in ferie, si presentanto alle manifestazioni indette dalle O.S. e, in maniera disciplinata, gridano il loro dissenso senza provocare alcun disordine, ovviamente!!!
La voce dei poliziotti italiani, che non possono per legge ricorrere allo sciopero, è una voce flebile e poco incisiva, proprio perchè educata e riguardosa delle norme di legge, che non arriva alle orecchie di chi governa o di chi amministra la Giustizia. Ritengo sia arrivato il momento per tutta la categoria di ricompattarsi attorno a poche e semplici richieste di riforma, dall’introduzione del diritto di sciopero, alla riforma delle norme sulla disciplina per arrivare alla richiesta di maggior tutela, legale e di sostegno da parte delle autorità pubbliche, per coloro che, nel bene o nel male, continuano con sacrificio e magari anche commettendo qualche errore, a garantire la sicurezza di questo Paese che, spesso e volentieri, appare molto irriconoscente.”.
Cos’altro possiamo aggiungere se non l’auspicio che chi ha il potere di farlo guardi nella giusta direzione e non sia strabico come gli occhi di chi guarda gli scontri di piazza in cerca di trovare un colpevole, la dove c’è solo chi vuole servire lo stato a cui ha giurato fedeltà ed ha dato la propria vita fin dalla giovane età, ma a questo non si può certo richiedere per contratto di immolarsi.
Sebastiano Di Mauro
25 novembre 2012