Privacy e lotta al terrorismo

L’uso delle tecnologie ci porta più o meno consapevolmente a condividere quotidianamente i nostri dati, permettendo alle agenzie governative e ai colossi del web un controllo sempre più capillare sulle nostre vite.
Ma questo maggiore controllo che limita la nostra libertà è davvero necessario per combattere il terrorismo e la criminalità informatica?
La conditio sine qua non deve essere quella di non sacrificare la cornice democratica del nostro Stato.
Controllo e democrazia
«La privacy come libertà dal controllo è condizione della democrazia e del pluralismo.» Ad affermarlo è stato il Garante della Privacy, Antonello Soro, nel corso del convegno “La società sorvegliata. I nuovi confini della libertà”, che si è tenuto ieri in occasione della Giornata Europea sulla Privacy.
Soro ha spiegato che è un paradosso inserire, come vuole fare la Francia, l’emergenza in Costituzione: «questo vorrebbe dire non solo tradire la nostra stessa identità democratica ma anche fare il gioco dei terroristi, che puntano alla negazione dei principi su cui si fondano le democrazie occidentali. Non tutte le limitazioni della libertà sono davvero efficaci per renderci più sicuri».
Ha citato, quindi, come esperienza poco efficace ai fini della sicurezza quella delle Agenzie americane che puntano “alla raccolta generalizzata e indiscriminata di informazioni sulla vita di tutti i cittadini, così numerose da essere poi inutili perché ingestibili.”
Ciò che è determinante, infatti, è “il fattore umano”, la capacità di selezionare in modo critico e mirato le informazioni contenute nei BigData.
Prova ne è stata, secondo il Garante, la strage del Bataclan condotta da uomini tutt’altro che ignoti agli organi inquirenti.
L’obiettivo, dunque, non deve essere la sorveglianza senza limiti dei cittadini, ma il controllo mirato sui “bersagli” considerati realmente pericolosi.
Minniti: “Non si reagisca emotivamente al terrorismo”
Dello stesso avviso anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Marco Minniti, che ha lanciato un monito affinchè i paesi democratici non si lascino vincere dalla paura, facendo il gioco dell’ISIS, «La democrazia deve reagire con forza e la cosa peggiore è ragionare con emotività, con la sindrome della paura. Se una democrazia si snatura ha già perso».
Ha poi spiegato come il nostro Paese sia ben attrezzato con una Procura nazionale antiterrorismo, e con un centro antiterroristico, chiamato C.A.S.A., al quale siedono intelligence e forze di polizia che scambiano informazioni settimanalmente o anche più spesso se necessario.
Il quadro normativo
Il magistrato Armando Spataro, uno dei protagonista della lotta al terrorismo nel nostro paese, si dice contrario all’ approvazioni di nuove leggi che portino a maggiori controlli sui cittadini a discapito della privacy e della libertà, a suo parere «In Italia c’è un impianto normativo efficace che si è consolidato negli anni. Siamo un paese dove la polizia giudiziaria è messa nelle condizioni di operare in modo efficace». Si mostra scettico sull’unione delle banche dati a livello europeo, “Alla società del borgo dove tutti sanno tutto”.
Molto più utile la cooperazione internazionale, perché l’efficacia di un’azione è data dalla capacità di saper selezionare i dati e scambiare informazioni.
Spataro ha commentato indirettamente anche l’ipotesi che il governo affidi a Marco Carrai una consulenza per la cyber security: «E’ criticabile la scelta di affidare la sicurezza informatica in Italia a chi non viene da esperienze istituzionali».