Era l’11 marzo 2011 quando dopo un violento terremoto (di ben 9,0 gradi della scala Richter) il Giappone venne travolto da un’onda anomala che oltre a distruggere città e campi coltivati causò al morte di oltre 20mila persone e procurò il danneggiamento della centrale nucleare di Fukushima Daiichi, il più grave disastro nucleare dopo quello di Chernobyl nel 1986. Ad un anno e mezzo di distanza, dopo l’intera popolazione mondiale si è più volte interrogata, talvolta mobilitata, su quanto sia giusto utilizzare l’energia nucleare e cercare un’alternativa ad essa, arriva un interessante studio che fa pensare, ed anche venire i brividi.
Gli scienziati Joaquin Rodriguez-Vidal, Jose M. Rodriguez-Llanes e Debarati Guha Sapir, hanno difatti condotto uno studio che evidenzia come in tutto il mondo ci sono ben 23 centrali nucleari a rischio tsunami. Si tratta di 79 reattori nucleari che, nella peggiore delle ipotesi potrebbero causare danni irreparabili per numerosi ecosistemi e mettere seriamente in pericolo decine di specie viventi.
Nella ricerca, pubblicata sulla rivista di settore Natural Hazards, si evince che ben tredici delle ventitre centrali a rischio hanno ventinove reattori ancora attivi mentre altre sette sono in costruzione ed a breve dovrebbero contare sedici nuovi reattori.
Una delle aree più a rischio resta quella di Fukushima sulla quale, ricordiamo, ad oggi la situazione non è ancora sicura.
Questo è uno studio unico nel suo genere, il primo che ha messo in relazione la posizione geografica delle centrali con i pericoli naturali che potrebbero colpirle. Uno dei ricercatori, José Manuel Rodríguez-Llanes, ha dichiarato che per arrivare a queste conclusioni sono stati confrontati numerosi documenti e archivi storici, archeologici, geologici e strumentali: “Noi ci stiamo occupando della prima veduta della distribuzione globale delle centrali nucleari civili situate sulla costa ed esposte agli tsunami”.
Debarati Guha-Sapir ha invece fatto riflettere su quanto: “le conseguenze dei disastri naturali si stanno aggravando a causa della crescente interazione con le installazioni tecnologiche”.
Joaquín Rodríguez-Vidal, ha invece affermato che il luogo in cui si sta costruendo il più alto numero di reattori nucleari è in Cina, difatti vi si trovano circa ventisette dei sessantaquattro reattori in via di completamento in tutto il mondo: “Il fatto più importante è che diciannove (due dei quali a Taiwan) dei ventisette reattori sono in costruzione in aree identificate come pericolose”.
Rodríguez-Vidal ha poi dichiarato che altri paesi da tenere sottocchio sono La Corea del Sud, che sta espandendo due centrali a rischio con cinque reattori, l’India, due reattori in costruzione, e il Pakistan con un reattore in pericolo: “la posizione delle installazioni nucleari non ha implicazioni solo per i paesi che le ospitano ma anche per le aree che potrebbero essere interessate dalle fughe radioattive.
I tre ricercatori hanno infine fatto notare che dopo lo tsunami del 2004, non sono ancora state adottate misure politiche efficaci.
In Europa la situazione non è meno sicura, basti pensare alle iniziative di Greenpeace che nell’ultimo anno e mezzo hanno più volte dimostrato la scarsa sicurezza e la poca manutenzione delle centrali nucleari francesi.
Enrico Ferdinandi
20 ottobre 2012