Rapporto Ecomafia 2012: un business da 16,6 miliardi di euro
Inimmaginabile il business miliardario di affari che in Italia registrano le ecomafie: 16,6 miliardi di euro. Lo scorso anno sono stati scoperti 33.817 reati, quasi 93 al giorno, 4 ogni ora, che hanno raggiunto il 9,7% in più rispetto l’anno precedente. Le cifre continuano con 8.765 sequestri di beni effettuati, 305 arresti (+ 48,8%), 27.969 le persone denunciate. Queste sono alcune delle cifre rese note alla presentazione del rapporto Ecomafia 2012 di Legambiente, svoltasi il 3 luglio a Roma presso il Nuovo Cinema Aquila, un edificio confiscato alla mafia.
Il presidente Giorgio Napolitano, in un messaggio inviato per l’occasione a Vittorio Cogliati Dezza, Presidente di Legambiente, ha scritto: “Per contrastare le ecomafie è necessario ricorrere a nuove metodologie di accertamento, adeguare il quadro normativo e, principalmente, realizzare una incisiva azione di contrasto con la piena collaborazione di tutti i soggetti istituzionali che sono coinvolti nella tutela del territorio”.
Secondo il rapporto il 47% dei reati registrati riguarda le quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, con la Campania in testa seguita da Calabria, Sicilia e Puglia. Mantiene il quinto posto il Lazio. Per il nord il primato va alla Lombardia con 1.607 crimini, ma le ecomafie si diffondono in tutto il paese e, solo nei primi mesi del 2012, rivela l’osservatorio, i comuni sciolti per infiltrazioni mafiose al nord, sono stati di 18 , come Bordighera e Ventimiglia in provincia di Imperia o Leinì e Rivarolo in provincia di Torino. I reati sono spesso legati al ciclo illegale del cemento o dei rifiuti.
In aumento anche i furti di opere d’arte, gli incendi boschivi, il racket degli animali (+28%), si triplicano gli illeciti nel settore agroalimentare. Il cemento con 6.662 reati, e quello dei rifiuti, con 5.284, si confermano settori i clou dell’mponente business, Enrico Fontana, capo dell’Osservatorio nazionale ambiente e legalità di Legambiente, ha sottolineato: “Le case illegali vanno demolite come prevede la legge e, in attesa di vedere l’introduzione dei delitti contro l’ambiente nel codice penale, risulta urgente contrastare queste tendenze, facendo ognuno il proprio dovere”.
Per Cogliati Dezza invece esiste una vasta zona grigia e prima di passare la parola a Gaetano Pecorella, presidente della Commissione di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, ha detto:“In un tessuto connettivo in cui illegalità diffusa e illegalità organizzata si mescolano, e chiama in causa la stessa etica pubblica, le mafie del settore ecologico sono mafie ben mascherate, infiltrate in attività apparentemente legali, attraverso la forza e la disponibilità di grandi capitali”.
Lo stesso Ministro dell’Ambiente Corrado Clini, in una nota sottolinea: “Dove si è meno capaci di governare, si mettono in piedi procedure complesse e, di conseguenza, appaiono subito attraenti tutte le possibili scorciatoie”. Secondo il ministro l’illegalità è diffusa laddove vi siano “programmi troppo ambiziosi e poco realistici, che richiedono un sistema di autorizzazioni molto macchinoso”, dove vi sia un “numero molto elevato di addetti ai servizi ambientali, dove si scelga la “scappatoia dell’amministrazione straordinaria”. Mentre sempre secondo Clini “se si rispettassero le leggi esistenti, gran parte degli attuali problemi sarebbe destinata a trovare soluzione senza il ricorso, fallimentare, a gestioni straordinarie”. Poi Clini dal’indicazione di uno strumento da utilizzare contro la “gestione illegale di attività legali”: quello dei prezzi, perché “più bassi sono i prezzi, più è elevato il rischio che vi sia la presenza di un’organizzazione criminale”.
Sebastiano Di Mauro
11 luglio 2012