Un anno fa le dimissioni del Papa Teologo

Quei cardinali, entrati in concistoro l’11 febbraio dell’anno scorso, non avrebbero mai immaginato l’esito del discorso latino di Benedetto XVII: la declaratio delle proprie dimissioni secondo quanto sancisce il canone 332, paragrafo 2, del Codice di Diritto Canonico (Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti).
La giornalista Giovanna Chirri (da buon vaticanista sa che il latino per la Chiesa è una lingua viva) fu la prima a comprendere che stava accadendo qualcosa di eccezionale, di inusuale e ad annunciare ai media la notizia bomba.
L’impatto fu tale da generare un’iniziale incredulità, poi sgomento e senso di disorientato: il Pontefice romano si ritirava dal mondo. E perché? Cosa succedeva nei Sacri Palazzi? Corvi e congiure della Roma del Rinascimento?
Nell’evo moderno non era mai successo anche se Pio XII aveva scritto le dimissioni per chiuderle in un cassetto, da rendere note in caso di rapimento dei Tedeschi e fu un pensiero che balenò spesso nella mente di Paolo VI.
È vero anche che nella storia due volte millenaria della Chiesa è difficile trovare qualcosa di nuovo sotto il sole: Ratzinger non è l’unico ad abdicare e neanche il secondo dopo Piero del Morrone, Celestino, il Papa del gran rifiuto.
Ad aprire la lista dei pontefici dimissionari c’è papa Clemente (in carica dal’88 al 97 ) che rinunciò al supremo ufficio a favore di Evaristo dopo essere stato arrestato ed esiliato: non voleva che l’Urbe rimanesse senza una guida spirituale. Seguono papa Ponziano (in carica dal 230 al 235), papa Silverio (in carica dal 536 al 537), papa Benedetto IX (1032-1045), papa Gregorio XII (in carica dal 1406 al 1415).
A parte gli esempi illustri, quello di Benedetto rimane un gesto di altissimo valore che rivela lo spessore umano e spirituale di un vescovo di Roma e di un fine intellettuale non compreso fino in fondo dai suoi contemporanei.
Cristian Cavacchioli
11 febbraio 2014