Nordio: test psicoattitudinali per i futuri magistrati
Tema caldo quello che giunge oggi in Consiglio dei Ministri, in molti credevano che quell’idea nata dalla mente politica di Silvio Berlusconi, anni fa, non avrebbe mai raggiunto dignità tale da essere seriamente discussa, tuttavia, Carlo Nordioprosegue imperterrito nel suo percorso per la riforma dell’ordinamento giudiziario al punto da essere riuscito, superato lo scoglio parlamentare, a portare sul tavolo di Palazzo Chigi la proposta di inserimento di test psicoattitudinali per i magistrati in ingresso.
Il problema è che, attualmente, la proposta sembrerebbe vaga e ben poco definita e ha fatto sollevare non poche critiche da parte di politici e, in particolar modo, dall’ANM, l’associazione nazionale magistrati che, in un lungo comunicato stampa, si è espressa contraria e minaccia scioperi.
Dal no al si
Oltre ai test psicoattitudinali, le modalità di valutazione della professionalità e il collocamento fuori ruolo, questi i temi principali che si stanno discutendo in Consiglio. Ciò che lascia perplessi è proprio la posizione del Ministro della Giustizia che lo scorso novembre, alla richiesta del sottosegretario alla Presidenza Alfredo Mantovano che chiedeva l’inserimento proprio dei famigerati test, rispondeva con parere negativo.
“Incostituzionale”
«Il ministro della Giustizia ha demandato a se stesso, ad un suo decreto che non è certo fonte normativa primaria, la disciplina dei test. Stabilirà lui dunque chi meriterà di indossare la toga di magistrato e chi no! E non basta aggiungere che il decreto sarà emanato previa delibera del Csm per nascondere la contrarietà a Costituzione di questo disegno».
Così risponde la Giunta esecutiva centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati. Sembrerebbe dunque che il tentativo di modifica sia passato in sordina a causa di un fraintendimento dovuto allo scopo effettivo con cui questi test andrebbero di fatto adoperati.
«Non dunque uno strumento di preselezione per l’ammissione al concorso e riduzione della platea degli aspiranti ma, del tutto irragionevolmente, una terza prova. L’ultima prova, che impegnerà quanti avranno superato, anche brillantemente, le prove strettamente intese».
Prove che, è risaputo, sono complesse e hanno da sempre l’onere di mettere alla prova i futuri magistrati a loro volta giudicati da una commissione composta da una maggioranza di magistrati e, in parte, di professori universitari nominati dal Consiglio Superiore di Magistratura.
«Lo sconcerto è grande pari soltanto alla superficialità con cui si ritiene di poter intervenire in materie così delicate, così costituzionalmente sensibili, come l’ordinamento giudiziario». Così, infine, senza possibilità di replica, l’ANM.
La posizione del Guardasigilli
Ciò che dunque continua a non essere chiara è la posizione del Ministro Carlo Nordio che se inizialmente non sembrava propenso ai test ha poi modificato in corsa la sua posizione, attirandosi le ire degli ex-colleghi. Si perché, nel caso non lo si ricordasse, prima di intraprendere la carriera politica nel team Meloni, Nordio fu uno dei magistrati più intransigentiche si occuparono in particolar modo negli anni ’80 della frangia veneta delle Brigate Rosse, Mani Pulite, fino all’ultima grande inchiesta sul MOSE di Venezia ma è passato alla ribalta per le accuse di certo non velate sull’ormai perduta indipendenza della magistratura, confermando più volte la presenza delle cosiddette “correnti interne” e di una certa ingerenza della politica sugli incarichi dei magistrati.
La strada per la riforma dell’ordinamento giudiziario continua a disvelarsi tra fischi, plausi e cambi di rotta.