Mai smettere di interrogarsi, la figura di Giorgio Napolitano

Ci ha lasciati Giorgio Napolitano all’età di 98 anni: ecco chi era l’uomo, dietro un’ingombrante figura politica

Primi passi
Il 1944, nella vita di Giorgio Napolitano, non è stato un anno come tanti. Partiamo proprio dal clima che si respirava nel ’44 per parlare della sua figura. Immaginatevi un giovane Napolitano, al tempo 21enne, che entra a contatto con figure del calibro di Mario Palermo e Maurizio Valenzi, al fine di preparare l’arrivo di Togliatti a Napoli. Un evento che risulterà fondamentale per la mentalità politica di Napolitano, il quale aderirà al Partito Comunista Italiano giusto l’anno successivo. E pensare che, durante gli anni poco prima antecedenti ai suoi venti, era entrato a far parte del Gruppo Universitario Fascista a Napoli, tenendo una rubrica di critica teatrale nel settimanale IX Maggio. Più che di idee politiche, il GUF per Napolitano, però, aveva rappresentato un ambiente, una palestra di forte vivacità e libertà intellettuale, ma dalla quale se ne discosta non appena incontra Massimo Caprara, proprio dal 1944 (e per i vent’anni successivi) segretario personale di Palmiro Togliatti, iniziando così la sua discesa politica.

La posizione sull’Östpolitik e i rinnovamenti della politica interna
Dopo quasi vent’anni dal suo ingresso e dopo i suoi incarichi come responsabile della commissione meridionale del Comitato centrale del PCI, un primo elemento di attrito è individuabile nel periodo dei moti ungheresi del 1956: in effetti, rispetto a coloro che, in quel periodo, affermano che quella d’Ungheria fosse da considerare una legittima rivoluzione, il travaglio di Napolitano rimane (come ammesso poi nella sua autobiografia politica Dal PCI al socialismo europeo) la posizione che era necessario tenere in quel frangente. Quel “grave tormento autocritico” di cui Napolitano parla nell’opera.
Ma sono gli anni Settanta e gli Ottanta a collocare la figura di Napolitano, in uno scacchiere politico italiano in fermento, come una personalità di rilievo. Intervista sul PCI, dialogo a due voci con lo storico Eric Hobsbawm, è un fulcro letterario notevole del tempo (tradotto in oltre dieci lingue), ma la persona, prima che il politico, è ciò che ha distinto da sempre il suo carattere. Se negli anni Settanta l’impegno di Napolitano è rivolto verso l’estero, con incontri e conferenze nel Regno Unito e in Germania dove si pronuncia non solo a favore della transizione tedesca alla socialdemocrazia europea, ma contribuisce a rendere importante l’Ostpolitik brandtiana, addirittura tenendo lezioni oltreoceano, negli Stati Uniti (cosa totalmente inusuale per un politico italiano al tempo) la transizione alla socialdemocrazia, negli anni Ottanta, fa di Napolitano una delle massime figure di spicco della corrente di “destra” del PCI: i due capisaldi resteranno a lungo (potremmo quasi azzardare un “per sempre”) Giorgio Amendola e Altiero Spinelli, criticando, ad esempio, la linea dura dell’URSS pre-gorbaceviana e condannando l’invasione dell’Afghanistan.
Dal punto di vista della politica interna, Napolitano, nel 1992, guida la “legislatura di Tangentopoli” come presidente della Camera e la sua presidenza fu la prima che, veramente, pose dei problemi nel rapporto tra magistratura e politica: dalla sua battaglia per l’esibizione degli atti di bilancio di ogni partito politico al cambiare il noto modo di dire del tempo “Parlamento degli inquisiti”. Quando alcune delle richieste di autorizzazione a procedere contro Bettino Craxi furono respinte dalla Camera a voto segreto, il presidente Napolitano, in quel frangente, dispose che le deliberazioni della Camera sulle autorizzazioni a procedere fossero votate in maniera palese (mantenendo il ricorso al voto segreto solo per la sottoposizione all’arresto), innovando così la prassi parlamentare ultrasecolare e garantendo maggiore chiarezza.
Napolitano, una conclusione
E, infine, i due mandati di Presidenza della Repubblica: il primo nel 2006, con una gestione non semplice delle crisi di governo di quegli anni (Prodi II e Berlusconi IV) e poi la riconferma nel 2013, visto il successivo stallo di quelle elezioni politiche, diventando così il primo presidente nella storia della Repubblica Italiana ad essere eletto per due mandati consecutivi e rassegnando, poi, le sue dimissioni nel 2014, nel messaggio di fine anno, poiché nel 2020 (anno naturale della scadenza del secondo mandato), avrebbe avuto 95 anni.
Una figura che da anni era stata santificata, ma che, come visto, nel PCI fu spesso in disaccordo e in minoranza. Probabilmente, se lo avessero seguito di più, si avrebbe avuto prima una sinistra moderna; non anticapitalista ma atlantista. Tradotto: la vera alternativa che forse è manchevole nella sinistra odierna. E la “Seconda repubblica”, probabilmente, non sarebbe nata sul mito, a tratti eccessivamente infantile e bambinesco, dell’onestà a tutti i costi.