ll crocifisso come simbolo: dalla lotta ideologica alla convivenza culturale
Attualità
21 Settembre 2023

ll crocifisso come simbolo: dalla lotta ideologica alla convivenza culturale

Imporre il crocifisso entro i termini della pdl della deputata Bordonali rappresenta un gesto artificioso, quasi di ripicca nei confronti di tutti i non-cristiani

di Redazione

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Periodicamente torna a riempire giornali e salotti televisivi: è l’irrisolto caso dell’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici. Croce e delizia –è il caso di dirlo– del dibattito pubblico da oltre trent’anni; “croce o delizia?” ci si potrebbe domandare più sottilmente con un velo di malcelata ironia, a metà tra il laicismo e il clericalismo. Si tratta di una sintesi impietosa, quasi brutale? Certamente, ma non per questo meno vera. In fondo dal 1988, e cioè da quando il Consiglio di Stato sentenziò a favore della presenza del crocifisso nei luoghi pubblici, la querelle in questione non ha mai raggiunti vette elevate, né livelli culturalmente rilevanti, né da una parte né dall’altra. Se da un versante, quello contrario all’esposizione pubblica, i toni si sono sempre aggirati attorno all’utopica (o distopica?) convinzione che un mondo privo di simboli sia più accogliente, dall’altra parte, i paladini dei valori tradizionali hanno fatto del crocifisso –baluardo per eccellenza di inclusione e sacrificio– un vessillo da innalzare contro ogni diversità. Insomma: da una parte la distruzione, dall’altra la mistificazione. In ogni caso, ed è questo l’imperdonabile errore, in comune c’è l’atteggiamento di marcata politicizzazione rispetto a un oggetto, religioso e culturale, su cui nessun parlamento può legiferare; ciò non è dovuto a qualche mistico o divino motivo, ma più banalmente al principio antropologico per cui la cultura la fanno i popoli, non le leggi. 

In effetti, a voler essere onesti, quello del “crocifisso sì o no” è solo un tema secondario, con buona pace della deputata leghista Simona Bordonali. La questione fondamentale e in un tempo di globalizzazione selvaggia più che mai pressante è quella dell’identità culturale. Chi siamo? Da dove veniamo? Cosa è giusto fare per preservare le nostre tradizioni? Ogni bravo antropologo, almeno dai tempi di Lévi-Strauss, sa che tutti tendiamo a commettere due errori di valutazione: il primo è quello di sovrastimare l’omogeneità interna della nostra cultura; il secondo quello di sottostimare le somiglianze con le culture altrui. Insomma, entro i confini del Bel Paese non siamo poi così uguali e attraversata la frontiera colui che si incontra non è poi così diverso. Già questo basterebbe a farci comprendere che i cambiamenti culturali non sono mai repentini, mai decidibili sui tavolini di partito. Essi sono inevitabili, naturali. Ma lenti. Molto lenti.

Ma allora “crocifisso sì o no”? Crocifisso sì, ma di certo non per i motivi della Lega. Imporre il crocifisso entro i termini della pdl della deputata Bordonali rappresenta un gesto artificioso, quasi di ripicca nei confronti di tutti i non-cristiani che, per inciso, sembrano essere i meno infastiditi dalla piccola statuetta di plastica presente qua e là negli asettici edifici pubblici. Crocifisso sì, come simbolo culturale di un continente che è nato e cresciuto –e ancora si sostiene– su valori e ideali cristiani.

Che poi, a dirla tutta, un mondo neutro non risulta più accogliente per nessuno e forse la risposta più sensata è quella data dalla Corte di Cassazione con una sentenza del 2021 quando con placida saggezza ha pontificato: «l’aula può accogliere la presenza del crocifisso quando la comunità […] interessata valuti e decida in autonomia di esporlo, eventualmente accompagnandolo con i simboli di altre confessioni presenti». Includiamo tutti, senza per questo escludere il crocifisso. 

Articolo a cura di Gaetano Chiarolanza