La memoria corta della diffamazione. Fox e Dominion patteggiano

Si è concluso, senza in fondo mai raggiungere il faccia a faccia, lo scontro che vedeva protagonisti il colosso dei media Fox e Dominion Voting Systems, società produttrice delle macchine elettorali utilizzate durante le elezioni presidenziali del 2020 che hanno visto perdente Donald Trump.
Le accuse di brogli, dato il clima molto teso nel quale si era già svolta la campagna elettorale, erano state scagliate ancora prima della fine delle elezioni. La squadra legale di Trump, per mezzo della voce di Rudolph Giuliani, aveva subito affermato che c’erano prove concrete che fosse stato attuato un “piano centralizzato per brogli elettorali nelle città controllate dai dem” e che i voti erano stati anche “tre volte superiori al numero degli elettori”. Altro non poteva essere svelato al momento.
Il sostegno dell’ultradestra trumpiana non era tardato ad arrivare e, come ricordiamo, l’apice delle proteste fu raggiunto in quello che, degno di una pellicola hollywoodiana, verrà ricordato come l’assalto a Capitol Hill.

Un aspetto da tenere fortemente in considerazione è l’uso che i social media ormai hanno in campagna elettorale e come un tweet adesso rientri a pieno titolo in quella che definiamo letteratura performativa. Può un enunciato scritto su un social muovere le masse? Il 6 gennaio del 2021 ne abbiamo avuto la dimostrazione.
In tal senso il ruolo del giornalismo professionale diviene ancora più importante e la vicenda conclusa oggi ci rammenta come più in alto ci si inoltra nel mondo dell’informazione, maggiori siano le pressioni e la possibilità che a emergere non sia la verità ma una menzogna talmente grande da essere accolta con estrema naturalezza e senza spirito critico.
Fox News, colosso dell’informazione, appartenente alla vasta galassia societaria di Rupert Murdoch, già noto alle cronache per non essere uno dei migliori ambienti di lavoro degli Stati Uniti e vicino all’ambiente ultraconservatore di Trump, era stata citata in giudizio per diffamazione, ormai due anni fa, da Dominion Voting Systems, società che produce e vende software e hardware per il voto. Ricordiamo che in America il voto può essere espresso elettronicamente con l’ausilio di macchine che sostituiscono le nostre urne, è previsto anche il voto per posta, ulteriore cardine delle proteste del fronte conservatore.

Il giudice Eric Davis non si è dovuto impegnare molto e alla vigilia del processo ha comunicato ai membri della giuria che le parti si erano – finalmente – accordate. Il grande sconfitto di questa vicenda resta di certo Fox, nelle ultime settimane erano trapelate infatti intercettazioni e indiscrezioni che rivelavano come anche ai piani dirigenziali non si credeva in quell’accusa infondata e che tutto era una evidente ingerenza politica. Inoltre, i giornalisti che avevano cercato di opporsi alla diffusione di tali notizie solo per nutrire il golem dell’audience, erano andati incontro a provvedimenti disciplinari. Il prezzo pattuito per dimenticare è fissato in 787,5 milioni di dollari, cifre come sempre esorbitanti quando ci si scontra a questi livelli, senza dimenticare Wall Street che ha visto Fox chiudere in negativo. L’immagine di uno dei pilastri dell’informazione americana ne esce insozzata e relativamente impoverita, il giornalismo professionistico ferito e offeso.