Regionali 2023. Lazio e Lombardia al centrodestra, astensionismo da record

Domenica scorsa e ieri, nel Lazio e in Lombardia, regioni che, dal punto di vista politico ed economico, hanno avuto e ad oggi hanno ancora un’importante valenza simbolica, gli elettori sono stati chiamati alle urne per esprimere, a distanza di cinque anni, il voto per la presidenza delle rispettive regioni. Una chiamata non molto sentita visto il dato d’affluenza che è andato contro ogni peggiore pronostico. La Lombardia si riconferma a destra, senza alcun cambio sostanziale; il Lazio viene strappato via dalle mani del centrosinistra e torna dopo ben dieci anni – era il 2013 con Renata Polverini de Il Popolo delle Libertà – in mano alla destra.

Vittoria schiacciante del centrodestra (e di FdI)
Poco meraviglia la vittoria di Attilio Fontana che si riconferma governatore lombardo con il 54,67% delle preferenze, già favorevolmente quotato contro il candidato dem Pierfrancesco Majorino che si è fermato a uno scarso 33,93%. Diversamente, lascia riflettere la vittoria di Francesco Rocca (FdI) nel Lazio. Con oltre il 53%, il candidato del centrodestra ha fatto incetta di voti staccando di molto l’avversario dem Alessio D’Amato che, evidentemente, non è stato premiato per l’operato svolto da alfiere nella lotta al Covid in qualità di assessore della sanità laziale. Termina, dunque, dopo dieci anni, il controllo della regione che avevamo ormai familiarizzato a vedere in mano a Nicola Zingaretti. Non è mancato il commento della premier Giorgia Meloni che si è congratulata con i vincitori, non mancando di sottolineare l’importanza dei due governatorati sullo scacchiere italico.

Il flop del M5S
Sempre più evidente risulta il lento declino del Movimento 5 Stelle che da principio aveva sempre avuto un notevole influsso sul Lazio, difatti, non raggiunge neanche l’11% Donatella Bianchi candidata dei pentastellati. Pecorilli e Rinaldi, di una Sinistra che si ostina a costituirsi ma che in fondo non esiste più, raggiungono rispettivamente l’1 e lo 0,9%.
In Lombardia, il M5S appoggiava Majorino ma non è riuscito a portare al candidato PD neanche il 4%. Una menzione speciale spetta a Letizia Moratti che con il Terzo Polo raggiunge il 9,87%, questa volta lo storico cognome non è bastato, suggerendo una cesura con quel mondo industriale che prima era traino politico. Solo l’1,53 % per Mara Ghidorzi di Unione Popolare.

Il dato storico dell’astensionismo
Se Giorgia Meloni compostamente festeggia, è più caustico Stefano Bonaccini, candidato alla guida del PD, che sposta l’attenzione sul dato dell’astensionismo definendo quella della destra una «vittoria dimezzata».
Già dalla serata di domenica si era compreso che anche stavolta l’astensionismo l’avrebbe fatta da padrona ma di certo non ci si aspettava un dato così negativo. Prima dei numeri diamo un’idea; nel Lazio ha votato 1 elettore su 3, dato più basso mai registrato. Rispetto alle precedenti regionali la Lombardia è passata dal 73,81 % del 2018 al 41,6 di questa tornata. Il Lazio quasi dimezza il dato con un’affluenza che passa dal 69,84 % al 37,20%. Ad aggravare infine il quadro c’è proprio la capitale che, in ottica regionale, si situa all’ultimo posto per affluenza tra le province laziali. Nella storia della Repubblica Italiana non si aveva mai avuto un dato così funesto. A crescere, per il momento, è solo il disinteresse verso la politica nostrana.