Con la morte di Eugenio Scalfari il giornalismo perde un pezzo della sua storia

#grazieditutto l’hashtag scelto da uno dei “suoi” giornalisti de la Repubblica, Aldo Fontanarosa, per accompagnare su Facebook una bella foto di Eugenio Scalfari, scomparso questa mattina all’età di 98 anni. Per tanti giornalisti è stato infatti un Maestro. Maestro di un certo, innovativo, modo di esercitare quella che è stata definita la professione più bella del mondo. Una vita professionale lunga e di successo la sua, segnata soprattutto dalla paternità de L’Espresso e de la Repubblica. In Senato, stamattina, un minuto di silenzio e il ricordo della Presidente, Elisabetta Casellati. Domani in Campidoglio la camera ardente, aperta nella Sala della Protomoteca dalle 16,00 alle 19,00. Sempre qui il giorno dopo, sabato, la cerimonia di commemorazione, come si legge in un annuncio sul sito web del quotidiano la Repubblica, che regala uno speciale al “giornalista-patriarca” e all’”intellettuale amato dal popolo”.
Grato anche il saluto del “suo” L’Espresso, con un tweet: “Ciao Eugenio. Grazie per quello che ci hai dato. Proseguiremo nel solco dei tuoi insegnamenti e delle tue idee, tenendo alta la bandiera del tuo giornalismo“. Riproposto online anche il primo editoriale di Scalfari da direttore, dove descriveva come obiettivo della testata “non soltanto l’affermare la possibilità ed anzi la necessità d’una politica diversa da quella tradizionale, ma al di là d’un programma politico il tentativo di comprendere la realtà rivelandone obiettivamente tutti gli aspetti, fossero essi piacevoli o spiacevoli, edificanti o miserabili“.
La storia di Scalfari
Nato a Civitavecchia, ha trascorso la giovinezza a Sanremo e la sua prima collaborazione prestigiosa arriva con la rivista “Il Mondo” di Mario Pannunzio e poi con “L’Europeo” di Arrigo Benedetti, con il quale fonderà nel 1955 il primo settimanale italiano d’inchiesta, “L’Espresso”, dove ricoprirà il doppio ruolo di direttore amministrativo e di collaboratore nella redazione economica. Inizierà a dirigerlo nel 1962, incarnando una figura nuova nel panorama dell’editoria giornalistica italiana, quella del direttore-manager. Che è quello che ha fatto per quasi tutta la vita, solo negli ultimi anni avviandosi alla scrittura tout court, con una autobiografia, raggiunti i novanta anni, con il romanzo “Il Labirinto” e poi con altre pubblicazioni: “L’uomo che credeva in Dio”, “Per l’alto mare aperto”, “Scuote l’anima mia Eros”, “La passione dell’etica”, “L’amore, la sfida, il destino”, ”Il Dio unico e la società moderna. Incontri con Papa Francesco e il Cardinale Carlo Maria Martini”. Ad un certo punto della sua vita, infatti, diversi gli incontri col Pontefice. A partire da un primo scambio epistolare con Papa Francesco sulla dicotomia fede-laicità confluito poi in conversazioni telefoniche e poi negli incontri personali. Nel merito di quanto emerso dai loro dialoghi sui grandi temi della teologia e della società, non mancarono polemiche e critiche, ma forse in quegli incontri e in quelle conversazioni a prevalere è stata l’informalità di un’amicizia che Scalfari non ha mai negato essergli “rimasta nel cuore”. Un’amicizia confermata dallo stesso Papa Francesco. Dal Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, infatti, questo testo di cordoglio del Pontefice, “che ha appreso con dolore della scomparsa del suo amico, Eugenio Scalfari. Conserva con affetto la memoria degli incontri – e delle dense conversazioni sulle domande ultime dell’uomo – avute con lui nel corso degli anni e affida nella preghiera la sua anima al Signore, perché lo accolga e consoli quanti gli erano vicini“. Si è sempre professato ateo, Scalfari, ma anche nei suoi libri ha indagato il rapporto fede e regione e i confini tra sacro e laico, tensione e aspirazioni e la nuda e cruda realtà.
Un giornalista che ha saputo innovare
La giornalista Elisabetta Stefanelli ne ricorda sull’Ansa il nomignolo di “Barbapapà”, per quella barba, appunto, tratto costante e distintivo del suo personaggio accanto a quelli dell’intelligenza, dell’ambizione e dell’autorevolezza. Scalfari è stato prima di tutto un giornalista, ma un giornalista che ha saputo innovare la professione nel nostro Paese, poi ha seguito il proprio interesse per la filosofia che lo ha portato anche ad alzare lo sguardo dal reale e a porsi e porre ben altri interrogativi. Sulle sue due “creature”, si può dire che il percorso de L’Espresso che porta la sua forte impronta, diretto fino al 1968, è un percorso dirompente e coraggioso tradottosi in inchieste, battaglie civili, finestre su scandali importanti, scontri con la politica, che non gli precluderanno però la possibilità di un’esperienza da parlamentare, durata una sola legislatura, in un anno caldo come quello del ’68., senza disertare mai l’atteso appuntamento dei lettori con i suoi editoriali della domenica. Il quotidiano la Repubblica nasceva invece dalla volontà di creare un giornale d’élite e di massa ad un tempo e il timone qui è saldamente nelle mani di Scalfari. Che porta la testata dopo solo dodici mesi dalla sua fondazione a vendere 70mila copie, fino alle oltre 500mila copie negli anni Ottanta. Ne lascia la guida ad Ezio Mauro negli anni ’90, con un congedo commovente, per i suoi redattori, per i suoi lettori, “Vi lascio il rosmarino per i ricordi, le viole per i pensieri”. È il 3 maggio del 1996. Sono passati oltre venti anni e non finisce qui. Continua come editorialista, per mettersi alla prova, una volta di più, in un non-ruolo all’interno di quello che era il “suo” giornale.
Le reazioni della politica
Unanime la tristezza per la perdita di questa figura, seppure in molti momenti della vita sociale e politica italiana molto controversa, e si susseguono in queste ore tantissimi messaggi di cordoglio. A partire dalla casa dei giornalisti italiani, la FNSI, con il suo segretario generale, Raffaele Lorusso, che ne parla come di “un rivoluzionario che ha cambiato il corso del giornalismo italiano aprendo la strada un giornalismo militante animato da passione civile e spirito riformista e a un modello di informazione che è diventata un punto di riferimento per larga parte dell’opinione pubblica italiana“. In una giornata difficile per il Governo, arriva anche il messaggio del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha espresso dolore per la scomparsa di un “testimone appassionato della storia repubblicana, punto di riferimento coinvolgente per generazioni di giornalisti, intellettuali, politici e lettori”. Il Presidente ne ricorda anche l’impegno per un rinnovamento etico della vita pubblica come pure l’ultima sua deriva di intellettuale interessato ai grandi e più alti temi dell’esistenza. A voler significare la versatilità e poliedricità del professionista e dell’uomo. “Mancherà la sua amicizia” al Presidente del Consiglio, Mario Draghi, che nelle sue condoglianze alla famiglia e ai colleghi, parla di “vuoto incolmabile, nella vita pubblica del nostro Paese, assoluto protagonista della storia del giornalismo nell’Italia del dopoguerra. La chiarezza della sua prosa, la profondità delle sue analisi, il coraggio delle sue idee hanno accompagnato gli italiani per oltre settant’anni e hanno reso i suoi editoriali una lettura fondamentale per chiunque volesse comprendere la politica, l’economia”. “Grande protagonista del giornalismo italiano degli ultimi decenni” per il leader della Lega Matteo Salvini, mentre Il ministro della Cultura, Dario Franceschini, lo cita come “esempio di giornalismo civile e profondo intellettuale che ha segnato con la sua opera la storia dell’Italia repubblicana”. A Romano Prodi preme invece sottolineare il segno indelebile nell’editoria lasciato da Scalfari, innovatore, capace di trovare nuove formule di comunicazione, prima con l’Espresso e poi con La Repubblica, eccezionale interprete della vita del Paese, autentico Maestro per tanti giornalisti. Dalla Rai il ricordo della presidente Marinella Soldi e dell’AD Carlo Fuortes e il rammarico per la perdita di quello che hanno definito come “il caposcuola del giornalismo critico”.
Impossibile dare conto di tutte le numerosissime attestazioni di rispetto, stima e rimpianto per la scomparsa di questa grande figura del nostro giornalismo. Il Sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, lo definisce su Twitter “un gigante” nel suo lavoro di intellettuale “al servizio dell’informazione, della cultura, dell’impegno civile e politico”, e ha promesso che “#Roma lo ricorderà come merita”. Roma ha tanti problemi, ma è indubbiamente capace come poche, lo racconta la sua storia, di tributare grandi onori.
Ciao Direttore, #grazieditutto.