Alpi e avventura: non cosi’ lontano

La prima serata di alpinismo reale viene affidata ad Hervè Barmasse, valdostano, guida alpina di quarta generazione: lo erano il padre, il nonno e il bisnonno. Un Auditorium Santa Chiara lo accoglie gremito all’inverosimile. Molti giovani arrampicatori rimangono fuori, senza biglietto. Negli anni passati è stato protagonista di numerose avventure in Himalaya e Patagonia, ma è sulle Alpi che si sviluppano i suoi recenti successi. Nel 2011 inventa un progetto speciale: tre vie nuove, una sul Monte Bianco, una sul Monte Rosa e l’ultima, in solitaria, sul Cervino. Non accadeva da tempo che qualcuno compisse un’impresa di così alto valore alpinistico.
“Ce l’avevo nel sangue, era certo che sarei diventato un alpinista e una guida! -simpatico e umile, sorride nel ricordare i primi anni e i ricordi delle scalate del padre e del nonno- Oggi c’è bisogno di riscoprire un po’ di cose diverse: la professione di guida di cento anno fa non è la stessa di oggi. Non è stata solo l’evoluzione dei materiali a cambiare le cose: niente più corde di canapa o stare sempre col Gps in mano a twittare… ma rischiamo di rovinarci l’avventura con troppa tecnologia. La prima cosa, la più importante, è sempre la conoscenza della montagna. Occorre guardare con occhi diversi anche quello che abbiamo sulla porta di casa. Ho pensato a questo progetto e ho voluto coinvolgere anche i miei amici baschi Iker ed Eneko Pou, per cercare di riscoprire emozioni autentiche anche sulle pareti dell’alpinismo classico, per esempio il senso di gruppo, di cordata. L’alpinismo delle origini è avventura pura, rischio, pericolo, imprevisti. Si può sbagliare nel sottovalutare i rischi oggettivi o nel sopravvalutare se stessi”. È forte il ragazzo, ha già imparato a limitare i mezzi a favore dell’avventura, in puro stile Bonatti.
Valentina Musmeci
1 maggio 2012