Il Re Pastore di Mozart al Teatro Nazione di Roma.

Mozart compose Il re pastore a soli 19 anni, nel 1775. Si potrebbe pensare che fosse uno dei suoi primi passi verso l’opera lirica, ma in realtà si narra che avesse già alle spalle sette titoli di opere varie, tra cui Mitridate e Lucio Silla. Il re pastore era quella che si definiva, al contrario delle altre, una vera e propria serenata: un’opera sicuramente più breve e con scene più ridotte. La sua rappresentazione, una volta al teatro, aveva qualcosa di aristocratico, un’occasione di eventi che diventano privati. In questo caso, viene svolta nella residenza del principe arcivescovo di Salisburgo per festeggiare l’arrivo dell’arciduca Massimiliano d’Asburgo.
È una serenata il libretto di Metastasio, originariamente chiamato “dramma per musica” e in tre atti, che col tempo viene ridotto in due. Si legge in quei versi e si può ammirare la fluida eleganza, di cui però resta esile la vicenda, che poteva essere forse più vicina alla sensibilità di quel tempo, ma lontanissima dalla nostra. È qui che entra in campo Mozart, che riesce a rendere vivi i protagonisti e vi scopre sentimenti, affetti delicati ma anche passionali. Quando il libretto non offre altri appigli, lui continua a scrivere. E cos’altro può scrivere Mozart se non una musica splendida? Bisogna resistere alla tentazione di confrontare questa serenata del diciannovenne con le sue ultime opere.
Mozart inventa una bellissima transizione in cui emerge il timbro degli oboe e dei corni, collegati ad atmosfere bucoliche. In seguito, ci saranno momenti in cui già si intravede un Mozart del futuro, che ricorda la Regina della notte, non per le parti vocali quanto per la sua vertiginosità. Scoprire un’opera di Mozart semisconosciuta è un’occasione da non perdere. Il Teatro dell’Opera l’ha portata sul palcoscenico secondario, ovvero quello nazionale, che senza dubbio è più adatto per le dimensioni e per l’acustica. Lo spettacolo di Manlio Benzi è stato molto attento alla scelta dei tempi naturali ed equilibrati del dosaggio dei volumi all’interno dell’orchestra e tra le voci. I toni sono espressivi, sensibili e delicati.
La musica è semplice, ma come ogni cosa semplice, estremamente complessa nella sua origine. L’orchestra, composta quasi interamente da giovani con un contratto temporaneo, perché l’orchestra del teatro era impegnata in altre opere e concerti, ha seguito la sua bacchetta con precisione e magia. Ideale anche la compagnia del canto, composta da tre soprani e due tenori. Miriam Albano, che non ha avuto nessuna difficoltà con la tessitura e in più con la voce leggermente più scura e più calda di quella di un soprano, era in perfetta consonanza col carattere schivo e riservato di questo pastore che si scopre il re. Cala spesso in sala un silenzio assoluto, soprattutto durante le parole del canto. Citiamo la frase “L’amerò costantemente, l’amerò e sarò costante”. Le scene sono perfettamente adattate alla musica e sono a cura di Gregorio Zurla. Raffigurano una deliziosa collinetta coperta da un verde tappeto erboso, sormontata da un grande albero, e da lì si disperde la campagna per la reggia. Tutto questo viene smontato e sostituito da una sala reggia, che a sua volta diventerà preziosa col suo trono, e riscomparirà mentre ricomparirà il paesaggio bucolico dell’inizio.
La sala era completamente piena e il successo è stato caloroso e va equamente ripartito tra Mozart, i suoi interpreti, la regia e la splendida location. Quest’opera potrà essere rivista sicuramente su Rai Play oltre che andare ancora in scena fino al 23 Maggio, altrimenti è possibile farne la sua conoscenza semplicemente a scopo letterario cercandone.
In fondo un pastore che diventa Re è sempre una bella storia.