Un ago magnetico rivoluziona la navigazione: la bussola

L’invenzione della bussola ha rivoluzionato il concetto stesso della navigazione. Ciò che prima era affidato alla ricerca ed all’osservazione di punti di riferimento stabili, ora veniva offerto da uno strumento che individuava i punti cardinali e permetteva così un orientamento ed una navigazione dalle sorprendenti possibilità, oltre che più sicura.
Ma quale è l’origine di questo ago calamitato che allineandosi lungo le linee di forza del campo magnetico terrestre indica la direzione nord-sud?
Le prime informazioni scritte riguardanti l’impiego della bussola per la navigazione sono databili tra il 1100 d.C. in Cina, 1187 d.C. in Europa, il 1200 d.C. nel mondo arabo, e il 1250 d.C. in Scandinavia.
La sua invenzione sembra però attribuibile al cinesi, scopritori del campo magnetico terrestre. Una scoperta però che inizialmente aveva più la connotazione di spettacolo d’attrazione che scientifica; le lancette magnetizzate servivano infatti per suscitare lo stupore nello spettatore, che incantato guardava questi pezzi di metallo che venivano lanciati nel vuoto per poi ricadere rivolti sempre verso Nord.
Ci volle del tempo prima che si prese coscienza delle potenzialità di utilizzo di questa scoperta, che in modo semplice permetteva di individuare la posizione del Nord, e di conseguenza da qui passare all’identificazione degli altri punti cardinali rispetto all’osservatore rivolto verso il Nord.
L’attribuzione di questa paternità alla Cina deriva anche da alcune leggende nelle quali si descrive l’utilizzo di un «carro indicatore del Sud», nel quale il punto cardinale veniva individuato da una figura di legno dalle sembianze umane capace di ruotare intorno al proprio asse che teneva il braccio alzato e proteso costantemente verso Sud. Non si sa se fosse solamente un congegno meccanico o il precursore della bussola, ma grazie a questa leggenda si racconta che in torno al 2600 a.C. l’imperatore Hoang-Ti vinse una battaglia contro il principe Tchi-Yeou proprio grazie al See-nan, nome del carro indicante il Sud, che gli permise di individuare la via di fuga del nemico, nonostante la presenza di molto fumo ad oscurare la visibilità.
Un’altra ipotesi è che l’invenzione della bussola fosse da attribuire agli arabi, di cui si ha una prima testimonianza scritta nel manoscritto «Tesoro dei mercanti», nel quale si parla di una rudimentale bussola rappresentata da un ago magnetico fissato ad un supporto di legno fluttuante in un vaso d’acqua riparato dal vento, nel quale si immergeva una pietra magnetica facendola ruotare intorno all’ago; una volta tolta si poteva vedere l’ago rivolgere le proprie estremità in direzione nord-sud.
L’uso dell’ago magnetico presso gli arabi viene descritto da Bailacel al-Kabiaki nel 1282; in questo manoscritto è interessante notare come in arabo esso sia designato come «el bossola», termine di derivazione italiana, sollevando così dubbi su una effettiva scoperta da parte degli arabi. Bailacel al-Kabiaki racconta di un viaggio da Tripoli di Siria ad Alessandria avvenuto nel 1242, descrivendo dettagliatamente l’uso dello strumento: «(…) i capitani allorché l’aria è oscura, così che non possono scorgere alcuna stella per dirigersi secondo i quattro punti cardinali, prendono un vaso colmo d’acqua e lo mettono al coperto dal vento, pigliano poi un ago fissato a una cannuccia in modo che galleggi e lo gettano nel vaso; in seguito, presa una pietra magnetica grande da riempire il palmo della mano, l’accostano alla superficie dell’acqua, dando un movimento di rotazione alla mano, in guisa che l’ago giri a galla e poscia ritirano la mano all’improvviso e l’ago con le sue punte fa fronte al Nord e al Sud».
Anche l’Europa dà il suo contributo con le due testimonianze scritte da Alexander Neckam, il «De Utensilibus» e il «De Naturis Rerum», nelle quali, rispettivamente, si parla dell’uso dell’ago magnetico da parte dei marinai per indicare il Nord nell’orientamento in assenza del sole o a cielo notturno coperto, e della descrizione di una bussola rudimentale fatta con un ago ruotante su perno.
Leggende e realtà si mescolano e confondono alla ricerca di un origine che forse non è possibile rintracciare. Difficile stabilire se l’uso fu trasmesso da un popolo all’altro o se la scoperta della bussola fu condotta separatamente, risultato di azioni indipendenti e non sovrapponibili. Accontentiamoci di sapere che come italiani ci siamo distinti nel suo iniziale utilizzo. Infatti furono gli Amalfitani, ala fine del XXIII secolo, ad essere i primi in Europa ad utilizzare la bussola nei loro molteplici viaggi commerciali in Siria ed Egitto. Questo strumento era ancora molto grezzo ed impreciso ma iniziava a mettere in pratica le proprietà direttive del magnete. Fu soltanto verso la metà del XIV secolo che gli Amalfitani resero la bussola un vero e proprio strumento per scopi nautici, attraverso l’opera di Flavio Gioia, marinaio di Amalfi a metà strada tra leggenda e realtà. Certamente le Repubbliche Marinare furono uno sprone per l’ampliamento delle conoscenze scientifiche, nonché della loro applicazione e realizzazione in ambito nautico.
All’inizio l’ago magnetizzato veniva usato sporadicamente, quando cioè non era possibile orientarsi con gli astri. Presentava infatti non poche difficoltà, oltre ad una connaturata diffidenza dei marinai per la novità, richiedendo un’operazione di magnetizzazione temporanea e un una affidabilità limitata a causa del campo magnetico dovuto ai ferri di bordo,di cui non si conoscevano ancor bene gli effetti.
La bussola moderna come siamo abituati a vederla vedrà la luce quando l’ago magnetico viene fissato su una punta o perno, libero di ruotare su un piano orizzontale con un cerchio graduato da 0 a 360°. Ci volle un secolo prima che, verso la metà del 1200, l’ago galleggiante fosse sostituito da un ago mobile, collocato, per essere protetto da vento e pioggia, in una cassetta in legno di bosso chiamata bossolo, da cui il nome «bussola», modello rimasto immutato come caratteristiche tecniche fino agli inizi del XX secolo, quando si passò all’attuale bussola a liquido. L’uso dell’ago imperniato viene riportato da Ugo De Bercy in uno scritto del 1248, e da Pietro Peregrino nella «Epistula de magnete» del 1269, breve trattato sulla bussola. In seguito l’ago venne sovrapposto su una rosa dei venti; le prime rose dei venti erano divise in quarte, in seguito in ottave e poi in dodicesime, divenendo un vero e proprio elemento artistico. La tradizione marinara vede indicare il Nord con il simbolo del giglio stilizzato, simbolo della casa d’Angiò e della città d’Amalfi, che di fatto è l’evoluzione grafica della lettera «T» di Tramontana, cioè il nome dato dagli Amalfitani al vento proveniente dai monti posti dietro la città.
Anche se i sistemi di navigazione satellitare come il GPS (Global positioning system) hanno progressivamente ridotto l’utilizzo della bussola, è indubbio che la storia di questo strumento rimane per sempre legata indissolubilmente alla storia dell’uomo e della sua conquista del mondo.