‘Ragazzi di vita’: torna all’Argentina lo spettacolo più premiato dell’anno!
Squadra che vince non si cambia. Sarà stato questo il credo che ha spinto Antonio Calbi, direttore artistico del Teatro di Roma, a riportare Ragazzi di vita all’Argentina.
Una scelta che, a giudicare dalla prima andata in scena ieri sera, sicuramente ripagherà. «Un amore così grande» – per usare un ritornello di Claudio Villa – è quello che unisce Roma a Pier Paolo Pasolini. Un legame, quello tra il poeta di Casarsa e l’Urbe, che si respira passeggiando tra i vicoli dei rioni e che si avverte tutt’ora in quei lotti di periferia, dal Pigneto a Pietralata. Era una borgata diversa quella raccontata da Ragazzi di vita e Una vita violenta: era una periferia anzitutto umana, un locus tutt’altro che amoenus, da cui si poteva evadere soltanto morendo.
Un topos, quello della morte, che ritornerà anche nei successivi lavori cinematografici, ideati da Pasolini da lì a pochi anni, e che la riscrittura drammaturgica di Emanuele Trevi non rinuncia a porre in primissimo piano.
E così, alcuni episodi come Morte di Amerigo diventano uno snodo cruciale per l’evoluzione di una narrazione che è sì fedele alla sinossi del romanzo, ma che non cade mai nel tranello della rappresentazione lineare, della riproduzione a specchio.
Anzi, la regia di Massimo Popolizio (vincitore del Premio Ubu, del Premio della Critica e del Premio Le Maschere) si caratterizza proprio per l’uso di una scenografia che naturalistica non lo è nemmeno lontanamente. La sua essenzialità sta invece ad evocare uno spectrum – esattamente nella concezione che ne dava Roland Barthes -, un rimando ad un immaginario sottoproletario, ad una Roma bruciata dal sole, allo squallore del Ferrobedò.
La borgata quindi interagisce, diventa teatro (nel teatro) della concezione stessa che Pasolini aveva dato al suo, di teatro. Potrebbe sembrare singolare quindi pensare al fatto che, nonostante la drammaturgia pasoliniana sia abbastanza vasta (Affabulazione, Orgia, Calderón, su tutti), è proprio la riscrittura di un suo romanzo ciò che più si avvicina al così detto Teatro di Parola.
In particolare, ciò che riemerge rispetto a quel Manifesto per un nuovo teatro, pubblicato nel 1968, è un profondo materialismo ed un inscindibile legame col verbo. Una parola che necessariamente diventa politica quando, attraverso la mediazione di un raisonneur, rimarca la plateale ed inevitabile distanza tra la penna di chi scriveva e quella borgata fatta di Accattoni e Commari Secche.
Una distanza forse abissale, irriconciliabile, letale. Di cui però oggi rimane una riconoscenza eterna!
Teatro di Roma presenta
Ragazzi di vita
dal 21 dicembre al 7 gennaio 2018
di Pier Paolo Pasolini
drammaturgia Emanuele Trevi
regia Massimo Popolizio
con Lino Guanciale
e Sonia Barbadoro, Giampiero Cicciò, Roberta Crivelli, Flavio Francucci
Francesco Giordano,Lorenzo Grilli, Michele Lisi, Pietro Masotti, Paolo Minnielli
Alberto Onofrietti, Lorenzo Parrotto, Cristina Pelliccia, Silvia Pernarella
Elena Polic Greco, Francesco Santagada, Stefano Scialanga, Josafat Vagni, Andrea Volpetti