I lacci come collante della famiglia
Parlare di famiglia? Questione davvero, davvero delicata. Come si fa a definire un nucleo così personale, così diverso ognuno dall’altro a seconda dei soggetti che lo compongono? Forse è impossibile stabilire un discorso generale, ma in realtà una cosa che accomuna tutte le famiglie è la loro meravigliosa imperfezione.
Ce lo hanno detto, lo abbiamo visto e crescendo ognuno di noi si rende conto che la famiglia del Mulino Bianco non esiste, ma nemmeno dipinta e neanche nella pubblicità (tanto più che l’hanno cambiata recentemente), ma da lì a credere che tutte le famiglie siano infelici è ugualmente sbagliato. La mamma e il papà, il marito e la moglie, due persone e il loro cane, il marito e il marito, la moglie e la moglie: ciascuno di questi nuclei trova la sua dimensione di felicità, di vita condivisa, di unione basata sui propri sentimenti.
Però che cosa succede se quella dimensione si infrange e si rompe in mille pezzi? Eccolo lì, dietro l’angolo, che si aggira minaccioso e spesso colpisce: il tradimento. Quando lo si vede rappresentato al cinema o raccontato in un libro, si riesce (forse) a mantenere un certo distacco dalla vita reale e a credere che tanto è solo finzione, è meta realtà, non esiste davvero.
Il teatro al contrario ha la capacità di dipingerti davanti agli occhi una situazione ugualmente finta, ma tu la stai quasi toccando con mano ed è allora lì, in quel momento, durante quello spettacolo, che arriva la luce: quello che stai vedendo è lì, lo puoi sentire, lo puoi osservare e sei tu che sei seduto in quella comoda poltrona, sei tu il protagonista della storia.
Dal 14 al 26 novembre 2017 va in scena al Teatro Carignano di Torino lo spettacolo “I lacci”, tratto dall’omonimo romanzo di Domenico Starnone, diretto da Armando Pugliese e interpretato da Silvio Orlando e Vanessa Scalera. Una commedia amara, molto amara, che parla di matrimonio, di tradimento (ovviamente!) e di come due persone cerchino di ricostruire quello che è andato perduto, non riuscendoci del tutto. Da parte abbiamo Aldo, il marito che dopo undici anni di matrimonio prende la classica sbandata per una ragazzina (che poi, sono proprio sempre colpi di fulmine passeggeri?) e che abbandona definitivamente moglie e figli: non ne vuole più sapere, non ne sa più nulla, fino a quando di colpo decide di voler rivedere i propri figli (notare bene: i figli, non la moglie) e di lì tutto sempre ritornare nei ranghi.
Dall’altra parte c’è Vanda, la donna tradita, la femmina abbandonata, sulle cui spalle ricade tutto: la gestione di un bambino e di una bambina ancora piccoli a cui deve spiegare o tentare di spiegare perché il loro papà non li vuole più, la gestione della casa e le spese legate alla vita in uno spazio ormai troppo grande che non le appartiene più, che non sente più suo.
Passano gli anni, Vanda e Aldo ritornano insieme e i loro due pargoli diventano adulti, ognuno con la sua vita e le sue criticità: ma quanto quei quattro anni di separazione dei genitori hanno influito sulle loro decisioni future? Cosa succede davvero in una famiglia che subisce un tale stravolgimento “momentaneo”? Davvero poi tutto si rimette a posto?
Una storia ricca di riflessioni, di momenti in cui si sorride (anche se solo con un angolo della bocca) e che non ha la pretesa di svelare chissà quale segreto per avere una famiglia sempre felice, ma che dipinge forse un quadro non così distante dalla realtà che ognuno di noi vive ogni giorno.
Rebecca Cauda