Filumena Mar tu ra no
Di donne ce ne sono tante, una marea, un lago grande popolato dai soggetti femminili più particolari, ognuna con le sue attitudini, le sue particolarità, il proprio carattere.
In questi giorni si discute ampiamente e tristemente della mancanza di rispetto per il corpo e la fisicità delle donne, per non parlare poi di chi deliberatamente decide di abusarne a suo completo piacimento, che di fronte ad un rifiuto non si tira indietro, ma al contrario sfodera la violenza e l’enorme ignoranza della sua persona.
Non spetta però a me fare questa lunga discussione, la faccio nella mia testolina e lì rimane (poi… si vedrà). Quello che è certo, è il fatto che nello scenario storico/politico/culturale/letterario/teatrale ci sono stati personaggi femminili non solo degni di nota, ma anche di ammirazione e di incredibile talento.
La donna di cui vi parlo oggi è personaggio di fantasia quanto carne ed ossa: Filumena Marturano. Scandire le sillabe di questo cognome non è un errore di scrittura da parte mia, non si tratta di uno spelling un po’ ante litteram, ma l’intento è proprio quello di voler sottolineare come fa lo stesso personaggio, il suo nome e il suo cognome da celibe.
Eduardo De Filippo è riuscito a creare ormai da decenni, una storia e una donna che riesce ad essere carne, spirito, coraggio, determinazione ed infine un misto di malinconia e dolcezza. Completa? No, perché non è perfetta, non sarebbe reale, nessuno ci potrebbe credere: la si può vedere all’inizio dello spettacolo, che appare sulla scena in camicia da notte, con le pantofole ai piedi, i capelli in massa tutti arruffati e un cipiglio severo quanto determinato. Braccia conserte, la bella Filumena fissa incarognita il marito Domenica Soriano, che si trova dall’altra parte del palco, come se tra i due non stesse per partire una litigata furente, bensì un duello di pugilato.
Chi potrebbe mai vincere? Niente e nessuno può sovrastare Filumena Mar tu ra no (come dice lei, percuotendosi il petto vigorosamente tanto da farsi arrossare la scollatura della camicia da notte), donna tutta d’un pezzo, che ha fatto le sue scelte (più o meno discutibili), ma che porterà avanti e fino alla fine, quando anche quella lacrima che il marito le rimprovera di non versare mai, le solcherà il viso.
Uno spettacolo di circa due ore che ormai presenta i suoi anni, ma che riesce ad incantare senza bisogno di un intervallo di 5 minuti, perché lo si conosce quasi a memoria, si ride fino alle lacrime, ci si riempie il cuore di tenerezza e malinconia per una donna che voleva solo essere amata dal marito, che voleva una carezza e quel rispetto che lui non gli ha mai dato. Madre di tre figli, che per lei sono sempre stati uno uguale all’altro come importanza, anche se solo uno è davvero figlio di Domenico.
Il fine ultimo di tutta la rappresentazione non è certamente quello di scoprire quali dei tre sia il vero figlio legittimo, ma vedere come lo stesso Soriano si convince e solo quando è ormai troppo tardi capisce quale donna lo abbia affiancato per tutta una vita e che in fondo “’E figlie so’ ffiglie… E so’ tutte eguale… Hai ragione Filume’, hai ragione tu”!
Rebecca Cauda