“Il borghese gentiluomo” alla maniera di Emilio Solfrizzi

In scena fino al 30 aprile al Teatro Quirino di Roma una delle più grandi comédie ballet di Moliere, il Borghese Gentiluomo, rivisitato da Emilio Solfrizzi.
Jourdain, Emilio Solfrizzi, un borghese ambizioso, è deciso ad entrare nel mondo nobiliare che rappresenta ai suoi occhi un punto di arrivo ed un traguardo importante per avere la consacrazione del ruolo che interpreta nella società.
Per far ciò si circonda di maestri di danza, di canto, di scherma e filosofia che lo dileggiano e lo disprezzano alle spalle ma lo riempiono di salamelecchi perché attirati dai soldi della sua borsa che Jourdain dispensa a piene mani appena i maestri lo elogiano.
Darebbe anche due dita della sua mano per essere conte o marchese e sentirsi chiamare dal maestro di danza Signoria o dal maestro di canto Cavaliere lo mandano in solluchero. Jourdain però, anche se ricco, è ignorante e sciocco e, tutto preso dal diventare quello che mai potrà essere, cerca anche nel vestire di sfoggiare un’eleganza pacchiana che viene lodata dal sarto con un “Sua Eccellenza” che lo manda in visibilio.
Le qualità che lui cerca di acquisire, fondamento dell’essere gentiluomo, sono anche quelle del sapere e qui Solfrizzi ci regala un momento di pura ilarità e di quella sua comicità pugliese che lo ha reso famoso. Esilarante la lezione con il maestro di filosofia che propone a Jourdain dei temi di riflessione talmente difficili per lui che alla fine, arresosi davanti all’ignoranza dell’allievo, gli propone una lezione sulle vocali. Il maestro cerca di rendere importante una lezione basilare e Jourdain, con qualche difficoltà iniziale, riesce ad imitare, senza rendersi conto della sua stupidità, il maestro con una serie di mugolii e di smorfie eccezionali.
Il maestro di scherma, infine, dà la misura del suo coraggio pari allo zero, quando gli sussurra che imparando l’arte della scherma anche un uomo che non ha coraggio è sicuro di uccidere il suo avversario senza essere ucciso. Parole d’oro per il pusillanime protagonista.
Madame Jourdain, interpretata da una perfetta Anita Bartolucci, è invece donna pragmatica e pratica e cerca in tutti i modi di far tornare il marito alla realtà.
La coppia ha una figlia, Lucilla (Viviana Altieri) innamorata di Cleonte (Roberto Turchetta) ma all’aspirante nobile Jourdain non garba questa liason perché Cleonte, ahimé, non è nobile. Nasce così un turbinio di situazioni comiche, ideate dalla serva Nicole (Lisa Galantini) e dal suo innamorato Coviello (Cristiano Dessì) nonché servo di Cleonte, tese a far trionfare l’amore tra Lucilla e Cleonte alle spalle del povero Jourdain.
Durante una cena organizzata da Jourdain per il suo nobile amico il conte Dorante (Fabrizio Contri) e la sua amante, la marchesa Dorimene (Lydia Giordano) interrompe la cena Madame Jourdain che accusa gli ospiti di approfittarsi dell’ingenuità del marito. Nello stesso istante irrompe in scena Cleonte travestito con abiti orientali accompagnato dal suo servo Coviello anch’esso travestito, che si spaccia per suo valletto ed interprete.
Il figlio del Gran Turco, così si spaccia Cleonte, raggira il povero Jourdain e lo ammalia con la storia, sempre tradotta da Coviello in un linguaggio esilarante, che anni prima aveva conosciuto suo padre e che, a suo dire, costui era nobile. Jourdain è catturato dal figlio del Gran Turco il quale, coglie la palla al balzo, e gli chiede la mano di sua figlia Lucilla. A coronamento di tutto ciò il figlio del Gran Turco, Cleonte, con una grande cerimonia turca, assegna il titolo di “Mamabussì” allo stolto Jourdain che, finalmente raggiunge il suo scopo.
Al grido di “Mamabussì” ripetuto all’infinito da un estasiato Jourdain, cala il sipario.
Modificata per modernizzarla la commedia risulta a tratti un po’ lenta ma a tratti, per la bravura del protagonista e del cast tutto, esilarante e divertente.
Ottima la regia di Armando Pugliese. Nel cast oltre ai già citati, il Maestro di musica Nico Di Crescenzo, il Maestro di ballo Elisabetta Mandalari, il Maestro di scherma Roberto Turchetta, il Maestro di filosofia Simone Luglio. Le scene sono di Andrea Taddei, i costumi di Sandra Cardini, le luci di Gaetano La Mela e le musiche di Antonio Sinagra.