‘CLUB 2.7’: la maledizione della musica diventa spettacolo

Mary Ferrara, autrice e regista dello spettacolo andato in scena al Brancaccino di Roma in anteprima nazionale, si propone in una prova “differente”, una prova, come dice la stessa Ferrara, “che uscisse fuori dagli schemi rispetto agli spettacoli del laboratorio MIA – Musical Inside Academy”. Gli allievi del Mia infatti si erano cimentati in spettacoli come Footloose e Musicology riscuotendo un grande successo di pubblico.
La maledizione del 27 riunisce, in un luogo che non ci è dato conoscere, una serie di artisti famosi, tutti morti, per diverse cause proprio all’età di ventisette anni: Jimi Hendrix, Jim Morrison, Kurt Cobain, Amy Winehouse e Jeff Buckley. A far compagnia ai nostri anche tre cantanti italiani, vicini per il tormento delle loro vite, Mia Martini, Luigi Tenco e Rino Gaetano.
Il gruppo, accompagnato da due angeli, non si conosce e comincia a raccontarsi, scontrandosi a volte ma riuscendo a trovare quel punto di incontro nell’instabilità e nell’immensa solitudine che ha contraddistinto le loro vite.
Jeff Buckley (Chicco Sciacco), morto affogato nel Wolf River, cantava il dolore per la lontananza dal padre, Amy Winehouse (Virginia Menendez) morta per abuso di alcool e droga aveva lottato per tutta la sua vita con la bulimia e l’anoressia cercando così di supplire al desiderio di essere amata.
Kurt Cobain (Matteo Maria Dragoni) il portavoce della “Generazione X”, icona della musica moderna, soffrì per tutta la vita del divorzio dei suoi genitori e, nonostante il suo matrimonio e la nascita di una figlia non rinunciò mai all’eroina e, dopo un primo tentativo di suicidio a Roma, imbottito di eroina morì sparandosi un colpo di fucile in testa.
Jim Morrison (Stefano Di Giulio) frontman dei Doors, arrestato varie volte per eccessi di alcool e droga, muore a Parigi per arresto cardiaco, Jimi Hendrix (Davide Colnaghi) il più grande chitarrista di tutti i tempi, muore in una stanza del Smarkand Hotel soffocato dal suo stesso vomito causato da un cocktail di alcool e droga.
Vite spezzate troppo presto, forse troppo turbate da un successo che le portava all’apice di un mondo troppo in fretta . Anime fragili, incapaci di superare un malessere che li corrodeva dentro ed impauriti dalla popolarità che non dava scampo alle loro debolezze.
E così Mia Martini (Serena Piraine), Luigi Tenco (Davide Fasano) e Rino Gaetano (Alice Adorni), morti non a ventisette anni, ma affini ai quei dolori che rendevano loro impossibile sopravvivere in un mondo a cui non sapevano tenere testa.
Mary Ferrara è sottile, accarezza le personalità di tutti e le unisce in un finale che svela la loro fine.
Gli allievi del MIA, su tutti Stefano Di Giulio e Virginia Menendez, forse ancora acerbi nel canto, trasmettono, nelle movenze come negli azzeccatissimi costumi le personalità degli artisti che interpretano.
Menzione speciale per le “Anime” Giulia Bonanni e Giulia Capuzzimato meravigliose interpreti della canzone di Mia Martini “Gli uomini non cambiano”.