“A Santa Lucia”, di Raffaele Viviani al Bellini di Napoli
Napoli di un tempo, di pescatori e nobili a metà, di gran dame e grandi amori. Commedia in due atti , quasi dimenticata di Raffaele Viviani, “A Santa Lucia”, al Teatro Bellini di Napoli dopo settant’anni dall’ultima messa in scena. Sul palco,protagonisti Lello Arena e Geppy Gleijeses, che cura anche la regia dello spettacolo, ripropongono l’immagine una città, quasi perduta, afflitta e impoverita, che attraverso i personaggi che popolano il Borgo Marinai mette a nudo la sua anima, ed attraverso lo sguardo profondo di Raffaele Viviani, mostra un quel che era ad inizio secolo la grande città, quel che erano gli uomini, quel che erano le storie.
E’ una Napoli post-bellica, piegata e logorata, ma anche la Napoli del Cafè Chantant, dove dopo verso l’una di notte, al ritorno dal teatro, nobili, viveur, poeti squattrinati e dame di poca classe, cenano da “Starita”, locale alla moda di quella Napoli notturna, ed e li che questo mondo artefatto si scontra con quello dei luciani, abitanti di Santa Lucia, quartiere marinaro a ridosso di Via Caracciolo. L’ostricaro, la venditrice di spighe, l’acquaiola, il barcaiolo, figure , che sono ormai leggenda, di una Napoli che orma non c’è più.
Scaltra ed allo stesso tempo fortemente emotiva la regia di Geppy Gleijeses, che già nel 2000 aveva dato prova delle sue qualità con il “Don Giaginto” dello stesso Viviani. Impeccabili e realistiche le scene, miscela perfetta, opera di Paolo Bisieri, eccezionali i costumi curati da Adele Bargilli. Evocative le musiche, orchestrate e dirette da Guido Ruggeri. In scena, insieme ai già citati protagonisti, un gruppo di qualità, formato da Marianella Bargilli, Daniele Russo, Gigi De Luca, Angela De Matteo, Gianni Cannavacciuolo, Gina Perna, Gino De Luca, Luciano D’Amico, Antoniett D’Angelo, Giusy Mellace ed Antonio Roma. “In Viviani c’è Petrolini, c’è l’avanspettacolo, c’è il futuro Eduardo – si legge nelle note di regia – ma c’è soprattutto il pianeta Viviani, gigantesco ed unico, oltre che ancora poco conosciuto.
A Santa Lucia, è uno di questi capolavori di strada – continua – almeno nel primo atto, con l’incontro scontro di due classi sociali, il ceto alto dei nobili di provincia, dei poeti squattrinati e delle avventuriere, e quello basso dei luciani, gli abitanti di Santa Lucia, poveri ma dignitosi”. Fedele spaccato di un’epoca ormai sepolta, “A Santa Lucia” è un testo ingiustamente spesso dimenticato. Indimenticabili le atmosfere, poetici i dialoghi, affascinanti e veri i personaggi. Ciò che resta nello spettatore, di questa veduta cosi autentica della città partenopea, è la consapevolezza di quanto profonda e quasi violenta sia stata la metamorfosi di questa meravigliosa città. E su tutte, magari una battuta, il monito che è anche l’immagine della dignità di un popolo, che il venditore di ostriche rivolge a suo figlio: “fermi come lo scoglio, il mare li corrode, li distrugge, ma non li smuove”.
Paolo Marsico
21 febbraio 2013