Giselle: il riscatto femminile a passo di danza

La tradizione è qualcosa che ci sovrasta, alla quale spesso ci rivolgiamo convinti di trovare risposte e sicurezza; la tradizione è quel qualcosa con il quale temiamo spesso di confrontarci, tanto è radicato nell’animo umano, tanto è fertile nelle nostre menti. Si pone, tuttavia, spesso e volentieri nell’arte, l’arduo problema del riadattamento, dell’attualizzazione, della personale interpretazione. Tale questione coinvolge la compagnia Junior BallettO di ToscanA che il 31 gennaio 2015 ha proposto presso il teatro Toniolo di Mestre, un’inedita versione in atto unico del celebre balletto Giselle.
La compagnia, fondata e diretta da Cristina Bozzolini, é composta mediamente da un numero di 18/20 elementi di età compresa tra i 16 e i 21 anni ed considerata struttura produttiva di tirocinio professionale della Scuola del Balletto di Toscana, uno degli enti più qualificati a livello europeo per la formazione di danzatori classici e contemporanei.
Accompagnata da musiche di Adolphe Adam, costumi di Santi Rinciari, con drammaturgia, regia e coreografia di Eugenio Scigliano, la compagnia stravolge in parte la tradizione mediante una rilettura che si insinua nelle fonti letterarie e poetiche del romanticismo coreografico, rendendo omaggio alla leggenda delle Willis, evocate da Heine nel suo testo sulla Germania e caposaldo suggestivo della stesura dell’opera per mano di Gauthier.
Scigliano, fin dall’inizio, decide di inquadrare la nuova versione all’interno di una dimensione gotica che permette di legare la passione amorosa travolgente all’idea di non morte; in codesta versione le Willis sono assimilabili a vampiri, divenendo fanciulle fatali e demoniache ed esprimendo l’aspetto oscuro insito nell’universo femminile che nell’ultraterreno e nel notturno prende il sopravvento.
Per tal motivo l’ambientazione scelta diviene quella di una austera scuola di epoca vittoriana nella quale si educano i fanciulli a soffocare le passioni e al contempo si vanno ad evidenziare le discrepanze tra furore giovanile e cinismo caratterizzante il mondo degli adulti; proprio in tale ambiente si consuma l’amore sconveniente e travolgente tra Giselle e il Precettore, legato all’istitutrice della scuola, passione così funesta da portare la giovane al suicidio a causa del senso di colpa e di vergogna che è costretta a subire.
Il famoso “atto bianco” diviene qui delirio notturno del giovane innamorato tormentato dagli spiriti vendicativi delle spose non morte, odierna versione delle Willis, tra le quali compare la stessa Giselle, combattuta tra l’appartenenza al mondo altro e l’amore innocente ed assoluto che ha provato in vita.
Emerge la necessità di voler riscattare la donna dal dolore provato per il tradimento maschile, secondo una dimensione quasi femminista, che si ascrive in susseguirsi di gesti teatrali che riproducono fisicamente le differenti sfumature emotive provate dai protagonisti.
La bravura dei danzatori permette di sopperire allo smarrimento iniziale dello spettatore, per concentrarsi sulla contemporaneità della rappresentazione: lo scontro tra universo femminile e maschile, tra giovani ed adulti, e come l’incontro casuale tra di essi sia spesso frutto di dolore e pregiudizio, di come la paura e la vergogna per ciò che si è o gli altri credono che siamo, produca a volte l’annientamento di noi e di ciò che di positivo c’era.
Giulia Jurinich
3 febbraio 2015