Io mai niente con nessuno avevo fatto!
Dal 22 ottobrre 2013 al 3 novembre 2013 è stato al teatro Spazio Uno di Roma
Io, mai niente con nessuno avevo fatto”, lo spettacolo vincitore di ben tre premi durante l’ultima edizione del Roma Fringe Festival, è in giro per l’Italia per una tournè che toccherà Napoli, Roma, Caserta, Catania, Bari fino ad arrivare a New York…accompagnato da un magnifico successo di pubblico e di critica.
Lo spettacolo narra la storia di Giovanni, incarnazione dell’ingenuità e della passione allo stato puro, dell’innocenza che supera tutte le barriere della conoscenza e dell’ignoranza: un pezzo unico di anima che dice tutto quello che pensa, che crede a tutto quello che gli viene detto. Giovanni è la forza e il coraggio di chi non riesce a vedere il mondo se non come uno spartito di note da danzare. L’istinto alla vita, alla sopravvivenza. Oltre la malattia. Oltre il male.
E di Rosaria, la cugina che per lui rappresenta tutto: è fidanzata e sorella, madre e figlia.
E ancora di Giuseppe, amore e amante del protagonista, l’ambiguità e la violenza, ma anche la passione carnale e focosa.
Lo scenario è brutale, istintuale, carico di violenza, tinto di colori forti, un contesto in cui l’innocenza di Giovanni sembra annegare, ma al quale invece sopravvive, riscattandosi attraverso i corpi e le anime dilaniate di Rosaria e Giuseppe.
Sicilia anni ‘80, omosessualità, malattia, violenza, morte sono lo spunto per raccontare e suscitare emozioni, superando i contesti e le categorie, ma allo stesso tempo focalizzando l’attenzione su tematiche umane e sociali quanto mai presenti e scottanti. Ma la rappresentazione degli attori è molto di più: è pura narrazione senza “confini” con rispettosa, anche se dura e cruda, “riverenza” e dovizia di particolari. La storia è una sola: Giovanni, figlio illegittimo di un qualsiasi siciliano, nato e cresciuto con la madre, e soprattutto con una miriade di cugini, predilige la cugina Rosaria che con lei trascorre gran parte del tempo e per cui egli farebbe qualsiasi cosa, arrivando, addirittura, a proteggerla da uno stupro, anzi a rinnegarle uno stupro. Ma Giovanni, proprio grazie alle iniziali ed adolescenziali attenzioni di Rosaria, presto si accorge di essere omosessuale. E l’attore ben rappresenta un gay lucido della sua condizione, seppur stupito ed ingenuo in tutto e per tutto.
In una scuola di ballo incontra Giuseppe, l’insegnante, arrivato in modo “particolare” al ruolo rivestito e non senza qualche astuzia. I due si piacciono e si consuma un rapporto sessuale che però, per Giuseppe, già sposato, (peraltro con la figlia della proprietaria della Scuola di ballo), niente ha a che vedere con l’amore il suddetto rapporto, mentre per Giovanni è proprio tale. Nella rappresentazione si farà subito riferimento a come fosse diventato così “imbonitore” di gay Giuseppe, narrando, lo stesso come venne violentato da bambino dallo zio che intercorreva rapporti sessuali con la madre prostituta. Niente può far immaginare la veridicità del racconto, la bravura dell’attore nel “doppiare” le “movenze” sessuali intercorse tra lo zio e la madre (sì, farà anche la “parte” della madre) e tra lui e lo zio carnefice. E tutti, sia Joele Anastasi, sia Enrico Sortino, che Federica Carruba Toscano riescono a lasciar emergere una narrazione da vere “star” che potrebbero però eseguire solo a teatro, dove tutto è più vero e più sincero del cinema, dove se lo si trasponesse sullo schermo, niente andrebbe a ripagare la loro bravura! Lo spettacolo ha partecipato ed ha preso un Premio al Roma Fringe Festival 2013 quest’estate e girerà l’Italia, oltre che , se lo possiamo credere, il mondo, come Hamletelia, ricostruzione di Hamlet al femminile, di Shakespeare, ovviamente.
Quanto abbia dato questo spettacolo agli spettatori, lo si nota in tutte le scene, non solo quando, nella prosecuzione e nella fine della storia, ci si rende conto della sieropositività e poi dell’ AIDS conclamata di Giovanni, che molto probabilmente, con grande paura dell’inavveduto Giuseppe, l’avrà trasmessa a Giuseppe, a meno che questi non fosse portatore sano… Ma dalla scena di disperazione dello stesso Giuseppe lo si dubita fortemente. Più probabile che nei suoi “innumerevoli” rapporti non protetti, e “carneficini”, come quelli dello zio, quest’ultimo sia stato contagiato anch’egli.
Un tema scottante in epoca di omofobia; ogni giorno, o quasi, si uccide un ragazzo per essere o per “dimenticare e far dimenticare” la sua omosessualità; ogni giorno si accusano uomini più o meno potenti e si dileggiano, per la condizione di essere gay. Senza ricordare che molti del passato famosissimi uomini erano gay e che tanto hanno dato, nonostante questa loro condizione umana, e nient’altro, si oserebbe dire, al mondo. Lo spettacolo si svolge sul fronte di tre monologhi praticamente, e sono tutti e tre eccellenti. Non indifferente la preparazione di scena e “biografica” svolta dal protagonista, ma anche impeccabile la prontezza della violenza descrittiva e rappresentativa di Giuseppe che, se non sia un protagonista, entra, nella seconda parte dello spettacolo, quasi di prepotenza come un protagonista e poi eccellente il dialetto siciliano della Compagnia Vucciria Teatro che narra tutto con una dovizia nella “lingua” della Sicilia più greve, a volte, ma anche più nobile, altre.
Un premio, insomma, ben meritato, ed un’opera che, sebbene sia di un solo atto, non sarà certo la lunghezza a farla ricordare, ma l’intensità e la preparazione dei suoi attori che di professionale avevano proprio tutto ed anche qualcosa in più.
Michela Gabrielli
4 novembre 2013