Bartleby, la preferenza del non essere

Sino al 30 aprile 2022, al Teatro della Cooperativa di Milano, va in scena Bartleby, tratto da Bartleby, lo scrivano di Herman Melville. Uno spettacolo fortemente consigliato, per la bellezza ironica, lessicale e poetica del testo, per l’enigma che contiene e per la splendida recitazione di Luca Radaelli, anche ideatore e direttore del Festival L’ultima luna d’estate.
Bartleby, con la regia di Renato Sarti, direttore del teatro, chiude Controventi, la rassegna che ne ha celebrato i 20 anni.
Luca Radaelli è il distinto narratore. In abito grigio e panciotto, elegante e un po’ altero, si presenta come avvocato di successo di Wall Street, con una vita comoda, che conduce sicuro tra cose sicure.
Appare su una scena scura, buia e semivuota, in contrasto con l’eleganza che la sua figura trasmette.
Non ci dice il suo nome, e neanche quello dei suoi tre collaboratori per i quali usa nomignoli leggermente dispregiativi: Tacchino, incline al vino e a stati di ebrezza iraconda, Chela devoto al cibo e alle indigestioni, Zenzero, il giovane garzone minorenne inviato sempre a fare commissioni.
Indulge, con distaccata benevolenza, nel descrivere le loro attività lavorative che funzionano a fasi alterne: sono infatti compromesse dal vino quelle di Tacchino al pomeriggio, mentre quelle di Chela lo sono al mattino, prima del pranzo. Come sentinelle che si scambiano il turno, assicurano però che il lavoro venga fatto.
Bartleby, il fascino di un personaggio surreale
La piccola comunità, appare come un nucleo un po’ chiuso, asfittico, cosi come lo è la vista cieca dalla finestra laterale dello studio, che dà su un alto muro.
Poi un giorno arriva Bartleby, Gabriele Vollaro, lo scrivano che ha risposto all’annuncio dell’avvocato in cerca di personale. É l’unico ad avere un nome. Appare come una figura “pallidamente linda, pietosamente decorosa, irrimediabilmente squallida”.
Inizialmente ricopia diligentemente tutti i documenti che l’avvocato gli porge. Ma una volta, davanti ad una sua richiesta di svolgere un lavoro urgentemente, risponde, con un’aria che non ha nulla di ordinariamente umano, (non rabbia, rivolta, sfregio, pigrizia): “preferirei di no”.
Il “preferirei di no” diventa il refrain capace di far vacillare le certezze dell’avvocato e del modello societario capitalista che incarna.
Sente infatti la consapevolezza impotente del giovane uomo che sceglie di non abitare quel mondo che non può cambiare, fondato sull’economia del profitto, che forse gli appare come un muro insormontabile, proprio come quello che si vede dalla finestra cieca dello studio.
Bartleby, la preferenza del non essere
Bartleby non vuole fare, ma non vuole nemmeno non fare. Lui “vuole non fare” anche se questo significa consegnarsi alla morte. Ma cosi facendo produce una frattura nella dimensione verticale della relazione di potere rifiutando di sottomettersi all’autorità.
La mitezza del giovane, la sua squallida solitudine, l’ austera riservatezza inducono il sicuro avvocato dapprima ad averne compassione, poi ad aiutarlo economicamente.
Radaelli ci offre una gamma di sentimenti cambiando postura, sguardo, gesti, tono di voce. Passa infatti e noi con lui, dal dubbio alla compassione, alla pietà. Ma quando la desolazione di Bartleby appare in tutta la sua immensità mortale, questi sentimenti si trasformano in repulsione e paura.
L’avvocato si allontana quindi dal suo scrivano, per poi tornare da lui e cercare di capire cosa si nasconda davvero dietro l’umanità del “preferirei di no”, pronunciata da questo giovane che sembra un relitto in mezzo all’oceano, un ultima colonna di un tempio in rovina di cui si ignora però la religione.
Ancora una volta il teatro ci offre la possibilità di interrogarci coralmente.
BARTLEBY
da Bartleby, lo scrivano di Herman Melville
traduzione Luca Radaelli
con Luca Radaelli e Gabriele Vollaro
regia e scenografia Renato Sarti
musiche Carlo Boccadoro
coproduzione Teatro Invito / Teatro della Cooperativa
spettacolo sostenuto nell’ambito di NEXT ed. 2018/2019, progetto di Regione Lombardia
in collaborazione con Fondazione Cariplo
Durata 70 minuti
TEATRO DELLA COOPERATIVA
via privata Hermada 8 – Milano
info e prenotazioni – Tel. 02 6420761
[email protected] – www.teatrodellacooperativa.it