Ritratto di Dora M. prigioniera nel labirinto di Picasso
La bellissima, la sinuosa, la regina: questo è il Ritratto di Dora M. appena conosciuta da Picasso, nel 1936. Lei, Dora Maar, neanche trentenne, è una fotografa famosa, che viaggia tra Europa e Sud America, frequenta Georges Bataille, André Breton, Eluard, Leiris, Man Ray, è esponente del surrealismo. Dopo nove anni con Picasso, non resterà molto di questa radiosa immagine: sarà infatti rinchiusa in una clinica psichiatrica.
É li che la incontriamo in il Ritratto di Dora M., il toccante spettacolo a cura di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia andato in scena al Teatro Filodrammatici di Milano fino al 17 febbraio 2019.
La drammaturgia di Fabrizio Sinisi tratteggia con sensibilità la giovinezza della fotografa e i nove anni che hanno portato questa splendida donna ad annullarsi, ad essere cannibalizzata dal famelico ego di Picasso.
Sul palco Ginestra Paladino, vibrante e bravissima, appare inizialmente ripiegata su un letto di ospedale dietro lunghe tende velate come se la sua immagine non fosse ancora messa a fuoco.
Ho perso il senso del tempo, ci dice con voce insicura. Tre volte a settimana le infermiere mi legano tutta, mi mettono un tampone tra le mascelle perchè non rompa i denti, appoggiano batuffoli umidi su tempie e polsi. Poi aprono la corrente. La terapia fa tremare le ossa sino al giorno dopo, cancella i ricordi, svuota il corpo e l’anima.
Per questo Dora si è trasformata in una sentinella della sua memoria, lotta ogni notte per recuperare un pezzo di se, mentre gocce di pioggia sembrano scivolare sullo sfondo del palco per cancellarla.
Tutto si mescola, tra vivi e morti.
Ora l’immagine si fa più nitida, si aprono le tende su una scena con pochi oggetti e poche sedie riverse che ricordano presenze confuse. E lei appare bella, giovane, convinta di restarlo per sempre, con addosso l’ansia di dire qualcosa di speciale che giustifichi la sua nascita.
Vede i suoi primi successi, le campagne pubblicitarie, i suoi reportage sui diseredati delle periferie parigine, la sua ossessione per i cechi, fotografati continuamente. I suoi amori, il suo mondo ancora fulgido.
Immagini in bianco e nero delle sue foto, di Parigi occupata dai nazisti, dei quadri di Picasso vengono proiettate sullo sfondo.
Poi l’incontro con Picasso, in un caffè. Lei, per attirarne l’attenzione, ha appoggiato la mano sul tavolino e lancia il suo coltellino affilato tra le dita. È amore a prima vista. Lui inizialmente la considera sua musa.
Ma presto inizia, da parte del pittore, l’operazione di destrutturazione di Dora che resta fedele come un cane alla sua condanna, forse per restare nella storia, forse per il suo “talento innato per la pazzia”.
Picasso le fa abbandonare la fotografia, in cui lei eccelle e le suggerisce di darsi alla pittura, per poterla meglio schernire, la tratta da schiava. Io non sono stata l’amante di Picasso, dirà, lui era soltanto il mio padrone .
Qual’è ora il Ritratto di Dora M. ?
Comincia a dipingerla scomposta, orrenda, piangente. Quando Cocteau le fa un bel ritratto, Picasso imbratta la tela, la scarabocchia: ora sei tu, dice con la forza distruttrice del Minotauro.
È lui, dopo averla umiliata anche imponendole la presenza di altre amanti, a portarla in clinica. Ed in clinica si spegne nel 1997.
Lo spettacolo si snoda tra i chiaroscuri della memoria, tra i suoi flash. Ricostruisce, in modo sublime, complice anche la partitura musicale di Carlo Boccadoro, percorsi labirintici che hanno un che di famelico, patologico. Il Ritratto di Dora M., oltre a mostrarci il lento annullamento di Dora, fa luce, di riflesso, sul quel sottile desiderio di distruzione che animava Picasso, sul suo bisogno di scomporre, modificare la realtà a suo piacimento.
12 febbraio / 17 febbraio 2019
Durata: 60′
Bruni/Frongia
Ritratto Di Dora M.
progetto a cura di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia
parole di Fabrizio Sinisi
regia Francesco Frongia
con Ginestra Paladino
musiche originali Carlo Boccadoro
scene e costumi Erika Carretta
disegno luci Sarah Chiarcos
suono Silvia Laureti
assistente alla regia Michele Basile
direttore dell’allestimento Silvia Laureti
la maschera del Minotauro è di Mimmo Paladino
produzione Teatro Filodrammatici di Milano
in collaborazione con Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia
diretto da Ruggero Cappuccio
prima milanese