‘Trilogia Danco’: gli N-mondi di Eleonora Danco
La recensione di Trilogia Danco
Ritrovarsi di fronte Eleonora Danco significa percepire di avere a che fare con un’artista di difficile definizione. Attrice? Scrittrice Contorsionista? Pittrice di senso sulla scena? Chi può dirlo. Probabilmente è questo ed altre n-capacità.
Perché c’è un momento preciso di questa Trilogia Danco in cui diventa inevitabile chiedersi «ma come diavolo fa?». Come è possibile rotolarsi a terra per ore mantenendo intatta l’intonazione della voce, tenendo costante il ritmo della battuta, come si fa in quelle circostanze a pronunciare frasi taglienti come la lama di un coltello?
Eleonora Danco è preparazione grotowskiana di un corpo mai fermo, chiamato ad essere decodificatore di una scena che affida il senso soltanto al potere della parola. Succede allora di perdersi in spazi e tempi diversi, di ritrovarsi catapultati in una di quelle traverse che collegano Porta Maggiore alla Stazione Termini sentendone la puzza d’urina, intravedendo lo sporco, osservando la giungla urbana da cui la Danco artista sembra succhiare linfa vitale.
Non fosse che – da dEVERSIVO a Donna n.4, passando per Nessuno ci guarda – la sensazione di incantamento perenne in cui lo spettatore viene ipnotizzato, improvvisamente è rotta dalla potenza di qualche schiaffo, di qualche capocciata al muro. Dure le parole, dure le immagini rievocate quasi ad ammonire che la vita è crisi esistenziale, è dolore post-traumatico, è schifo da cui risorgere.
Tre atti unici in cui il flusso di coscienza joyciano si fa romano e romanesco, sfiora il no-sense di qualche Petrolineide pur andando continuamente a braccetto col realismo acre di Pier Paolo Pasolini.
Sullo sfondo di ogni performance l’ispirazione è però di rimando pittorico, a Rauschenberg, Pollock e Bacon a «cervelli staccati dalle scatole craniche e sbattuti sul muro».
Trilogia Danco è la messa in piazza dei tormenti di un’artista, è la paura di perdere il contatto con la parte più profonda del proprio io. Ma è anche lavoro sulla memoria, intreccio di flashback con cui immaginare la Danco bambina iperattiva. Allora il reale si fa meta-teatrale, la performance è un diario di bordo lungo una vita.
Resta soltanto un decadentismo di fondo, atmosfera perenne su cui continua ad aleggiare la domanda: chi è davvero Eleonora Danco?
Di certo è un’artista magnetica, di sicuro è l’autrice migliore che il teatro contemporaneo italiano possa vantare.
Lei e le sue N-capacità.
Teatro di Roma presenta
Trilogia Danco
dEVERSIVO, Nessuno ci guarda e Donna n.4
in scena al Teatro India fino al 9 dicembre
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