Lo smalto sulle crepe e sulle unghie: la forza di Ludovica contro la sindrome di Sjögren

Ludovica Borsellini, affetta dalla sindrome di Sjögren, si racconta. La volontà di lottare contro una patologia rara per trovare coraggio nell’affrontare le difficoltà ma, soprattutto, per aiutare le altre persone malate e farle sentire meno sole. Ecco la sfida di questa giovane psicologa che pare nata per combattere anche attraverso la potenza dei social
“Ogni volta che mi sento andare in pezzi ho sempre paura di non riuscire a recuperare tutti i frammenti. Poi, con pazienza, mi rimetto insieme. E allora entra in campo la creatività. Perché il vero dono è riuscire a mettere un po’ di smalto sulle crepe con la stessa nonchalance con cui lo si mette sulle unghie”.
C’è tutta la femminilità, la razionalità, l’umanità e l’attaccamento alla vita in questo concetto. È di Ludovica Borsellini: occhi chiari e sorriso magico per questa giovane psicologa che, nel 2014, ha scoperto di essere affetta dalla sindrome di Sjögren. Bussare alla porta del mondo di Ludo, come la chiamano le sue amiche, è scoprire di più di questa malattia ma è anche capire come si può reagire per cercare, anche nelle difficoltà, la propria forza.
Quando hai scoperto la malattia?
“Era il 2014, mi stavo per laureare alla triennale di psicologia e ho iniziato a stare sempre male. Mi sentivo dolori articolari tipo quelli che vengono prima dell’influenza, occhi secchi, con la sensazione di averci dentro la sabbia, febbre ricorrente, per sei mesi ho avuto tutti i giorni 37.5 e oltre. Da li ho iniziato il mio percorso di diagnosi.”
Percorso ad ostacoli a quanto pare. Infatti, non è stato facile scoprire “il nemico”; poi, eccolo che appare puntuale: sindrome di Sjogren, una patologia autoimmune che colpisce le ghiandole esocrine (salivari e lacrimali ad esempio) e comporta tutta una serie di sintomi spiacevoli, dalla secchezza ai dolori articolari.
“Ho iniziato le cure con cortisone ed immunomodulatore. Un anno dopo la diagnosi di Sjogren si è aggiunta anche la fibromialgia, che mi comporta dolori ai muscoli e rigidità; anche di essa non si conoscono le cause mentre i trattamenti farmacologici disponibili sono davvero esigui.”
La nostra protagonista però, come detto, riesce a pensare alle sue crepe senza dimenticare lo smalto per ripararle.
Cosa comporta l’essere malata?
“Comporta un bel numero di visite e esami, alcuni anche invasivi, ripetuti nel corso degli anni. Comporta rinunce perché quando non mi sento bene devo magari dire di no a un cinema con gli amici o alla pizza fuori. Paradossalmente, comporta anche un sacco di feste in più: festeggio, infatti, i piccoli traguardi di ogni giorno come se fossero cose straordinarie. Quando le analisi del sangue vanno bene si fa festa. Quando i farmaci non mi distruggono lo stomaco si fa festa. Quando riesco a andare a correre, quando vado in ospedale da sola senza paura, si fa festa!”
La forza di trovare, in ciò che per tutti è normale, qualcosa di straordinario. E’ come se Ludovica avesse degli speciali occhiali per leggere la propria realtà. Lenti che la aiutano anche nella sua attività da psicologa.
“Ritengo che la malattia mi aiuti molto nella professione che ho scelto. Provare sulla mia pelle cosa vuol dire avere a che fare con la sofferenza mi ha portato a rispettare profondamente il dolore degli altri, a trattarlo con i guanti bianchi e a non giudicarlo. Ho potuto vedere come le persone soffrano in moltissimi modi diversi e ciascuno esprime il proprio disagio con gli strumenti che ha a disposizione. Fin da bambina, non ho mai avuto grossi problemi a mettermi nei panni altrui.. Poi è arrivato lui, il nemico. Sarei sciocca a non ammettere che mi ha cambiato la vita, ma ho scelto di utilizzare la mia sofferenza a vantaggio degli altri.”
Missione possibile grazie ad un approccio, in generale alla vita, positivo.
“Quando succede qualcosa di brutto hai due scelte possibili: o ti lasci schiacciare dal tuo dolore e dalla tua rabbia, o li impieghi in modo più proficuo. Io ho scelto di mettere la mia storia al servizio della comunità, raccontando le mie disavventure su una pagina Facebook che gestisco personalmente, che si chiama “La mia storia di Sjogren.”
Perché portare avanti una testimonianza su facebook?
“Quando ho aperto la pagina volevo avere un diario virtuale che mi aiutasse a tenere ordine nei miei pensieri: una sorta di valvola di sfogo attraverso cui raccontare i cambiamenti che la mia vita stava subendo. Una seconda finalità che mi sono riproposta è stata quella di aiutare le altre persone ammalate o chi hai il sospetto di poter avere questa sindrome. Quando ci si ammala ci si sente molto soli ed è difficile trovare le risposte alle mille domande che seguono una diagnosi del genere: quale il collirio migliore? Ho diritto a un’esenzione dal ticket? Per superare questo senso di spaesamento e di confusione mi ripropongo, nel mio piccolo, di accrescere la sensibilità e la consapevolezza dell’opinione pubblica verso queste patologie dimenticate.”

Proprio su Facebook, recentemente, Ludovica ha postato una foto della sua mano sinistra, come sempre ben curata con elegante smalto, arricchita da un anello che brilla sull’anulare sinistro. Segno di una proposta di matrimonio del fidanzato Andrea: ricevuta ed accettata. La nostra guerriera lo ha annunciato al mondo. Nonostante tutto. Ecco la forza dirompente di chi non molla. Anche grazie ad un semplice smalto che arricchisce e fortifica, insieme, l’anulare sinistro e un’intera vita.
Per saperne di più Ludo vi aspetta sulla sua pagina FB “La mia storia di Sjogren”.