Il caso Pinelli, morte di un anarchico

46 anni fa veniva ucciso in via Cherubini Luigi Calabresi. Il commissario di polizia fu assassinato da terroristi di estrema sinistra che lo accusavano per la morte di Giuseppe Pinelli. Per la sua morte è stato insignito nel 2004 della Medaglia d’Oro al Merito Civile.
Strage di Piazza Fontana
Nel 1969 l’Italia sta entrando negli anni più oscuri della sua storia repubblicana: gli anni di piombo. Non a caso molti storici fanno iniziare questo periodo proprio con gli atti terroristici di quell’anno, uno dei quali fu proprio la strage di Piazza Fontana. Il 12 dicembre 1969 nella Banca Nazionale dell’Agricoltura a Milano, nel pomeriggio, c’è un’esplosione terribile che causa 17 morti e 88 feriti. Rimarrà come una delle peggiori stragi degli anni di piombo anche in futuro, a tal punto che molti storici considerano addirittura un’Italia prima e dopo Piazza Fontana. Nel corso degli anni le indagini hanno percorso più strade e spesso tortuose, tra le quali finì anche l’anarchico Giuseppe Pinelli, oltre al terrorismo fascista, ma anche stessi apparati statali. Solo nel 2005 si è arrivati alla certezza che la strage fu compiuta da terroristi dell’estrema destra, legati al nucleo armato di Ordine Nuovo, capitanato da Franco Freda e Giovanni Ventura, i quali non erano però più perseguibili poiché precedentemente assolti con giudizio definitivo dalla Corte d’assise d’appello di Bari.
Giuseppe Pinelli
Pinelli nacque il 21 ottobre 1928 a Milano, in un quartiere popolare. Dopo le scuole elementari è costretto a svolgere alcuni lavori per aiutare a mantenere la famiglia e negli ultimi anni del fascismo partecipa alla resistenza. Nel frattempo legge molti libri allargando la sua precaria conoscenza e si avvicina in questo modo alle posizioni anarchiche. Non a caso dopo la guerra continua il suo impegno politico nel movimento anarchico milanese che continuerà anche negli anni, motivo per cui è già noto, prima ancora della strage di Piazza Fontana, alle forze dell’ordine, in particolare dal 1968 in poi. Dopo i primi arresti di quegli anni Pinelli si impegna per aiutare i carcerati e per costruire reti di solidarietà anche nelle occasioni future. La sera della strage Pinelli si reca con il suo motorino in questura per accertamenti e lì rimarrà fino a tre giorni dopo, illegalmente dato che erano scadute le 48 ore di fermo. Proprio nel palazzo della questura trova la morte, cadendo dal quarto piano dell’edificio.
Morte di “Pino”
La sua morte non passa ovviamente inosservata, soprattutto a causa del periodo che il paese sta vivendo, le tensioni sociali e politiche sono infatti moltissime. Secondo la prima versione data dagli inquirenti Pinelli si sarebbe suicidato gettandosi dal balcone in quanto privo di alibi e tale notizia fu data in una conferenza stampa alla quale partecipava anche il commissario Calabresi. Quando poi si scoprì che in realtà l’alibi era veritiero la tesi fu ritrattata. Nel frattempo posizioni di estrema sinistra, sinistra extraparlamentare ed alcuni intellettuali si schierarono da subito contro i poliziotti, accusandoli di aver gettato Pinelli dal balcone. Tesi, questa, che fu poi smentita da due istruttorie. Dalla vicenda emerse però da subito un bersaglio mediatico: il capo commissario Luigi Calabresi, il quale dovette sopportare dure accuse, sia tramite articoli di giornale, sia con scritte che comparvero sulle mura di Milano, nonostante fu poi dimostrato che non era presente nell’aula in cui si svolgeva l’interrogatorio durante la morte di Pinelli. Nel 1971 molti intellettuali e giornalisti, tra cui Tullio De Mauro e Franca Rame, firmarono anche una lettera-manifesto, pubblicata poi su L’Espresso, in cui si accusava la Polizia, in particolare il commissario Calabresi, della morte di Pinelli.
Morte di Calabresi
Tre anni dopo arrivò anche la morte del commissario Calabresi. La mattina del 17 maggio 1972, mentre si recava a lavoro, fu assassinato alle spalle da due sicari in via Cherubini, all’età di 34 anni. All’inizio si indagò anche nelle fila dell’estremismo di destra, ma nel 1988 Leonardo Marino, ex militante di Lotta Continua, movimento di estrema sinistra, confessò di aver partecipato all’omicidio del commissario, confessando anche i nomi di altri sicari e mandanti, tra cui Ovidio Bompressi, Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri. Nell’ottobre 1975 terminò l’inchiesta della morte di Pinelli con una sentenza assolutoria per Luigi Calabresi, accertando invece che la caduta dell’anarchico fu dovuta ad un malore che gli fece perdere l’equilibrio, quindi per causa accidentale.