Chi erano davvero gli Assassini?

Chiunque abbia sentito nominare gli “Assassini”, o abbia anche solo sfiorato un videogioco della serie Assassin’s Creed, ha in mente un’immagine ben definita: figure incappucciate, agili e letali, addestrate all’eccellenza e mosse da un ideale oscuro, pronte a uccidere o morire per la promessa di un Paradiso conquistato attraverso un’obbedienza assoluta. Ma quanto c’è di vero in questa rappresentazione? Esisteva davvero un ordine segreto di sicari fanatizzati, drogati con hashish e pronti a morire per obbedienza cieca al leggendario “Vecchio della Montagna”?
A queste domande risponde L’invenzione degli Assassini. Genesi di una leggenda medievale (Il Mulino, 2025), il saggio di Laura Minervini, che indaga la nascita e la trasformazione di uno dei miti più persistenti dell’immaginario occidentale. L’opera ricostruisce come la percezione, spesso fraintesa e contraddittoria, della comunità ismailita nizarita, attiva tra XI e XIII secolo in Persia e Siria, abbia alimentato il mito degli Assassini.
Attraverso un’analisi filologica delle fonti latine, arabe e persiane, Minervini mostra come elementi reali siano stati deformati da pregiudizi religiosi, stereotipi culturali e strategie narrative. L’invenzione degli Assassini non si limita a smontare una leggenda: la studia come fenomeno culturale complesso, in cui paura e attrazione per l’esotico hanno prodotto una narrazione potente e duratura, capace di giungere fino alla cultura popolare contemporanea.
La leggenda costruita
Fin dalle prime pagine, Laura Minervini chiarisce che la storia degli Assassini giunta fino a noi si fonda su fonti indirette e spesso ostili. Le testimonianze più diffuse provengono da cronisti e viaggiatori occidentali o da funzionari sunniti che guardavano con sospetto agli ismailiti nizariti, il ramo sciita a cui appartenevano coloro che vennero identificati come “Assassini”. La distruzione della loro roccaforte di Alamūt nel 1256, ad opera dei Mongoli, portò con sé anche la perdita di gran parte della produzione scritta interna alla comunità. Questo vuoto documentario lasciò campo libero a racconti deformati da stereotipi culturali, timori religiosi e propaganda politica.
Alcuni esempi emblematici si trovano tra i cronisti medievali: Iacopo da Vitry, nella sua Historia Orientalis, li descrive come un gruppo devoto, pronto al sacrificio totale per il proprio signore; Burcardo di Strasburgo ne offre invece un’immagine inquietante e feroce, priva di freni morali. In questi racconti il termine “Assassino” comincia a caricarsi di significati sinistri e da semplice etnonimo si trasforma in sinonimo di omicida spietato e fanatico. È in questo crocevia di realtà storica e costruzione immaginaria che nasce la leggenda.
Una spinta decisiva alla diffusione dell’immagine leggendaria degli Assassini venne, nel XIII secolo, dal racconto di Marco Polo. Ne Il Milione, l’esploratore narra che Hasan-i Sabbah, leader degli ismailiti, avrebbe drogato i suoi giovani seguaci con hashish, trasportandoli poi in giardini lussureggianti per far loro credere di essere in Paradiso, così da convincerli a uccidere per lui. Questo episodio, privo di riscontri nelle fonti contemporanee e successivo di decenni alla caduta di Alamūt, ebbe tuttavia un enorme impatto sull’immaginario occidentale, alimentando una narrazione estremamente duratura. Anche Arnoldo di Lubecca, un altro cronista, contribuì alla leggenda riportando che i seguaci di Hasan si lanciavano da alte mura su suo comando, prova della loro cieca obbedienza.
Da queste fonti, spesso più letterarie che storiche, si forma l’iconografia occidentale degli Assassini: figli delle montagne, letali e invisibili, pronti a morire al minimo cenno del loro capo. Una rappresentazione che mescola paura e fascinazione per l’esotico, e che resiste ancora oggi, anche attraverso prodotti culturali moderni come Assassin’s Creed. La realtà storica, però, è ben diversa.
Un lavoro di smascheramento
Il merito del saggio di Laura Minervini sta nel mostrare con chiarezza come la leggenda degli Assassini dica più sull’immaginario occidentale che sulla realtà storica degli ismailiti. Le narrazioni che li hanno resi celebri non sono documenti attendibili della loro esistenza, ma costruzioni culturali sorte nel crocevia tra ignoranza, paura dell’altro e fascinazione per l’esotico. L’invenzione degli Assassini non è solo una ricostruzione storica, ma anche una sottile indagine critica sulle narrazioni stesse: decostruisce una leggenda radicata per restituire complessità a una comunità troppo a lungo semplificata e fraintesa.
Minervini analizza le fonti medievali con metodo filologico e rigore storico, ma senza mai sacrificare la leggibilità. Il suo linguaggio è accurato, sobrio, mai ridondante; ogni documento viene contestualizzato con precisione, permettendo anche ai lettori non specialisti di seguire l’evoluzione della leggenda e la sua propagazione nella cultura europea. Nonostante la densità del tema e la profondità delle implicazioni storiche, religiose e linguistiche, il testo rimane accessibile e coinvolgente, capace di parlare a studiosi, studenti e appassionati. In un’epoca in cui i confini tra storia e finzione appaiono sempre più sfumati, questo libro rappresenta un modello di divulgazione rigorosa, che coniuga solidità scientifica e capacità comunicativa. Minervini ci invita non solo a ripensare la leggenda degli Assassini, ma anche a interrogarci sul funzionamento stesso dei miti: su come nascano, si consolidino e diventino strumenti di lettura (o fraintendimento) del diverso.
Decostruire una leggenda non significa spegnerne il fascino, ma comprenderne la forza e reimmetterla nel suo contesto storico e culturale. È proprio qui che risiede la potenza del saggio: nel mostrare che dietro l’icona del sicario fanatico si cela una realtà ben più sfaccettata, fatta di tensioni religiose, strategie politiche, costruzioni discorsive e paure proiettate sull’altro. Con equilibrio, competenza e sensibilità, Minervini ci accompagna attraverso questa complessa genealogia della leggenda, offrendoci un esempio luminoso di come si possa fare storia anche delle leggende.