L’eresia dei “nuovi” manichei: Pietro Siculo e i pauliciani
Le Tre omelie contro i pauliciani redatte dal monaco Pietro Siculo negli ultimi decenni del IX secolo rappresentano gli unici testi superstiti di un progetto originale composto da sei testi. L’editore Città Nuova ne ha fatto un compendio e lo ha inserito nella collana dei nuovi testi patristici. Ma chi erano questi pauliciani? E Pietro Siculo?
Desideroso di mettere in guardia i propri lettori dalla diffusione nei territori dell’Impero d’Oriente dell’eresia cristiano-dualistica dei pauliciani – considerati eredi degli antichi manichei – l’autore offre un’attenta disamina di tre capisaldi della loro dottrina: il dualismo radicale, il rigetto della verginità di Maria e del suo ruolo di Madre di Dio e la negazione della eucaristia.
Le fonti da cui attinge Siculo sono molteplici e svariate: da alcuni passi biblici alla tradizione anticlericale, lo stile resta tuttavia sobrio e ricercato, impegnando a confrontare tra loro alcuni complessi e controversi assunti teologici, offrendo degli strumenti per comprendere in modo chiaro questo universo.
Se i pauliciani hanno una storia complessa, anche quella di Siculo è di difficile analisi: il suo profilo non è tracciato in modo puntuale e la ricostruzione della sua vita non è scevra da dubbi. Alcuni parlano come di un siciliano poi trapiantato a Costantinopoli e addirittura non tutti sono concordi sulla collocazione temporale di questa opera, oscillanti tra la seconda metà del IX secolo e il 920.
I pauliciani di cui si parla, tra l’altro, sono un gruppo che ha origini armene e da qui si spiega perché il distaccamento da alcuni dei più fondamentali dogmi ecclesiastici: anche la Chiesa apostolica armena ha ragionato circa il miafisismo del Cristo, perché, essendo lo Stato armeno situato al di fuori dei confini dell’Impero romano, la Chiesa apostolica armena non prese parte al concilio di Calcedonia, tenutosi nel 451, in cui si affermò che Cristo è una sola persona in cui convivono due nature, quella umana e quella divina, pertanto non ne firmò i decreti. Essa non aderì neppure alle decisioni prese dopo il concilio, tra cui la condanna del monofisismo (sostenuto, invece, dalla Chiesa ortodossa siriaca). Essa si separò definitivamente dalla Chiesa cattolica nel 554 (appena un anno dopo il concilio di Costantinopoli), quando gli armeni rigettarono (Concilio di Dvin) le tesi “duofisite” del concilio di Calcedonia. Quasi trecento anni dopo, dei “nuovi” manichei si riaffacciano con tesi similari, soprattutto inerenti la prima omelia (la migliore realizzata) e le altre due, di cui l’ultima è una riflessione e analisi circa il pane e il vino dato ai discepoli durante l’Ultima Cena, per il pauliciani inteso soltanto in senso figurato.
L’edizione è a cura di Mauro Mormino, dottore in Scienze Storiche a Messina, con una sua introduzione (necessaria) a inizio libro che ci aiuta molto bene a comprendere il portato storico dei pauliciani.
Tra le righe si nota una passione e un interesse fuori dal comune nei confronti della materia e sull’origine del canone pauliciano.