Il posto dell’Irak in un Medio Oriente in ricomposizione

Per lungo tempo caratterizzato dalle rivalità che coinvolgevano l’Iran e i suoi legami regionali, il Medio Oriente sembra entrare in una nuova fase. Questa evoluzione si spiega in gran parte dalla risposta israeliana agli attacchi perpetrati da Hamas il 7 ottobre 2023, che ha destabilizzato i rapporti di forza regionali a più livelli. Proveremo qui a capire quale posizione cerchi di raggiungere il governo iracheno che va destreggiandosi tra un Medio Oriente mutevole e l’inizio della nuova Amministrazione Trump.
L’indebolimento militare e politico di Hezbollah, combinato con la caduta del regime di Bachar Al-Assad l’8 dicembre 2024, hanno reso più fragile l’alleanza composta da Iran, Hezbollah, Siria, milizie irachene e Houti, nota come Asse della resistenza, disgregando le sue componenti e riducendo così la sua capacità d’azione.
A differenza di Hezbollah, le milizie filo iraniane in Irak hanno avuto un ruolo limitato nel confronto con Israele. Questo passo indietro, anche se relativo, ha preservato la stabilità dell’Irak offrendogli l’opportunità di riposizionarsi sullo scacchiere regionale. Cosciente del notevole l’indebolimento del suo partner iraniano, Baghdad potrebbe così cercare di emanciparsi dalla sua influenza.
La reazione dell’Irak alla caduta di Al-Assad
La caduta di Bachar Al-Assad in Siria è stata percepita come un rischio per l’insieme dei Paesi vicini, facendo temere una nuova mobilitazione dello Stato islamico e la ripresa della lotta tra le diverse fazioni per il controllo del territorio (Forze democratiche siriane, Esercito siriano libero …). Così il governo iracheno e la maggioranza delle milizie filo iraniane, hanno dato la priorità alla messa in sicurezza delle loro frontiere e non al sostegno del regime di Assad.
Il Primo Ministro iracheno Mohamed Chia Al-Soudani ha subito stabilito il contatto con Ahmed Al-Shara’a, Presidente siriano ad interim, per appoggiare la transizione politica in corso. Baghdad cerca oggi di normalizzare le sue relazioni con il nuovo potere e posizionarsi così come potenziale interlocutore tra la Siria e l’Iran.
Anche se il leader siriano ha condannato l’azione delle milizie filo iraniane, le autorità siriane non vogliono occuparsene, appellandosi piuttosto ad un coinvolgimento “più positivo” dell’Iran a livello regionale. Questa politica di apertura permetterà all’Irak di partecipare alla stabilizzazione regionale mentre prende, in parte, le distanza dall’Iran. Gli osservatori ritengono che in questa prospettiva, Baghdad mostrerà una certa neutralità per ottenere un ruolo costruttivo nella regione.
I legami di Baghdad con l’Occidente
Nonostante alcune fazioni in Irak siano considerate parte dell’Asse della resistenza, l’Irak si trova al crocevia dell’influenza iraniana e americana nella regione. Nell’ambito della lotta contro lo Stato islamico, 2.500 soldati americani sono ancora presenti sul suolo iracheno. Malgrado la volontà reciproca di arrivare al ritiro delle truppe, queste ultime rimangono di stanza per lottare contro l’influenza iraniana, le cui milizie hanno intensificato dal 2022 gli attacchi contro le postazioni americane.
Intrappolato tra gli attacchi delle milizie e la pressione americana per un ritiro fatto in sicurezza, il governo iracheno si trova in una posizione difficile da gestire, dovendo muoversi con equilibrio tra due attori antagonisti. Per il secondo mandato di Donald Trump, Baghdad occupa una posizione particolare essendo considerata come uno degli ultimi bastioni dell’influenza iraniana.
A questo titolo, prima dell’inizio ufficiale del suo mandato, Trump ha rivolto un messaggio alle autorità irachene, incoraggiandole a lavorare sul controllo della produzione di armi che sfuggono al controllo dello Stato e sul contrasto dell’influenza dei gruppi filo iraniani. Gli analisti ritengono che questo messaggio fosse soprattutto rivolto alle forze dell’Hachad Al-Chaabi (Unità di mobilizzazione popolare), un attore chiave nella lotta contro lo Stato islamico, ma anche il principale vettore dell’influenza iraniana in Irak.
L’Irak e l’influenza iraniana
Inizialmente organizzata come una confederazione di milizie, Hachad Al-Chaabi si è imposta come una reale componente della politica iraniana. Grazie ad una legge votata il 26 novembre del 2016, il Parlamento ha garantito il suo non smantellamento, il mantenimento delle sue armi e ha permesso la sua integrazione all’interno dello Stato iracheno, ponendola sotto la tutela del Primo Ministro. Ciononostante, questa mantiene una certa autonomia, possibile grazie allo statuto che regolamenta la formazione militare.
Contemporaneamente parte dello Stato iracheno e componente dell’Asse della resistenza, questa struttura può giustificare delle operazioni che escono dalla logica dello Stato, soprattutto quelle contro le postazioni americane. Parallelamente, Hachd Al-Chaabi ha sviluppato delle ramificazioni politiche che le permettono di sedere in Parlamento e pesare sulle scadenze elettorali.
Questa organizzazione, allineata sugli interessi dell’Iran, può così esercitare un controllo diretto sulla politica irachena. Malgrado il potere detenuto sulla scena interna, l’influenza iraniana si trova messa a dura prova di fronte all’evoluzione che sta subendo il Medio Oriente. Posto di fronte alla volontà di emanciparsi mostrata del governo iracheno, l’ayatollah Khamenei, in occasione di un incontro tra i due governi avvenuto lo scorso 8 gennaio, ha ricordato il suo legame all’Hachad Al-Chaabi e ha dichiarato auspicare un potenziamento di queste ultime. Questa dichiarazione sottolinea la divergenza di interessi tra l’Iran e gli Stati Uniti nei confronti dell’Irak.
Quest’ultimo, nonostante i suoi tentativi di mantenere una posizione di equilibrio, rimane un attore secondario schiacciato nelle rivalità globali. Non avendo strumenti per liberarsene, il governo iracheno non può che chiedere la cooperazione tra i due rivali. A questo proposito, il 3 febbraio 2025 il presidente del Parlamento iracheno ha chiesto al governo iraniano di iniziare un dialogo più intenso con i Paesi occidentali, con il fine di promuovere la sicurezza regionale. Il governo iracheno desidererebbe posizionarsi come mediatore tra le due potenze.
Se l’Amministrazione Trump cerca contemporaneamente di ritirare il suo esercito, stabilizzare la regione e impedire all’Iran di ottenere l’arma atomica, sicuramente saranno necessari negoziati molto accurati. Come leva utile per i negoziati, gli analisti pensano che questi potrebbero includere la questione delle milizie filo iraniane, così come il sostegno dato agli Houti in Yemen. Tuttavia, lo scenario di un negoziato positivo tra l’Iran e gli Stati Uniti rimane molto incerto malgrado la volontà di Teheran di evitare un confronto diretto.
In effetti, il contesto regionale spinge Teheran ad assicurarsi la sua sicurezza, soprattutto quando l’appoggio incondizionato statunitense alla politica israeliana sembra prolungarsi. Rimane da capire se Baghdad saprà trarre vantaggio da questa riconfigurazione regionale e guadagnare così più autonomia, o se il Paese rimarrà imbrigliato tra le sue divisioni interne e la rivalità tra Washington e Teheran.