Nigeria: si festeggiano i 64 anni di indipendenza, ma il primo ottobre non è stato propriamente un giorno di festa
Gli anniversari dell’indipendenza sono solitamente occasione di festa, ma i nigeriani hanno celebrato, lo scorso primo ottobre, il sessantaquattresimo anniversario dell’indipendenza del Paese dal Regno Unito con numerose manifestazioni di protesta.
Il Paese sembraandare alla deriva.
Se in molti hanno manifestato, altri, come il Presidente Bola Tinubu hanno cercato di dare a questa giornata la possibilità di fare il punto della situazione e riflettere sulle sfide che il Paese continua ad affrontare.
Forse per distrarre dal malcontento popolare o dare l’impressione di essere reattivo, il portavoce di Tinubu ha annunciato un imminente rimpasto di governo, a soli 16 mesi dall’inizio del mandato di quattro anni del Presidente nigeriano.
Ma il rimpasto sarà probabilmente visto dai cittadini, e forse dall’amministrazione stessa, come un tentativo estremo per scongiurare ulteriore rabbia.
Subito dopo essere salito al potere Tinubu ha eliminato il sussidio che manteneva basso il prezzo del carburante per i nigeriani, e cancellato l’ancoraggio della naira al dollaro americano, consentendo così al mercato di determinare il prezzo della valuta, in un contesto di aumento del costo della vita e di un’economia già molto tesa. Mai la naira ha toccato livelli così bassi come nell’ultimo anno.
Oltre alla tesa situazione economica, l’elezione di Tinubu ha riacceso l’attenzione sulle divisioni della Nigeria ancorate ferme sulla linea identitaria, ma mettendo anche in guardia tutta l’amministrazione sul fatto che per unificare la Nazione sarebbe stato necessario un lavoro molto lungo, su un sentiero tutto in salita. I primi segnali non sono molto rassicuranti. Raramente, nella storia della Nigeria si è visto un Paese così diviso.
Per gli analisti, i cattivi risultati di questo primo anno di governo di Tinubu hanno diverse motivazioni.
Innanzitutto, ha portato avanti la stessa politica del suo predecessore, l’ex Presidente Muhhamadu Buhari, facendo nomine di gabinetto e nell’amministrazione attraverso la politica delle identità regionali ed etniche della Nigeria e che più gli andavano a genio.
Mentre Buhari era stato accusato di essere prevenuto nei confronti della forza politica settentrionale, Tinubu è stato accusato di accentrare i posti chiave nelle mani di figure politiche del sud-ovest, dove la sua influenza è più forte.
Ciò ha alimentato risentimenti preesistenti sulla percezione che i frutti derivanti dalle ricchezze del Paese non vengano equamente distribuiti, ma vadano a premiare i gruppi etnici più grandi che hanno rappresentati al potere.
L’approccio di Tinubu ha inoltre creato un divario di classe, con nigeriani più poveri che sopportano il peso delle sue politiche economiche stringendo la cinghia, e i più ricchi che diventano sempre più ricchi. In particolare, l’impatto della mal gestita rimozione del sussidio per il carburante, decisa subito dopo il suo insediamento nel Maggio del 2023, ha colpito in modo sproporzionato i segmenti meno abbienti del Paese.
Il messaggio di Tinubu è stato quello di invitare tutti i nigeriani a sacrificarsi ora per raccogliere dividendi in futuro. Eppure, ha nominato il più grande gabinetto nella storia del Paese, gravando ulteriormente sulle finanze pubbliche già precarie, mentre una serie di controversie sulla spesa – dalle rivelazioni sui costosi viaggi all’estero della First lady alle lamentele su voci di bilancio non necessarie – hanno dato l’impressione che questo sia un governo per pochi privilegiati.
Queste due divisioni, lungo linee etnico-regionali e di classe, spiegano perché i movimenti popolari su larga scala spesso fatichino a fondersi in mobilitazioni veramente “nazionali”.
Ad esempio, proteste le #EndBadGovernance che hanno avuto luogo ad agosto, sono state in gran parte viste come un movimento guidato dal Nord contro un Presidente del Sud.
Allo stesso modo, le proteste dell’ottobre 2020, #EndSARS, sotto Buhari sono state percepite come una manifestazione del Sud contro un Presidente del Nord.
In realtà, queste proteste di massa cicliche mascherano tra la popolazione una generale apatia e disillusione nei confronti della struttura governativa della Nigeria.
In particolare, le proteste del Giorno dell’Indipendenza, soprannominate #FearlessOctober1, si sono svolte nella capitale Abuja, nel centro economico di Lagos e in alcuni altri stati a livello nazionale, ma in tutte mancava incisività.
Si potrebbe obbiettare che i nigeriani in realtà si impegnano con le strutture amministrative statali e locali, da cui dipendono più direttamente per la governance, piuttosto che con il Governo federale, che può sembrare distante e lontano dalla loro vita quotidiana.
Aiuta il fatto che, per la maggior parte, gli Stati della Nigeria siano in gran parte omogenei o almeno isolati dalle divisioni etniche che tendono a plasmare la politica nazionale.
Inoltre, una recente sentenza della Corte Suprema sembra aver ripristinato il rispetto dei governatori statali per l’autonomia costituzionalmente sancita dei governi locali, portando diversi Stati ad indire elezioni fin troppo rimandate.
Ma anche queste strutture locali non sono immuni dalla disillusione che molti nigeriani provano nei confronti dello Stato. In effetti, l’impegno negli affari civici e nel dibattito è spesso limitato a causa di un diffuso senso di inutilità, come sottolinea la bassa affluenza alle urne nelle recenti elezioni governative dello stato di Edo.
Una tendenza che si ritrova tra gli elettori al livello nazionale e che fa sì che i funzionari eletti siano sprovvisti di un vero mandato da parte della maggioranza dei cittadini.
Accanto a questa mancanza di fiducia nelle strutture governative e nell’economia, ci sono le persistenti sfide alla sicurezza della Nigeria.
La regione del Nord-Est è stata a lungo soffocato dalla lotta contro BokoHaram, una setta terroristica estremista che opera in tre Stati da oltre un decennio.
Il più popoloso nord-ovest, sede della capitale commerciale del nord di Kano e della capitale storica Kaduna, è stato negli ultimi anni afflitto da banditismo e gruppi jihadisti. Mentre ora ci sono pochi incidenti importanti, se paragonati al rapimento delle 276 ragazze della città di Chibok nello Stato di Borno nel 2014, la regolarità di incidenti simili hanno portato all’insensibilità di molti nigeriani nei confronti di questi episodi minori, ma non per questo meno gravi.
E l’agitazione secessionista nel Sud-Est, gli scontri per le risorse petrolifere nel Sud-Sud e gli scontri tra gli agricoltori e pastori in tutta la MiddleBelt e nel Sud-Ovest completano il quadro di una Nazione in ginocchio sotto il peso delle minacce alla sicurezza.
Di solito un tale panorama politico porterebbe all’emergere di un’opposizione attiva pronta a fornire un’alternativa ai cittadini. Ma il principale Partito di opposizione della Nigeria, il Partito Democratico del Popolo, è stato coinvolto in divisioni interne, con due gruppi che rivendicano la leadership, contribuendo così alla persistente incertezza sulla direzione e le prospettive future del Partito.
L’ottimismo generato da una potenziale alternativa di un terzo Partito, che è stato un elemento di sorpresa alle elezioni Presidenziali del 2023, è stato in gran parte smorzato dopo i successivi scarsi risultati dei ballottaggi alle elezioni per il governatorato.
Il panorama sembra essersi atomizzato e, nonostante i bassi indici di gradimento, è probabile che Tinubu vinca un secondo mandato se dovesse candidarsi nel 2027 a causa dell’assenza di un’opposizione unita a coordinata.
È stato nel contesto di queste sfide, alcune persistenti, altre nuove, che i nigeriani hanno riflettuto sui 64 anni di indipendenza.
Inoltre, non sono solo i nigeriani, ma anche è l’intera Regione che guarda al Paese con preoccupazione, in particolare per lo stato di salute della democrazia in Africa occidentale e il ruolo che la Nigeria deve svolgere nel tentativo di evitare il ritorno ad un’epoca in cui i regimi militari erano la norma.
Tinubu ha ora iniziato un secondo mandato come Presidente della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, o ECOWAS, dove sarà probabilmente occupato nel cercare di mantenere l’Alleanza degli Stati del Sahel – che comprende i governi guidati dai militari del Mali, Burkina Faso e Niger – nonostante la tentazione di molti di loro di ritirarsi.
Quindi, anche se la Nigeria deve gestire i suoi difficili affari interni, non può permettersi di distogliere lo sguardo da ciò che sta accadendo intorno a lei.
L’autoanalisi che è ora necessaria è triplice.
In primo luogo, in che modo lo Stato e i suoi funzionari eletti possono garantire che i loro cittadini sperimentino i benefici della democrazia e sentano il desiderio di difenderla sulla scia di tutti i colpi di stato riusciti e tentati nella Regione?
In secondo luogo, come possono evolvere le strutture di governance della Nigeria per garantire che tutte le parti del Paese si sentano coinvolte nella crescita, piuttosto che tentate da campagne statali e regionali per la secessione?
In terzo luogo, ma forse il punto più urgente, come può lo Stato smorzare per poi disinnescare completamente la percezione popolare che la Nigeria sia un Paese che lavora solo per i ricchi e l’élite?
Queste domande hanno lasciato perplessi leader e analisti per decenni, ma per far sì che nel futuro i Giorni dell’Indipendenza siano celebrati come un unico Paese, la Nigeria ora deve rispondere senza più aspettare.
Un buon punto di partenza sarebbe forse quello di riflettere profondamente sul tipo di federalismo di cui la Nigeria ha bisogno per funzionare in modo efficace.
La recente sentenza della Corte Suprema sull’autonomia del governo locale offre al Paese la possibilità di cercare di reindirizzare la governance da un approccio dall’alto verso il basso ad uno guidato più dalla base.
Rafforzare le istituzioni nigeriane “rivolte alla democrazia” per ridurre la politicizzazione della governance contribuirebbe anche a rinvigorire la politica nazionale.
Questo deve includere la Commissione Elettorale Indipendente, o INEC, che sovrintende alle elezioni nigeriane, perché dare sostegno alla legittimità dei processi elettorali del Paese disinnescherebbe il circolo vizioso dei funzionari pubblici irresponsabili che provocano rabbiose ma inefficaci mobilitazioni popolari, caratteristiche della cultura politica nigeriana.
Queste domande, e le riflessioni che generano, non sono un’esclusiva per la sola Nigeria e dovrebbero far parte di un continuo dialogo tra gli Stati e le società dell’Africa occidentale, del continente e del mondo, in particolare nelle democrazie vulnerabili con economie in via di sviluppo.
Sono particolarmente importanti nei momenti destinati a segnare la coesione nazionale, come il Giorno dell’Indipendenza, e in un momento in cui i cittadini possono vedere alternative non democratiche già reali nei Paesi vicini.
Il fallimento nell’affrontarle adeguatamente oggi influirà senza dubbio sul come la Nigeria celebrerà i suoi futuri giorni dell’Indipendenza.