In Camerun si sta già profilando l’era post-Biya
Il Presidente del Camerun Paul Biya ha fatto un passo avanti verso la proroga del suo governo pluridecennale.
Alla fine di agosto, il suo Partito, il Movimento democratico del popolo del Camerun, ha appoggiato la sua candidatura alle prossime elezioni presidenziali del Paese.
L’annuncio è arrivato sulla scia di un voto dell’Assemblea nazionale del Camerun volto ad estendere il mandato dei parlamentari in carica e posticipare le prossime elezioni legislative e comunali al 2026, un anno dopo la data prevista inizialmente.
Il novantunenne Biya, che è Presidente dal 1982, non ha annunciato pubblicamente i suoi piani immediati, ma si prevede che cercherà la rielezione nella prossima tornata elettorale prevista per ottobre 2025.
Se così fosse, non ci sarebbe alcun dubbio sulla sua vittoria, visto il totale controllo che ha sull’ordine pubblico del Camerun e visti i risultati di tutte le ultime elezioni presidenziali del Paese.
Gli osservatori ritengono che questa competizione sarà poco più di un esercizio accademico.
Ciononostante, qualcuno, compresi i più stretti alleati politici di Biya, stanno adottando una visione a lungo termine del panorama politico, che è tutt’altro che semplice.
Le speculazioni sulla “vita dopo Biya” circolano da tempo in Camerun, ma sono diventate più pressanti negli ultimi anni, vista l’età avanzata del Presidente e la sua riluttanza nel formulare un piano di successione.
Biya avrà 92 anni al momento delle prossime elezioni, e un mandato presidenziale in Camerun dura sette anni, il che significa che avrà 99 anni quando si concluderà il suo ottavo mandato nel 2032.
Ovviamente c’è un consenso diffuso, anche se sottotraccia, sull’improbabilità che Biya riesca a portare avanti un mandato completo.
Di conseguenza, le discussioni, delicate ma inevitabili, su una possibile successione diventano sempre più frequenti e sempre più significative, sia per il Camerun, che per l’intera Regione, visto il potenziale di instabilità politica previsto per i prossimi anni.
L’Amministrazione Biya, i cui alleati controllano anche il Parlamento, ha difeso il rinvio delle prossime elezioni parlamentari e comunali come atto necessario dato dalle difficoltà finanziarie e logistiche del Paese.
Tuttavia, i gruppi di opposizione hanno sostenuto che il ritardo era solo uno stratagemma di Biya e dei suoi alleati per mantenere la presa sul potere, anche perché il governo si è rifiutato di fornire dettagli sulle presunte difficoltà finanziarie e logistiche che hanno reso così necessario il rinvio delle elezioni.
Inoltre, i 42 anni di governo di Biya sono stati caratterizzati da una vasta corruzione, frodi elettorali, l’eliminazione di praticamente tutte le barriere istituzionali e una repressione diffusa su stampa, attivisti della società civile e critici del governo in generale.
All’inizio di questo anno, il governo ha messo fuori legge due coalizioni dell’opposizione di governo dopo averle accusate di essere “movimenti clandestini”. E si dice che i consiglieri più stretti di Biya siano i fautori di una proposta di emendamento della legge elettorale che eliminerebbe una serie di potenziali candidati dell’opposizione alla corsa presidenziale del 2025.
Le recenti repressioni delle libertà civili e delle libertà politiche, che molti camerunesi ritengono legate alle prossime elezioni nazionali, hanno messo in grande allarme l’opinione pubblica.
La campagna di registrazione degli elettori, lanciata dalla Commissione elettorale nazionale in vista della corsa presidenziale del 2025, e chiusa lo scorso 31 agosto, ha faticato a guadagnare consensi, con la registrazione di appena la metà degli elettori aventi diritto.
In Camerun, molti gruppi per i diritti umani affermano che la riluttanza delle persone nel registrarsi è dovuta anche alla dura repressione subita dai sostenitori di Maurice Kamto, il candidato presidenziale del Partito di opposizione Cameroon Renaissance Movement, alle elezioni del 2018.
I sostenitori di Kamto hanno affermato che ci sono stati infiniti brogli in tutto il procedimento elettorale e sono scesi in piazza subito dopo che la Commissione elettorale aveva dichiarato Biya vincitore.
Quelle elezioni sono state anche le prime a svolgersi dopo l’inizio della crisi anglofona – un movimento di protesta trasformato in insurrezione nelle due regioni meridionali del Paese di lingua inglese – e sono state profondamente colpite dal conflitto.
L’affluenza alle urne nelle due regioni è stata stimata al 10%, poiché i gruppi separatisti hanno imposto rigorosamente il boicottaggio delle elezioni.
Prima e dopo le elezioni, le forze di sicurezza governative hanno lanciato dei raid in alcune parti delle regioni anglofone e nelle aree abitate dagli anglofoni di Yaoundė e Douala, rispettivamente capitali politiche ed economiche del Camerun.
La crisi anglofona ha già fatto 6.000 vittime e mostra pochi segni di ammorbidimento, nonostante alcuni tentativi di mediazione nazionali e internazionali. L’ottimismo su una risoluzione pacifica del conflitto non è ai massimi, e pochi elettori delle regioni insorte credono che le elezioni presidenziali del 2025 si terranno in condizioni libere ed imparziali.
Su tutte queste questioni, tuttavia, aleggia la questione di chi o cosa verrà dopo Biya, una questione della quale sia i suoi alleati che i suoi oppositori hanno evitato di parlare pubblicamente. Nel corso del suo lungo governo Biya ha tenuto in mano il potere giocando un’intricata partita con la classe politica del Paese. Ha spietatamente messo all’angolo i lealisti di un tempo ritenuti essere diventati una minaccia per la sua preminenza e ha abilmente cooptato avversari dei quali ha conquista la piena e indiscussa fedeltà.
Inoltre, Biya ha sempre evitato di essere coinvolto nelle lotte di potere e rivalità tra i membri della sua cerchia ristretta, arrivando ad “incoraggiare” le dispute. Ciò gli ha permesso di mettere individui e fazioni in competizione l’una contro l’altra, ma a suo vantaggio.
Tuttavia, la presa apparentemente inattaccabile di Biya sul potere sta cominciando a vacillare. Si sa da tempo che trascorre lunghi periodi in Svizzera e Francia e fa solo sporadiche apparizioni pubbliche nel suo Paese, solitamente solo per funzioni ufficiali.
Queste apparizioni sono diventate ancora più rare negli ultimi anni, alimentando le preoccupazioni sulla sua salute e ponendo maggiore attenzione sull’esistenza o meno di un piano di successione.
Come si è visto sotto gli attuali e precedenti regimi nelle Nazioni vicine dell’Africa centrale come il Ciad, la Guinea Equatoriale, il Gabon e la Repubblica del Congo, anche le fazioni in competizione all’interno del clan Biya stanno lottando per il primato in vista della sua eventuale uscita di scena.
Gli osservatori hanno evidenziato tre blocchi. Il primo è guidato da un tandem composto da Chantal Biya – la moglie di Biya – e Ferdinand Ngoh Ngoh, il Segretario generale della presidenza che si dice sia un parente di Chantal ed è considerato da molti come un Presidente ombra.
Il secondo sarebbe guidato dal Primo Ministro Joseph Dion Ngute e da Samuel Mvondo Ayolo, ex Ambasciatore in Francia che ora ricopre il ruolo di direttore del gabinetto civile della presidenza, una posizione di alto rango con sede nell’ufficio del Primo Ministro.
La terza è incentrata su Franck Biya, figlio maggiore del Presidente, che è visto da alcuni come un forte contendente al trono.
Come consigliere non ufficiale di suo padre, la cui influenza si estende anche alle capitali straniere, l’importanza di Franck Biya deriva dal suo ruolo tuttofare il cui portafoglio spazia dalla diplomazia al settore navale, fino arrivare all’influenza informale nelle federazioni sportive del Paese.
Ricordiamo che queste fazioni sono tutt’altro che esaustive, fisse o che si escludano a vicenda.
Si sovrappongono e la loro composizione cambia frequentemente date le estese reti di parentela esistenti tra gli alleati di Biya e, più in generale, nella classe politica del Camerun.
Un esempio. Potenti elementi dell’esercito, delle agenzie di intelligence e di altri servizi di sicurezza – che sono i cardini del regime – hanno stretti rapporti con i singoli membri di tutti e tre i blocchi evidenziati.
È anche possibile che queste fazioni possano frammentarsi ulteriormente nel tempo a fronte di nuovi eventi e sviluppi.
L’infinita gamma di possibilità potrebbe plausibilmente portare attriti e persino ad atti di disperazione destabilizzanti, simili a quelli che si sono visiti sei anni fa in Gabon, quando una fazione del regime dell’ex Presidente Ali Bongo ha approfittato della sua salute cagionevole per cercare di prendere il controllo del governo.
La crisi politica innescata da quel vuoto di potere ha lasciato il posto a un tentativo di colpo di Stato militare che si è concluso con un fallimento, ma avrebbe potuto rilevarsi molto più devastante, e in qualche modo le molte controversie irrisolte tra le diverse fazioni del clan Bongo allargato hanno spianato la strada al colpo di Stato, questa volta riuscito, che ha spodestato Bongo lo scorso anno.
Per essere chiari, in Camerun esiste un ordine costituzionale di successione. In caso di vacanza a causa del decesso o dell’incapacità del Presidente, il consiglio costituzionale deve dichiarare formalmente che il Presidente non è in grado di svolgere le sue funzioni del suo ufficio.
Successivamente, il Presidente del Senato deve coprire il posto vacante fino all’elezione di un nuovo capo di Stato entro un periodo di 120 giorni.
Molti camerunesi però ritengono improbabile che l’ordine costituzionale venga rispettato.
Per altri, anche se lo fosse, non segnerebbe una rottura con lo status quo, né impedirebbe le lotte di potere che probabilmente emergeranno nell’era post Biya.
I governi regionali ed internazionali farebbero bene a prestare molta attenzione agli eventi di Yaoundé, soprattutto Francia, Stati Uniti e Nigeria.
Parigi è l’ex governo coloniale del Camerun e una sostenitrice di lunga data di Biya, Washington è un partner chiave per la sicurezza, e la Nigeria condivide il confine con il Camerun per quasi 2000 chilometri.
Tutti e tre hanno un certo grado di interesse per gli eventi che coinvolgono il Camerun, soprattutto la Nigeria che ospita centinaia di migliaia di camerunesi, gran parte dei quali sono i rifugiati fuggiti dal conflitto nelle regioni anglofone.
Data la sua posizione strategica al crocevia tra Africa occidentale e centrale, le sue ricchezze minerarie e la sua diversità geologica, linguistica e culturale, il Camerun è talvolta definito “Africa in miniatura”. È anche soggetto a molte delle sfide economiche, securitarie e demografiche osservate un po’ in tutto il Continente.
Deve affrontare l’insicurezza dilagante nel Nord, una ricaduta della crisi nel bacino del lago Ciad che colpisce Nigeria, Niger e Ciad.
Nelle regioni meridionali anglofone, i combattimenti tra le truppe governative e i ribelli separatisti stanno mettendo a dura prova l’accesso al cibo e all’acqua, anche se già più di un mezzo milione di persone sono fuggite dalle loro case.
Nell’est, una terza crisi umanitaria è emersa tra le centinaia di migliaia di rifugiati del conflitto nella vicina Repubblica Centroafricana.
In quanto tale, il Camerun è apparso nella classifica del Norwegian Refugee Council tra le 10 crisi umanitarie più trascurate al mondo e tutte le sue sfide attuali stanno peggiorando la sua situazione. Anche i fondi dei donatori stanno diminuendo, e la capacità dello Stato camerunese di fornire servizi pubblici si sta indebolendo ulteriormente.
Il Paese ha bisogno di tutto il sostegno della comunità internazionale se vuole sviluppare la sua economia, mitigare le sfide umanitarie e securitarie e gestire una ormai necessaria transizione politica alla quale però non è assolutamente preparato. L’era post Biya è una presa di coscienza che non può più essere rimandata.