C’est ouf: il Nuovo Fronte Popolare vince le elezioni in Francia
“C’est ouf”, così titola la prima pagina di Libération alla luce di quanto è appena accaduto in Francia. È successo l’inaspettato: a un mese dal recente rollercoaster mediatico, la sinistra francese ha trionfato alle legislative.
Finiti i festeggiamento, però, è arrivata l’ora di tirare le somme e capire quali siano le sfide e le insidie del nuovo governo francese.
Dalla presidentalizzazione alla parlamentarizzazione
Probabilmente non dimenticheremo mai la pletora di porta a porta, i volantinaggi a tappeto, i comizi, le dichiarazioni di Mbappé, le campagne social. Quello che è appena avvenuto è un ribaltamento di sorti storico. Tuttavia, essendo privo di una maggioranza assoluta, chiunque si troverà a dettare le sorti della Francia dovrà farei conti con inevitabili compromessi già in partenza. Che la Francia sia un paese imprevedibile ed ingovernabile è una considerazione annale. Eppure, oggi più che mai, l’Assemblea Nazionale, divisa com’è in tre blocchi, non sembra facilmente governabile. Nessun primo ministro sembra avere numeri abbastanza solidi per radicarsi e, come non bastasse, alla prova dei fatti bisognerà vedere quanto la coalizione della sinistra sarà unita terminato il terrore della vittoria di Marine Le Pen.
Lo sconfitto Jordan Bardella ha dichiarato che “Si apre una fase nuova”. Infatti, il potere non sarà più soltanto nelle mani del presidente della Repubblica, ma anche e, soprattutto, del Parlamento. Nessun blocco è arrivato alla soglia di 289 eletti per la maggioranza assoluta, però in Francia non è necessario il voto di fiducia, i governi possono anche essere formati da maggioranze relative. In tutto ciò, sempre più commentatori e politici stanno cominciando a sostenere che si stia passando da una fase di “presidentalizzazione” a una di “parlamentarizzazione”. In sostanza, i deputati dovranno imparare maggiormente a dialogare dal momento che l’Assemblea sarà divisa in tutto e per tutto.
La danza dei ministri al giro di boa
Il 18 luglio l’Assemblea nazionale dovrà votare il nuovo presidente. Il partito più avvantaggiato, subito dietro i Socialisti, sembra essere la France Insoumise. L’ex capogruppo rieletta dell’Insoumise Mathilde Panot ha affermato che: “Il partito con più deputati proporrà agli altri membri del fronte popolare il nome che ha scelto. E lo faremo solo per applicare il nostro programma”. Ecco, probabilmente dovremo aspettarci una France Insoumise intenta a portare il suo nome al tavolo delle sinistre cercando poi di mediare. Quel che è certo è che ora la mossa spetta ancora a Emmanuel Macron. A lui sta il compite di stabilire la cornice entro cui muoversi. Se poi da un lato Bardella potrebbe osservare da lontano il palazzo che tanto anelava, dall’altro potrebbe anche godere dei possibili (e forse inevitabili) logoramenti interni nel futuro prossimo della sinistra per trarne vantaggio.
La domanda a questo punto è: reggerà la tenuta del Nuovo Fronte Popolare? A cinque giorni dalla nascita, subito dopo le elezioni Europee hanno firmato un contratto di legislatura. Ma cosa unirà la sinistra ora che l’aggregatore del “nemico comune” andrà dissolvendosi? Pochi ma fondamentali punti cercheranno di tenere compatto il Fronte: abolizione della riforma delle pensioni di Macron, aumento del salario minimo e tasse ai più ricchi. Mélenchon, il leader dei Socialisti e la segretaria dei Verdi hanno tutti, a caldo, detto che l’obiettivo è realizzare il programma e lavorare per quello. Ma la maggioranza è troppo relativa per mettere in pratica in via pura un programma del genere.
L’immediato futuro in Francia
Certo è che all’interno della coalizione vi è anche una sinistra più moderata che mal sopporta la radicalità di La France Insoumise. Nonostante ciò, non sembrano diretti troppo lontano dal fronte, dal momento che l’unica alternativa sarebbe quella di legarsi ai macroniani. Chi vorrebbe mai legarsi alle forze del presidente più detestato del momento? Ecco che, allora, bisognerà tener d’occhio i Socialisti. Questi ultimi, guidati da Glucksmann alle europee sono risorti guadagnandosi il 13%. Questi ultimi hanno candidato l’ex presidente della Repubblica François Hollande. Proprio l’ex capo dell’Eliseo è uno di quelli che, non a caso, ha usato parole istituzionali per l’unità e il dialogo. E ha incassato la chiamata di complimenti di Macron per l’elezione in Corrèze. .
Intanto, il Fronte Popolare, dopo la massiva mobilitazione che ha destato nel momento di peggior legame dei francesi con la politica, avrà di certo il fucile puntato alla fronte. Sarà stata la mossa giusta votarli solo per fare da barriera alla destra estrema, o ha permesso nuovamente a Macron di fare i suoi interessi? Questa è la domanda che aleggia tra gli elettori.