Le Jeux Sons Fait, la crisi di governo Barnier trascinerà con sé la Presidenza Macron?
La Francia sta precipitando verso una tempesta perfetta di crisi politica e finanziaria mentre il 2024 sta volgendo al termine. Il Rassemblement National di Marine Le Pen sta minacciando di staccare la spina al già fragile governo di coalizione guidato dal primo ministro Michel Barnier vistigli interventi dell’Ex Commissario europeo alla concorrenza per contenere l’enorme deficit pubblico francese.
Le Pen ha dato a Barnier come ultimatum lunedì prossimo per rispondere alle sue richieste e modificare i piani di bilancio del governo, con la conseguenza che, se il governo non dovesse correggere “il tiro” delle misure nella legge di bilancio, il governo potrebbe cadere già la prossima settimana gettando la Francia nel caos “Istituzionale” con il terzo governo parlamentare caduto negli ultimi 12 mesi rivelando la fragilità del sistema politico della Repubblica e provocando altresì conseguenze catastrofiche per la stabilità dell’eurozona.
Una crisi politica senza fine
Riavvolgendo il nastro e tornando a giugno, la crisi politica francese è scoppiata quando il presidente francese Emmanuel Macron ha indetto elezioni anticipate dopo che il Rassemblement National di estrema destra ha inflitto al suo partito una pesante sconfitta alle elezioni europee. Il voto francese di giugno ha visto il Nuovo Fronte Popolare, una coalizione di partiti di sinistra che si sono uniti per bloccare il Rassemblement National, vincere alle urne ma non riuscendo a raggiungere la maggioranza assoluta per esprimere un governo. I centristi di Macron hanno perso la maggioranza e sono arrivati secondi, mentre il Rassemblement National è arrivato terzo, generando come risultato un parlamento estremamente frazionato e sospeso.
La crisi politica è scoppiata quando il Nuovo Fronte Popolare avendo vinto le elezioni, cercò di formare un governo, tuttavia, il presidente Macron si è dimostrato restio, sostenendo che senza una maggioranza assoluta il Nuove Fronte popolare non aveva i numeri per chiedere l’incarico di formare un governo visto che, numeri alla mano, per gli altri partiti politici avrebbero potuto facilmente rovesciare il governo non ancora formatasi.
Anche se Macron non l’ha esplicitamente manifestato, un altro motivo per cui ha tentennato sul concedere al Fronte popolare di formare un governo è stato quello di “tutelare” le riforme sociali condotte dal suo partito, in particolar modo la riforma sulle pensioni, con l’innalzamento dell’età pensionabile per mantenere solvibile il sistema pensionistico francese e gli interventi di riforma del sistema economico e agricolo francese.
Dopo settimane di colloqui all’Eliseo, nei quali Macron si trovò sul punto dello stallo Istituzionale più volte, lo scorso settembre ha scelto Michel Barnier, l’ex negoziatore della Brexit per l’Unione europea, come premier incaricato di formare il governo. Barnier è riuscito a formare un governo con il sostegno dei centristi di Macron e di un piccolo gruppo di conservatori, che insieme detengono più seggi del Nuovo Fronte Popolare ma che tuttavia non riescono ad avere la maggioranza assoluta in Parlamento.
E qui interviene, con un ruolo strategico e come “ago della bilancia”, il Rassemblement National di Le Pen che, pur non essendo al governo, con le sue astensioni o con i suoi voti favorevoli ha permesso a Barnier di continuare la sua attività di governo, fornendo una “stampella” all’attuale esecutivo e legando il futuro di Barnier al suo partito, facendo cadere nella trappola il presidente Macron stesso.
Il presidente e il premier hanno “scommesso” sul Rassemblement National e sulla necessità del partito di estrema destra di dimostrarsi una forza politica affidabile e sistemica, sostenendo un governo orientato a destra disponibile a sostenere alcune delle loro idee sull’immigrazione e la sicurezza. In questo clima politico il Rassemblement National ha offerto a Barnier un tacito appoggio, riservandosi il diritto di staccare la spina se fosse caduto in conflitto con le loro politiche fondamentali quali la tutela del potere d’acquisto delle famiglie, della sicurezza e dell’immigrazione.
La legge di bilancio Barnier e il pericolo sfiducia dell’articolo 49.
Barnier ha chiarito fin dal primo giorno che la sua priorità era quella di ridurre il deficit di bilancio francese, ovvero mantenere sotto i parametri del nuovo patto di bilancio entrato in vigore da quest’anno l’importo della spesa annuale e l’importo delle entrate dello Stato. In tal senso, la Francia ha speso molto per mantenere a galla l’economia durante e dopo la pandemia, che ha fatto salire il suo deficit al 5,5% strutturale rispetto al suo PIL nell’annualità 2023, spingendo la Commissione europea a sottoporre la Francia alla “procedura per deficit eccessivo”, ovvero l’esame più attento delle politiche di spesa e di riforma economica che se ritenute non soddisfacenti possono culminare in sanzioni se gli obiettivi non vengono raggiunti. La Commissione con il nuovo patto di Stabilità richiede ai membri dell’eurozona l’impegno di limitare il loro deficit a un massimo del 3% del PIL per salvaguardare la stabilità finanziaria e rimanere “solvibili” agli occhi dei creditori.
Con il deficit previsto per il 2024 del 6,1%, Barnier e il suo esecutivo si sono subito messi al lavoro per presentare un bilancio volto a mantenere stabili le finanze francesi. A tal fine la proposta di bilancio elaborata da Barnier includeva un programma di “tagli” al bilancio per una cifra di 40 miliardi di euro e altresì 20 miliardi di euro di aumenti delle tasse per il 2025, che avrebbero dovuto contribuire a ridurre il deficit al 5% del PIL. Il piano di bilancio è stato proposto al Parlamento dove i legislatori hanno trascorso settimane a discuterlo, analizzando i due disegni di legge di cui tecnicamente si compone, ovvero un atto legislativo che delinea il bilancio contenente i programmi di riforme sociali e un altro che delinea il bilancio del governo.
Entrambi devono essere adottati entro la fine dell’anno, quindi, con l’avvicinarsi della scadenza, la questione è venuta alla ribalta. Dopo l’incontro, inconcludente, con Barnier lunedì, la Le Pen ha lanciato l’ultimatum al governo di staccare la spina se la proposta di bilancio dovesse contenere gli interventi e i tagli correttivi “allo stato attuale”.
I punti di scontro su cui il Rassemblement National ha dichiarato il bilancio “inaccettabile” riguarda la previdenza sociale e la tutela del potere d’acquisto delle famiglie, sollecitando Barnier a stralciare le proposte dell’esecutivo in legge di bilancio riguardanti in primis i costi di gestione della pubblica amministrazione e all’assistenza medica per i migranti, passando poi al non ritardo dell’adeguamento delle pensioni all’inflazione, l’eliminazione della proposta relativa agli sgravi fiscali per le società finanziarie ed infine eliminare la proposta di aggravamento della tassa sull’elettricità.
La partita sul governo ora è nelle mani del Premier che per eludere il pericolo Le Pen potrebbe ricorrere all’articolo 49, comma 3 della Costituzione francese che recita così, “Il Primo ministro può, dietro deliberazione del Consiglio dei ministri, impegnare la responsabilità del Governo dinanzi all’Assemblea nazionale sul voto di un progetto di legge finanziaria o di finanziamento della previdenza sociale. In tal caso, detto progetto è considerato adottato, salvo il caso in cui una mozione di sfiducia, presentata nel termine di ventiquattro ore, venga votata alle condizioni previste dal comma precedente. Il Primo ministro può, inoltre, ricorrere a tale procedura per un altro disegno o per una proposta di legge a sessione”
Pertanto, Barnier potrebbe far passare la sua legge di bilancio anche senza l’approvazione dell’Assemblea nazionale, tuttavia, potrebbe finire vittima di una mozione di sfiducia che potrebbe essergli fatale coni membri del Nuovo Fronte Popolare, ancora furiosi per la decisione di Macron di respingere le loro possibilità di governare, e il Rassemblement National di Le Pen che voterebbero la sfiducia insieme.
La Tentazione di staccare la spina la spina all’Esecutivo e alla Presidenza Macron
E ora cosa farà Le Pen? Questa è la grande domanda sulla quale in Francia si cerca di dare una risposta e di prevederne gli effetti.
Se la leader del Rassemblement National sostenesse la mozione di sfiducia questa avrebbe abbastanza voti per passare e il governo di Barnier non esisterebbe più, tuttavia, la decisione di staccare la spina comporterebbe alcuni rischi per lei. Da quando ha preso le redini del partito da suo padre più di un decennio fa, Le Pen ha lavorato assiduamente per ripulire l’immagine del partito e ritrarre il Rassemblement National come una forza responsabile pronta a prendere le redini del governo; oltretutto senza elezioni in vista, non è chiaro esattamente come Le Pen possa capitalizzare politicamente la mossa, Macron non può indire nuove elezioni fino all’estate, poiché la legge francese consente al presidente di sciogliere il parlamento solo una volta ogni 12 mesi.
E allora cosa potrebbe spingere Le Pen a staccare la spina? Ad oggi la grande tentazione di Le Pen potrebbe essere colpire direttamente il governo Barnier per colpire indirettamente la presidenza Macron e per mettere pressioni sul Presidente che, essendo stato l’artefice dell’esecutivo Barnier, subirebbe un contraccolpo che potrebbe indurlo anche a riflessioni di dimissioni aprendo la corsa alle Presidenziali. L’attuale situazione di instabilità politica attuale preoccupa non poco anche Bruxelles e l’Eurozona stessa sia per le implicazioni, per l’appunto politiche, che per le implicazioni economiche provenienti dall’instabilità francese.
La Commissione europea teme che senza un’azione drastica sul bilancio e sui conti di Parigi come ha proposto Barnier, il debito e il deficit della Francia potrebbero continuare a crescere nei prossimi anni, in palese violazione delle regole della Commissione. Gli effetti della crisi politico-economica francese già si stanno mostrando sui mercati finanziari con il tasso di interesse sui titoli di Stato decennali di riferimento della Francia salito al di sopra dei titoli di stato greci, mentre lo Spreadrispetto ai titoli di Stato tedeschi ha registrato una fluttuazione, all’apertura del mercato di giovedì, più alta che in qualsiasi momento dalla crisi del debito sovrano dell’eurozona nel 2012, a 0,87 punti percentuali.
Non solo la questione economica, ma senza dubbi i risvolti politici della crisi francese avrebbero gli effetti più destabilizzanti sull’Unione e sulle sue Istituzioni politiche con la crisi della Presidenza Macron e la possibile ascesa di Le Pen come nuovo Presidente francese il percorso di riforma dell’Unione e il rilancio del processo di integrazione europea, con in primis la costituzione di una difesa comune europea, morirebbero prima ancora di nascere in seno a Bruxelles.
Vedremo quindi lunedì cosa accadrà e se Barnier riuscirà a prendersi il parterre de Roi ponendo scacco matto a Le Pen e al Rassemblement National, schivando la trappola sfiducia e salvando il suo esecutivo nonché al tempo stesso il “Re” Macron che dall’esito di questa partita potrebbe vedere segnato il suo futuro prossimo.